Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28054 del 16/12/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 28054 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMATUCCI ALFONSO
SENTENZA
sul ricorso 7062-2007 proposto da:
DI FINO ROCCO DFNRCC79P2OL425T, DI FINO VINCENZO
DFNVCN72B07B737P, FASCHINI MADDALENA FSCMDL38B49A662C,
DI FINO ANGELA DFNNGL69E53L425V, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA ERASMO GATTAMELATA 128,
presso lo studio dell’avvocato C. SCALFARI,
i2013
2046
rappresentati e difesi dall’avvocato PERRELLI FRANCO
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro
GOFFREDO
MARIA
INCORONATA
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GFFMNC65P62A669N,
Data pubblicazione: 16/12/2013
domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dagli avvocati MILILLO NICOLA, FIORDALISI DANTE giusta
delega in atti;
– controricorrente
–
depositata il 17/11/2006, R.G.N. 191/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. ALFONSO
AMATUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
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avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BARI,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Il 2.2.2005 fu emesso a favore dell’avv. Maria Incoronata
. Goffredo il decreto n. 178/2005, col quale veniva ingiunto a
Rocco, Vincenzo ed Angela Di Fino ed a Maddalena Faschini il
pagamento di E 5.366,26 per competenze professionali.
resistette l’avv. Goffredo.
Disposto il mutamento del rito per gli effetti di cui agli
artt. 28 e 29 della legge n. 794 del 1942, l’opposizione fu
rigettata dal Tribunale di Bari con ordinanza dell’11.5.2006,
avverso la quale i soccombenti proposero reclamo.
2.- La Corte d’appello di Bari lo ha dichiarato inammissibile
con ordinanza n. 191/06 del 17.10.2006 sul rilievo che, “ai
sensi dell’art. 30 della stessa legge invocata dai reclamanti,
l’ordinanza
resa
sull’opposizione
al
decreto
ingiuntivo
pronunciato per la liquidazione degli onorari e competenze di
avvocato è inoppugnabile”
3.-
Avverso l’ordinanza ricorrono per cassazione i Di
Fino/Faschini, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso l’avv. Goffredo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
–
E’ denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 30
della legge 13 giugno 1942, n. 794, assumendosi che la
disposizione si applica esclusivamente per la quantificazione
dei compensi professionali dovuti all’avvocato per attività
svolte nell’ambito di un giudizio, e non anche per prestazioni
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I destinatari dell’ingiunzione proposero opposizione cui
stragiudiziali, come nel caso di specie. E, col quesito di
diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., si chiede
che sia enunciato il conforme principio.
Nell’illustrazione del motivo è richiamata Cass. n. 3391/1981,
secondo la quale il processo ordinario è il solo consentito per
dell’avvocato, con la conseguenza che la decisione resa ai sensi
dell’art. 29 della legge n. 794 del 1942 va cassata senza
rinvio.
2.- Osserva la controricorrente che è bensì vero che il primo
giudice ha erroneamente applicato lo speciale rito camerale (di
cui all’art. 30 della l. n. 794/1942) alla liquidazione di
compensi dovuti per attività stragiudiziali, ma che in tal caso
la decisione ha carattere di sentenza, da impugnarsi dunque col
mezzo dell’appello e non del reclamo invece proposto dai
ricorrenti, che correttamente era stato dichiarato inammissibile
dalla Corte d’appello. Concludendo dunque per l’inammissibilità
del ricorso.
3.- E’ consolidato il principio secondo il quale la procedura
camerale prevista dagli artt. 29 e 30 legge 13 giugno 1942 n.
794 per la liquidazione degli onorari e diritti di avvocato e
procuratore è dettata solo per le prestazioni giudiziali civili,
salvo essere ammessa anche per le prestazioni stragiudiziali,
allorché esse siano in funzione strumentale o complementare
all’attività propriamente processuale. Ne consegue che, qualora
le competenze reclamate dal patrono riguardino prestazioni
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il pagamento delle prestazioni stragiudiziali civili
stragiudiziali affatto indipendenti dall’attività propriamente
processuale7 si è di fuori dall’ambito della richiamata procedura
,
. speciale, sicché la decisione emessa dal Tribunale in esito
all’opposizione proposta dal cliente avverso il decreto
ingiuntivo contro di lui ottenuto dal patrono, comunque
impugnabile con l’appello (ex
plurimis,
Cass. nn. 7259/2002,
5700/2001, 3709/1995).
Per converso, avverso l’ordinanza che abbia definito il
procedimento camerale di cui alla legge n. 794 del 1941 è
ammesso il ricorso straordinario per cassazione
ex
art. 111
Cost., giusta il principio stabilito dalla storica decisione
delle Sezioni unite 30 luglio 1953, n. 2593, cui s’è adeguata la
giurisprudenza successiva (cfr., ex multis,
Cass. nn. 5700/2001,
3772/1996, 10823/1994).
3.1.
–
Da tanto deriva che i clienti dell’avvocato (attuali
ricorrenti) avrebbero potuto proporre appello avverso
l’ordinanza avente natura sentenza, in quanto relativa a
compensi pacificamente relativi ad attività stragiudiziale
dell’avvocato; e che contro tale “sentenza” sarebbe stato
possibile proporre ricorso per cassazione.
Ma gli attuali ricorrenti hanno, invece, proposto un reclamo che è il mezzo di impugnazione ordinario avverso i provvedimenti
emessi al termine dei procedimenti in camera di consiglio, ai
sensi degli artt. 739 e 742
bis
c.p.c. dichiarato
inammissibile dalla Corte d’appello in ragione ella specifica
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denominata, ha natura sostanziale di sentenza di primo grado
previsione di cui all’art. 30 della legge n. 794 del 1992, che
dichiara non impugnabile l’ordinanza che chiude il procedimento
di opposizione al decreto ingiuntivo per la liquidazione di
compensi non stragiudiziali.
E ricorrono per cassazione non già avverso l’ordinanza che ha
avrebbero certamente potuto
ex
art. 111 Cost., ma avverso
l’ordinanza della Corte d’appello che ha dichiarato
inammissibile il reclamo da loro stessi proposto, senza in alcun
modo affrontare il problema dell’ammissibilità di tale ricorso
(benché l’orientamento inaugurato da Cass. n. 4839/1991, che
disse ammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
di inammissibilità del reclamo in quanto in definitiva negatoria
del diritto processuale di azione, non trovi conferma nei
principi enunciati da Cass., Sez. un., n. 11026/2003) ma,
soprattutto, senza neppure dire perché la Corte d’appello
avrebbe errato nel dichiarare inammissibile il loro “reclamo”.
Chiedono invece che si affermi che la procedura di cui all’art.
30 della legge n. 794 del 1992 non è applicabile alla
“quantificazione degli onorari per prestazioni stragiudiziali
civili” (che siano indipendenti da prestazioni processuali). Il
che è assolutamente pacifico, addirittura incontroverso tra le
parti, ma non spiega quale sia la censura mossa alla decisione
della Corte d’appello, che non lo ha affatto negato, ma s’è
limitata a dichiarare inammissibile il reclamo, del cui
contenuto, peraltro, i ricorrenti non informano la Corte di
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definito il procedimento camerale innanzi al Tribunale, come
cassazione, addirittura all’oscuro delle ragioni per le quali il
Tribunale aveva rigettato l’opposizione all’ingiunzione (con
l’ordinanza impugnata, infatti, la Corte d’appello ha affermato
che non occorreva dare ragguagli sul punto, data
l’inammissibilità del reclamo; ed i ricorrenti a loro volta non
4.- Ne consegue che il ricorso è inammissibile per l’assorbente
ragione che non soddisfa i requisiti di cui all’art. 366, nn. 3
e 4, c.p.c.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle
spese, che liquida in C 1.700, di cui 1.500 per compensi, oltre
agli accessori di legge.
Roma, 7 novembre 2013
L’es ensor
Ti presidente
ne offrono).