Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28052 del 14/10/2021
Cassazione civile sez. III, 14/10/2021, (ud. 20/05/2021, dep. 14/10/2021), n.28052
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6365/2019 proposto da:
R.L., D.P.C., R.T.S.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELL’UMANESIMO, 308, presso
lo studio dell’avvocato PIERPAOLO SALINETTI, rappresentati e difesi
dall’avvocato GIUSEPPE DI CARO;
– ricorrenti –
contro
P.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO
91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO COZZI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3430/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 16/07/2018:
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
20/5/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16/7/2018 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dai sigg. R.G. ed altri – quali eredi della defunta sig. R.A. – in relazione alla pronunzia Trib. Milano n. 10399 del 2016, di rigetto della domanda originariamente proposta nei confronti della sig. P.P. di restituzione di somma all’esito di “rendiconto di una serie di prelievi da quest’ultima effettuati sul conto corrente della defunta, tra (OMISSIS), per un totale di Euro 39.443,00”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. D.P.C. – quale erede della defunta R.G. – ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.
Resiste con controricorso la P..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1, il 2 e il 3 motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, al prelievo di “rilevante somma di denaro… dal conto corrente intestato a R.A. nell’arco di 9 mesi precedenti la morte della predetta”, alla “delega bancaria”, alla richiesta di “rendiconto, supportato dai documenti giustificativi dell’operato della mandataria”, all’atto di citazione introduttivo del giudizio di 1 grado, ai “documenti (doc. 1/2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13) allegati nell’apposito fascicoletto ai n. 4/5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16″, a parte dell'”atto di appello”, all'”all. n. 17 nel fascicoletto”, alle “contabili Banca Popolare di Novara doc. 6 parte attrice (all. 18 nel fascicoletto)”, ai “documenti prodotti dalla P.”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
L’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono pertanto dagli odierni ricorrenti non idoneamente censurati.
E’ al riguardo appena il caso di osservare come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che i requisiti di formazione del ricorso vanno sempre ed indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.
Essi rilevano infatti ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).
Va per altro verso posto in rilievo come al di là della formale intestazione dei motivi i ricorrenti deducano in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie vizi di motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Senza d’altro canto sottacersi, da un canto, che non risulta invero (quantomeno idoneamente) censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “la ragione della deformalizzazione di quanto posto in essere dall’appellata risiede… in quello che, correttamente e logicamente, il giudice di primo grado ha ritenuto essere il rapporto tra le sigg.re R. e P., cioè di estrema confidenza e familiarità, tanto da giustificare addirittura che di taluni pagamenti di minor importo non si tenesse conto”; per altro verso, come laddove lamentano che l’impugnata sentenza “accerta un fatto che non sussiste e cioè la completa produzione dei documenti necessari a giustificare l’operato della convenuta e sulla base di questo insussistente fatto emette la decisione” gli odierni ricorrenti in realtà inammissibilmente prospettino un vizio revocatorio ex art. 395 c.p.c..
Emerge evidente, a tale stregua, come gli odierni ricorrenti in realtà inammissibilmente prospettino invero una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno della controricorrente, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno della controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021