Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28046 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/12/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 09/12/2020), n.28046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovan – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22680-2012 proposto da:

B.V., ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANISTICA FORMA MENTIS,

nella persona del legale rappresentante B.V.,

elettivamente domiciliati in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 269,

presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che li rappresenta

e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE MONZA E BRIANZA, AGENZIA

DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente successivo –

contro

ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANISTICA FORMA MENTIS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 138/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 14/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– sulla scorta di verifica fiscale della Guardia di Finanza nei confronti dell’associazione sportiva dilettantistica Forma Mentis per gli anni 2001-2002-2003 (in relazione ai quali era stata omessa la presentazione delle dichiarazioni IVA), l’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento con cui recuperava a tassazione tutte le operazioni effettuate dall’associazione nei predetti anni di imposta, ritenendo simulato l’espletamento di un’attività di tipo associativo (con correlata non imponibilità ai fini IVA dei proventi) rispetto all’effettivo esercizio di un’attività commerciale di gestione di palestre;

– La C.T.P. di Milano accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando la natura commerciale dell’attività svolta dall’associazione e la conseguente omessa annotazione e dichiarazione di operazioni imponibili, ma rideterminando la maggiore IVA dovuta per effetto del riconoscimento della detraibilità dell’imposta per operazioni passive relative a fatture emesse dalla B&T S.r.l. e dello scorporo dai corrispettivi percepiti dell’importo corrispondente all’IVA;

– la C.T.R. della Lombardia, con la sentenza n. 138/06/11 del 14/7/2011, respingeva gli appelli dell’Agenzia delle Entrate e dell’a.s.d. Forma Mentis;

– avverso tale decisione l’associazione sportiva dilettantistica Forma Mentis e il coobbligato B.V. proponevano ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

– con ricorso successivo, basato su due motivi, anche l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la medesima sentenza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 Preliminarmente, si deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso di B.V., non essendo stato evocato in questo giudizio, al quale non ha partecipato nemmeno nei gradi precedenti.

2. Col primo motivo la Forma Mentis deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 4, reputato dalla C.T.R. inapplicabile alla fattispecie, e vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato “dalla necessaria valutazione dell’attività in concreto svolta” dall’associazione.

3. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

La violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 4, è insussistente, atteso che la C.T.R. ha ritenuto non applicabile al caso di specie la suddetta disposizione – che prevede l’esclusione dalla base imponibile dei corrispettivi specifici percepiti da enti di tipo associativo a fronte di prestazioni rese ai soci in conformità alle finalità istituzionali degli enti medesimi – sul rilievo che, in base al materiale probatorio acquisito ed esaminato, non ricorressero tali presupposti, dato che la contribuente svolgeva attività commerciale e non di tipo associativo.

Quanto al dedotto vizio di omessa motivazione su fatto decisivo e controverso (costituito dalla conformità dell’attività in concreto svolta dall’associazione alle finalità istituzionali), non sussiste l’anomalia motivazionale denunciata perchè il giudice di appello ha ampiamente illustrato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere che l’associazione esercitasse in realtà attività commerciale, elencando le circostanze atte a far presumere che, in concreto, erano state eluse dalla contribuente le finalità proprie dell’associazione e perseguite quelle tipiche delle società commerciali.

4. Col secondo motivo l’associazione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 2730 e 2735 c.c., nonchè nullità del procedimento (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere la C.T.R. ritenuto che l’associazione sportiva dilettantistica perseguisse scopi di natura prettamente commerciale sulla scorta di un documento informatico erroneamente valutato e inesattamente qualificato come “confessione stragiudiziale”.

5. Il motivo è inammissibile.

Infatti, la ricorrente censura la qualificazione del documento informatico come confessione stragiudiziale fornendo una diversa lettura dello stesso.

In realtà, oltre al documento predetto (e al di là della correttezza della sua qualificazione) la C.T.R. ha elencato numerosi elementi probatori – risultanti dalla verifica e dall’accertamento, non contestati e puntualmente indicati – per dare supporto all’affermazione per cui la Forma Mentis non aveva le caratteristiche di associazione sportiva dilettantistica.

La censura si manifesta inammissibile, sia perchè pretende da questa Corte di legittimità una diversa valutazione del materiale probatorio, sia perchè considera atomisticamente uno degli elementi probatori (come se fosse l’unico sul quale si fonda la sentenza) pur avendo il giudice di merito esaminato le prove nel loro complesso.

6. Col terzo motivo la Forma Mentis deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dell’art. 112 c.p.c., nonchè nullità della sentenza (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per minuspetizione, perchè la C.T.R. non avrebbe pronunciato sul motivo di impugnazione proposto nel giudizio di appello con riferimento all’illegittimità dell’accertamento in quanto atto contraddittorio rispetto all’accertamento condotto nei confronti della B. & T. S.r.l., soggetto considerato effettivo possessore del reddito.

7. Col quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dell’art. 112 c.p.c., nonchè la nullità del procedimento (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per minuspetizione, stante la dedotta mancanza di motivazione, in fatto e in diritto, riguardo alle ragioni della reiezione del motivo di impugnazione proposto nel giudizio di appello e indicato col terzo motivo.

8. I predetti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto volti a censurare la medesima questione di violazione di norme procedurali per omessa pronuncia (sul motivo di illegittimità dell’accertamento asseritamente contraddittorio rispetto a quello condotto nei confronti della B. & T. s.r.l., considerata quale soggetto effettivo possessore del reddito) sono inammissibili per difetto di specificità ed autosufficienza, non avendo la ricorrente avuto cura di riportare nel ricorso, nei suoi esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, il contenuto della domanda pretermessa, onde consentire a questa Corte di verificare che al giudice del merito sia stata effettivamente rivolta una domanda autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata in primo grado e riproposta in grado di appello, per la quale quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile.

9. Venendo al ricorso successivo, l’Agenzia delle Entrate, col primo motivo, deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13 e 22, in quanto la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere che l’imponibile accertato, corrispondente alla somma degli abbonamenti versati per l’utilizzo della palestra gestita dall’associazione, fosse comprensivo di IVA, essendo del tutto irrilevante il riferimento dei giudici d’appello al citato D.P.R., art. 22, che, per le imprese esercitate in locali aperti al pubblico, esclude l’emissione della fattura, ma non degli scontrini fiscali e impone comunque la registrazione dei proventi nei registri contabili obbligatori.

10. Il motivo è fondato.

I giudici di merito hanno scorporato l’imposta inclusa nei corrispettivi in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 22, comma 1, n. 4, il quale esclude l’obbligo di emissione di fattura “per le prestazioni di servizio rese nell’esercizio di imprese in locali aperti al pubblico”, ritenendo che le quote versate dagli associati fossero comprensiva dell’IVA.

La citata disposizione non è però rilevante nella fattispecie, poichè la contribuente, agendo formalmente (ma simulatamente) come associazione sportiva dilettantistica, godeva (indebitamente) della non imponibilità ai fini IVA dei proventi, prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 4, sicchè necessariamente le quote versate dai clienti della palestra venivano riscosse al netto di qualsiasi tipo di imposta, senza che assuma rilievo il fatto che le prestazioni di servizio fossero rese nell’esercizio di impresa in un locale aperto al pubblico.

11. Col secondo motivo, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del combinato disposto del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 55, in quanto la sentenza impugnata ha ammesso in detrazione le fatture passive emesse dalla fornitrice B. & T. S.r.l. anche se non registrate contabilmente e in difetto di liquidazioni periodiche e di dichiarazioni annuali.

12. Anche questo motivo è fondato.

Come già statuito da questa Corte in fattispecie quasi identica (Cass. 6934/2017, tra le stesse parti), si deve escludere il diritto alla detrazione dell’IVA al soggetto passivo che abbia disatteso i requisiti formali previsti dalla normativa nazionale, in particolare dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1 (“Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”), perchè le modalità procedurali ed i termini previsti dalla disciplina nazionale per l’assolvimento degli obblighi dichiarativi non sono meno favorevoli di quelli spettanti ai singoli in forza del diritto UE e non rendono praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.

Nel caso in esame, poi, la contribuente, simulando l’espletamento di un’attività di tipo associativo, e quindi godendo della non imponibilità ai fini IVA dei proventi conseguiti, ma di fatto svolgendo un’attività commerciale di gestione di palestre, ha intenzionalmente eluso la normativa fiscale, omettendo di tenere la dovuta contabilità, quindi di registrare le fatture emesse e pagate, nonchè di presentare le relative dichiarazioni, che è comportamento idoneo a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA e ad escludere il diritto alla detrazione.

Risulta poi ampiamente superato il termine fissato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, che stabilisce al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto il limite per la presentazione della relativa dichiarazione.

13. In conclusione, il ricorso di B. è inammissibile e quello dell’associazione Forma Mentis è respinto, mentre va accolto quello dell’Agenzia delle Entrate, essendo fondati entrambi i motivi.

Di conseguenza, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Il presente giudizio è anteriore all’entrata in vigore del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Testo unico in materia di spese di giustizia), introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso di B.V.;

rigetta il ricorso dell’associazione Forma Mentis;

accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

 

 

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