Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28049 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. II, 21/12/2011, (ud. 28/11/2011, dep. 21/12/2011), n.28049

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

STAGNOLI T.G. s.r.l. (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di

procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti Gorlani

Innocenzo e Claudio Chiola ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del secondo, in Roma, via della Camilluccia, n. 785;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI BRESCIA, in persona del Prefetto

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato e domiciliato in Roma presso i suoi Uffici, alla via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza del Tribunale di Brescia, in composizione

monocratica, n. 1385/2005, depositata il 25 luglio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito l’Avv. Claudio Chiola per la ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

primo motivo del ricorso e per l’accoglimento degli altri due motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso formulato ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 depositato il 22 agosto 2001, la signora S.L.G. e la Stagnoli T.G. s.r.l. proponevano opposizione, dinanzi al Tribunale di Brescia, avverso l’ordinanza emessa dalla Prefettura di Brescia in data 11 luglio 2001 (notificata alle stesse il 31 luglio 2001), con la quale veniva loro ingiunto, in via solidale, il pagamento della sanzione amministrativa di L. 36.012.500, in ordine alla violazione del D.L. n. 41 del 1995, art. 34, comma 5, convertito nella L. n. 85 del 1995, per l’erronea compilazione dei modelli “Intrastat” riepilogativi delle operazioni intracomunitarie, secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza-Brigata di Desenzano nel verbale del (OMISSIS). Nella costituzione dell’opposto Prefetto, il suddetto Tribunale, con sentenza n. 1385 del 2005 (depositata il 25 luglio 2005), accoglieva integralmente l’opposizione così come formulata da S.L.G. e, per l’effetto, annullava l’impugnata ordinanza-ingiunzione nei suoi riguardi, mentre accoglieva parzialmente quella proposta nell’interesse della Stagnoli T.G. s.r.l. riducendo soltanto la sanzione inflitta ad Euro 9296,22, oltre spese; inoltre, compensava per intero le spese giudiziali. A sostegno dell’adottata decisione il Tribunale bresciano rilevava, innanzitutto, la fondatezza dell’opposizione così come avanzata dalla S.L. G. in proprio poichè ella, al momento dell’accertamento, non rivestiva l’incarico di legale rappresentante della società Stagnoli T.G. s.r.l.; quanto all’opposizione proposta da quest’ultima società, ne ravvisava l’infondatezza con riferimento al merito della violazione oggetto dell’ingiunzione, pur pervenendo alla riduzione della sanzione della precisata misura sulla scorta dell’accertata ottemperanza alle rettifiche necessarie dei modelli Intrastat ancorchè avvenuta oltre il termine di legge.

Nei confronti della predetta sentenza del Tribunale lombardo ha proposto ricorso per cassazione la Stagnoli T.G. s.r.l. basato su tre motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato Ufficio Territoriale del Governo di Brescia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 6 nonchè il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine alla mancata rilevazione della nullità dell’ordinanza-ingiunzione per erronea individuazione del destinatario con riferimento alla persona giuridica coobbligata solidale.

1.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

Pur avendo il Tribunale di Brescia, con la sentenza impugnata, annullato correttamente l’ordinanza-ingiunzione nei soli confronti della sig.ra S.L., individuata erroneamente come legale rappresentante della Stagnoli T.G. s.r.l. al momento dell’accertamento, ha, altrettanto esattamente, rilevato che tale vizio non poteva inficiare la legittimità dell’ordinanza-ingiunzione come notificata alla suddetta società quale coobbligata in solido per la violazione accertata.

Infatti, sul presupposto che il disposto generale della L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3, distingue tra la responsabilità principale propria del legale rappresentante di una persona giuridica e quella sussidiaria e comunque solidale di quest’ultima, deve ritenersi che la responsabilità per l’indicato titolo di quest’ultima non presuppone necessariamente l’identificazione dell’autore della violazione al quale la sanzione stessa deve essere rivolta. Pertanto, anche nel caso di omessa od erronea individuazione del legale rappresentante quale autore della violazione, la responsabilità della persona giuridica, in virtù del predetto titolo, non viene meno, non costituendo l’identificazione del trasgressore in via principale requisito di legittimità dell’ordinanza-ingiunzione ritualmente emessa (sulla scorta della validità del pregresso procedimento di contestazione) anche nei confronti dell’obbligato solidale (cfr. Cass., S.U., n. 890 del 1994; Cass. n. 1114 del 1997;

Cass. n. 18389 del 2003; Cass. n. 9880 del 2006), nei cui riguardi permane l’obbligo di rispondere a tale titolo, non rilevando la circostanza che il difetto della suddetta identificazione (o la sua erroneità) possa pregiudicare la possibilità del coobbligato di agire in regresso nei confronti dell’autore principale, trattandosi di azione del tutto autonoma rispetto alla responsabilità per la sanzione amministrativa e, a sua volta, inidonea a condizionare il vincolo di solidarietà.

2. Con il secondo motivo la stessa società ricorrente ha prospettato il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria della sentenza impugnata con riferimento al rigetto della doglianza relativa alla insussistenza dei presupposti di fatto per l’irrogazione della sanzione e alla non lesività della condotta imputata alla medesima società.

3. Con il terzo motivo la società ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 322 del 1989, artt. 11 e 7, del D.L. n. 41 del 1995, art. 34, comma 5, e della L. n. 689 del 1981, art. 3 in relazione all’avvenuta rettifica delle irregolarità e alla buona fede di essa ricorrente, con conseguente applicabilità dei citati D.Lgs. n. 322 del 1989, artt. 11 e 7 che condiziona l’irrogazione della sanzione alla presenza di dolo o colpa grave.

3.1. Questi due ultimi motivi – che possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi – sono fondati e meritano, perciò, accoglimento. La società ricorrente aveva richiesto l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione in sede di merito anche per l’assunta insussistenza dei presupposti di fatto di diritto che avrebbero potuto legittimare l’irrogazione della sanzione relativa alle violazioni così come contestate, nonchè per difetto dell’elemento soggettivo che avrebbe dovuto necessariamente accompagnare la condotta materiale dell’infrazione addebitatale.

Orbene, con riferimento al primo profilo, il tribunale bresciano, nel qualificare la violazione dedotta in controversia – e ricondotta al disposto del D.Lgs. n. 322 del 1989, art. 11 – come un illecito di semplice pericolo, ha travisato il significato del suddetto precetto normativo, con il quale, in effetti, si intendono colpire coloro che abbiano omesso di fornire, ovvero abbiano fornito “scientemente” in modo errato od incompleto, i dati relativi agli adempimenti statistici connessi agli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie, e, quindi, violato la legge mediante l’adozione di condotte (riferibili alla concreta tipologia indicata nella sentenza impugnata e nello stesso ricorso, funzionali al soddisfacimento di mere esigenze di carattere statistico) che non realizzano propriamente delle fattispecie di pericolo. Peraltro, il vizio motivazionale dedotto e i vizi inerenti le indicate violazioni di legge prospettate si apprezzano ancor più come maggiormente fondati con riguardo al necessario requisito soggettivo imposto dalla suddetta norma speciale inerente la violazione contestata, oltretutto specificamente consistita, nel caso in questione, nella ritenuta erronea compilazione dei modelli “Intrastat” riepilogativi delle suddette operazioni.

L’utilizzazione dell’avverbio “scientemente” nella indicata norma sanzionatoria, infatti, è sintomatico della volontà del legislatore di assoggettare a sanzione soltanto le omissioni consapevoli nella trasmissione dei dati richiesti, o la loro alterazione volontaria da parte del soggetto tenuto a fornirli, senza, però, conferire rilevanza per la configurazione dell’illecito alla condotta di trasmissione dei dati forniti erroneamente in buona fede oppure caratterizzata da un atteggiamento psichico riconducibile alla mera colpa, come, invece, riconosciuto nella sentenza impugnata. Il suddetto avverbio deve, cioè, considerarsi piuttosto come sinonimo di “volontarietà dell’azione” realizzata dal soggetto responsabile, a cui, quindi, si possano imputare violazioni della normativa sulla raccolta dei dati statistici soltanto se possa ritenersi accertato il dolo o la consapevole erroneità nella trasmissione dei dati riportati e non anche quando, alla stregua della tipologia delle accertate contestazioni, possa essere rilevata la buona fede dell’agente ossia una colpa lieve nella commissione della condotta. E che nella condotta della società ricorrente possa escludersi la volontarietà della condotta relativa all’erronea trasmissione del dati statistici (nei sensi appena indicati) è desumibile dal comportamento della medesima società attuato con riferimento all’adempimento della trasmissione successiva dei dati appositamente regolarizzati al competente ufficio richiedente della Circoscrizione doganale di Brescia secondo la previsione del D.L. n. 41 del 1995, art. 34, comma 1, conv., con modif., nella L. n. 85 del 1995, tenendosi conto che il successivo comma 3 della medesima disposizione sancisce l’inapplicabilità della pena pecuniaria se i dati inesatti o mancanti, “purchè integrati o corretti a norma del comma 1” (in cui si fa menzione, appunto, al diritto del contribuente di presentare i dati necessari a rimuovere le omissioni, irregolarità o inesattezze riscontrate entro un termine “comunque non inferiore a trenta giorni”), risultino privi di rilevanza o comunque siano da ritenere non imputabili al contribuente (sottolineandosi, altresì, come l’inapplicabilità della sanzione consegua anche nel caso in cui il contribuente provveda “spontaneamente”, entro i successivi 30 giorni dalla data di presentazione degli elenchi, alla rettifica degli elenchi medesimi, ipotesi, questa, però, che non sembra ricorrere nel caso di specie e alla quale, invece, ha posto riferimento il Tribunale di Brescia, rilevando la tardività della rettifica, pur apparendo, dal contenuto della motivazione della stessa sentenza, che la regolarizzazione era intervenuta su richiesta dell’ufficio competente, a cui, quindi, si sarebbe dovuta applicare il termine previsto dal comma 1 del richiamato art. 34).

4. In definitiva, previo rigetto del primo motivo, occorre pervenire all’accoglimento del secondo e terzo motivo, con conseguente cassazione, per quanto di ragione, della sentenza impugnata ed il rinvio della causa allo stesso Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante, che si atterrà ai principi precedentemente enunciati (con riferimento alle doglianze accolte) e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso ed accoglie il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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