Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28056 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 14/10/2021), n.28056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10784-2018 proposto da:

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati LUCIA MARIA ROSARIA MORLINI, MARIA STELLA

MANFREDI;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2869/27/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il

02/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

RAGONESI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Foggia, con sentenza n. 1153/15, sez. 4, rigettava il ricorso proposto da R.L. avverso la comunicazione iscrizione ipotecaria n. (OMISSIS) per iva 2001 e 2003.

Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Puglia – sez. dist. Foggia – che, con sentenza 2869/2017, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di tre motivi.

Il contribuente non ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che nel caso di specie sussistessero le condizioni escludenti la possibilità di iscrivere ipoteca sul fondo patrimoniale in quanto il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia e l’Amministrazione era a conoscenza di tale circostanza.

Con il secondo motivo contesta che la circostanza che un debito di lavoro costituisse di per sé presunzione idonea a far ritenere lo stesso estraneo ai bisogni della famiglia.

Con il terzo motivo contesta l’opponibilità della costituzione del fondo patrimoniale nonostante non fosse stato provato che l’annotazione dello stesso nel registro civile era stata effettuata in data antecedente all’iscrizione ipotecaria.

Va premesso che il ricorso risulta tempestivamente proposto

La sentenza di secondo grado è stata depositata il 2.10.17 mentre il ricorso è stato inviato per la notifica il 3.4.18.

Nel caso di specie, il termine veniva a scadenza il 2.4.18 che era il lunedì dell’Angelo successivo al giorno di Pasqua e, quindi, ne consegue che la notifica avvenuta il successivo 3 aprile è tempestiva.

Venendo al merito del ricorso, i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi risultano fondati.

E’ principio ripetutamente affermato da questa Corte che i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.” (Cass. n. 20998 del 2018 cfr. Cass. n. 4011 del 2013; Cass. n. 5385 del 2013).

Questa Corte ha peraltro altresì chiarito che l’iscrizione ipotecaria di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosca l’estraneità ai bisogni della famiglia, circostanze che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa (vedi Cass. 563/19; Cass. Sez. 6-5, n. 23876 del 2015).

E’ stato, inoltre, a più riprese ribadito che grava sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale l’onere di provare l’estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore (Cass. n. 16563 del 2019, Cass. Sez. 5, n. 22761 del 2016).

La sentenza impugnata non si è attenuta ai predetti principi.

La stessa ha motivato la propria decisione nei termini che seguono: “giova osservare che tanto l’Agenzia delle Entrate (quale ente impositore) quanto il Concessionario (quale incaricato per la riscossione) erano perfettamente a conoscenza che il carico tributario in capo all’appellante era riferito, prevalentemente, se non esclusivamente, ad irpef ed iva e, quindi, che le obbligazioni tributarie erano strettamente inerenti all’attività imprenditoriale svolta dal contribuente e, come tali, contratte per scopi estranei ai bisogni della famiglia, in ossequio a quanto disposto dal citato art. 170 c.c.; tanto per espressa ammissione della stessa appellata Equitalia.”.

La citata motivazione non appare conforme ai principi stabiliti da questa Corte. In particolare, la stessa dà per acquisito il fatto che, per essere state le obbligazioni tributarie contratte nell’ambito dell’attività imprenditoriale svolta dal ricorrente, le stesse erano state necessariamente contratte per scopi estranei ai bisogni familiari.

Era invece onere del contribuente fornire elementi di prova circa la circostanza che le obbligazioni in questione erano estranee alle esigenze familiari proprio perché sussiste la presunzione che l’attività lavorativa in genere, inclusa quella imprenditoriale, è svolta comunque per assolvere esigenze di carattere familiare a meno che non venga fornita prova in senso contrario; circostanza di cui la sentenza non dà in alcun modo atto.

Sotto, poi, l’ulteriore profilo della conoscenza della estraneità delle obbligazioni alle esigenze familiari da parte dell’amministrazione si rinviene nella sentenza la lapidaria affermazione che ciò risultava “per espressa ammissione della stessa appellata Equitalia”.

In realtà di tale ammissione la sentenza non riferisce in alcun modo sul dove e come sia avvenuta e, anzi, tale affermazione contrasta con quanto riportato nella narrativa della sentenza ove viene dato atto che “Equitalia ribadisce che, sia in primo che in secondo grado, l’appellato non ha fornito idonea prova che dall’attività economica svolta, generatrice del carico tributario, non abbia tratto vantaggi il nucleo familiare, né che tale circostanza fosse a conoscenza dell’Agente della riscossione ovvero dello stesso oppositore…”.

Parimenti nella parte motiva della sentenza si afferma che “Il Collegio ritiene non sostenibili le affermazioni dell’appellata, fatte proprie dal giudice provinciale, che il mancato pagamento da parte dell’appellante delle imposte derivanti dalla sua attività imprenditoriale sia ex sé finalizzato ai bisogni della famiglia e che l’appellante non ha fornito alcuna prova sulla estraneità del carico tributario alle esigenze della propria famiglia nonché sulla mancata conoscenza dell’Agente per la riscossione e dell’Agenzia delle entrate di tale circostanza…”.

L’affermazione in esame di ammissione da parte di Equitalia della conoscenza che il credito tributario era stato generato da attività lavorativa estranea alle esigenze familiari risulta pertanto del tutto apodittica, priva di ogni riscontro, ed anzi in contrasto con quanto per due volte attestato in sentenza.

I due motivi vanno in conclusione accolti.

Risulta assorbito il terzo motivo.

Il ricorso va quindi accolto nei termini di cui sopra con conseguente cassazione della sentenza impugnata e sussistendo le condizioni per la pronuncia nel merito si rigetta il ricorso introduttivo del giudizio. In ragione della natura della controversia si compensano le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo del giudizio; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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