Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28044 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. III, 14/10/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 14/10/2021), n.28044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20859/2018 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATTE DI

TRASTEVERE, 44/A, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA CANEVARI,

rappresentata e difesa dagli avvocati ENRICO GIANFRANCO BARILLI,

GIUSEPPINA MARIA BORELLA, per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

G.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 59/2018 del TRIBUNALE di MONZA, depositata il

11/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. In forza di un decreto ingiuntivo notificato a tutti i condebitori in solido Go.Se., G.M. e G.S., ma opposto solo dalle prime due, la creditrice O.E. precettava a G.S. il pagamento della somma di Euro 734,15 (su un debito capitale di 128,79), sul presupposto che nei confronti di quest’ultimo il provvedimento monitorio fosse passato in giudicato.

2. Il G. proponeva opposizione contro l’atto di precetto.

3. Il Giudice di pace accoglieva l’opposizione.

4. Il Tribunale di Monza in funzione di giudice d’appello rigettava il gravame proposto dalla O., condannando la precettante anche ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Il tribunale riteneva fondata l’opposizione a precetto (richiamando Cass. n. 11051/12 e Cass. n. 12174/04): dopo aver ricordato che questo è solo uno dei molteplici giudizi che da anni vedono coinvolti gli O. e i G., per questioni evidentemente futili, dati gli importi, affermava che il pagamento del debito, anche se proveniente da terzi, fa venir meno il credito costituente la base della procedura esecutiva e segnalava che nel caso di specie tanto era avvenuto, avendo provveduto ad estinguere il debito capitale una delle condebitrici solidali prima della notifica del precetto al G. (che era l’unico a non aver opposto il decreto ingiuntivo e ad aver lasciato, quindi, che il titolo divenisse definitivo nei suoi confronti). Ciò in virtù del principio per cui l’estinzione del debito da parte di uno dei coobbligati solidali giova anche agli altri, anche se non invocano il principio di cui all’art. 1306 c.c. e del fatto che l’estinzione dell’obbligazione per intervenuto pagamento costituisce non una eccezione in senso tecnico ma una mera difesa, sollevabile come tale anche per la prima volta nel corso del giudizio di cassazione.

5. Ricorre per cassazione la O. con ricorso articolato in quattro motivi.

6. L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

7. Il ricorso, previa formulazione di proposta da parte del consigliere relatore, veniva dapprima esaminato nella Camera di consiglio non partecipata della Sesta Sezione civile.

7.1. Questa, con ordinanza interlocutoria, focalizzava le questioni poste dalla controversia in esame nel modo seguente: in pendenza del termine per opporre il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di più debitori solidali, uno di essi ha effettuato il pagamento integrale di quanto dovuto con effetto liberatorio, secondo le regole delle generali delle obbligazioni solidali, per tutti gli altri coobbligati. Il punto controverso è dunque se, in sede esecutiva, uno degli altri debitori che non ha opposto il decreto ingiuntivo, che quindi è formalmente passato in giudicato nei suoi confronti, possa opporre al creditore il pagamento ricevuto prima che il provvedimento monitorio acquisisse carattere di definitività oppure se era suo onere, per impedire che si determinasse l’intangibilità del giudicato, opporre il decreto ingiuntivo.

7.2. L’ordinanza interlocutoria segnalava altresì che la questione è analoga a quella oggetto di altri tre ricorsi fra le stesse parti, che per la particolarità del caso erano stati a loro volta rimessi alla sezione ordinaria (r.g. 16560,19731, 19747 del 2018).

8. La causa è stata trattata in udienza pubblica con trattazione scritta, come previsto dall’art. 23 comma 8 bis, introdotto dal D.L. n. 137 del 2020, come convertito dalla L. n. 176 del 2020.

9. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte nelle quali chiede l’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, osservando che dalla sommaria esposizione dei fatti si può evincere che il decreto ingiuntivo venne notificato il 31 luglio 2014, il pagamento satisfattivo da parte degli altri coobbligati e congiunti avvenne l’11 agosto 2014: tale pagamento pertanto bene avrebbe potuto essere invocato nell’opposizione a decreto ingiuntivo che G.S. avrebbe avuto l’onere di introdurre e il cui termine di proposizione andava scadere il 27/10/2014.

9.1. Non avendo ciò fatto il ricorrente, ritiene la Procura che l’intervenuto pagamento effettuato da altro coobbligato solidale prima della scadenza del termine per introdurre l’opposizione a decreto ingiuntivo non possa essere invocato dal debitore ingiunto quale motivo di opposizione all’esecuzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

10. Con il primo motivo di ricorso, la O. deduce la violazione degli artt. 615 e 647 c.p.c., art. 2909 c.c., art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, art. 111 Cost., assumendo che l’autorità di cosa giudicata del decreto ingiuntivo non opposto copre i fatti estintivi del credito anteriori alla formazione del titolo (pagamento in data 11/08/2014, d.i. del 31/07/2014).

10.1. Sostiene che il giudice dell’opposizione all’esecuzione non avrebbe potuto prendere in considerazione tali fatti, anteriori al passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, che avrebbero potuto essere dedotti solo con una opposizione a decreto ingiuntivo, potendo in sede di opposizione all’esecuzione il debitore esecutato far valere solo fatti estintivi sopravvenuti.

10.2. Ricorda che, nell’ambito del vasto contenzioso che contrappone la O. e i G., in altra sentenza il Tribunale di Monza respingeva l’appello del G. proprio affermando che di quanto avvenuto prima della intervenuta definitività del titolo esecutivo non si potesse, in sede di opposizione all’esecuzione, tener alcun conto.

11. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1306 c.c., comma 2, art. 645 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e art. 111 Cost., e sostiene che sia illogico argomentare in termini di efficacia del giudicato riflesso in riferimento al giudicato di accoglimento dell’opposizione delle condebitrici che avevano estinto il debito, perché il precettato non aveva a sua volta opposto il decreto e non poteva pertanto giovarsi del disposto dell’art. 1306 c.c., comma 2.

11.1. Richiama a fondamento delle sue argomentazioni il principio espresso da Cass. n. 22696 del 2015: “Nell’ipotesi di decreto ingiuntivo emesso nei confronti di debitori solidali, l’ingiunto il quale non abbia proposto opposizione non è legittimato ad intervenire, neppure “ad adiuvandum”, nel giudizio di opposizione instaurato da altro debitore, in quanto non potrebbe giovarsi della sentenza a questi favorevole, poiché l’art. 1306 c.c., comma 2, non opera a vantaggio di chi sia vincolato da un giudicato formatosi direttamente nei suoi riguardi”, nonché Cass. n. 15376 del 2016: “Il decreto ingiuntivo, richiesto ed ottenuto sia nei confronti della società di persone che dei singoli soci illimitatamente responsabili, acquista autorità di giudicato sostanziale nei confronti del socio che non proponga tempestiva opposizione e la relativa efficacia resta insensibile all’eventuale accoglimento dell’opposizione avanzata dalla società o da altro socio”.

12. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., nonché art. 360 c.p.c., nn. 3, 4e 5 e art. 111 Cost., avendo il tribunale formulato la condanna alle spese per un importo, di Euro 1.610,00 superiore al valore della causa, pari a circa 800 Euro, e ai massimi del relativo scaglione come indicati dal D.M. n. 55 del 2014, pur avendo, per le altre cause collegate, ed anche ricordate in motivazione, condannato per un importo ben inferiore e nei limiti di legge.

13. Con il quarto motivo, denuncia la violazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3, nonché degli artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 3,24 e 111 Cost., per aver la sentenza condannato la O. alla corresponsione di un importo di Euro 1620,00 ex art. 96 c.p.c., comma 3, ben superiore al valore dell’intera causa ed in difetto, da parte sua, di mala fede o colpa grave, avendo agito sulla base dei richiamati precedenti di legittimità, ed avendo tra l’altro avuto ragione in analoghi giudizi tra le stesse parti dinanzi allo stesso giudice: la ricorrente segnala che il tribunale le attribuisce, impropriamente, la “colpa”, che sarebbe caso mai comune con la controparte, di aggravare il contenzioso del medesimo ufficio giudiziario con questioni bagatellari, legate ai dissapori tra le parti, sottraendo tempo all’esame di altre più rilevanti questioni, laddove l’esito del giudizio non era così certo, atteso appunto che altre cause analoghe si erano risolte a suo favore, né gli argomenti così bagatellari, atteso che si fondavano su numerosi precedenti di legittimità: esclude quindi che nel caso in esame fosse effettivamente riscontrabile un abuso del processo, atto a giustificare una condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3.

14. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi; e devono essere rigettati.

15. Nel caso di specie, come efficacemente riassunto nella ordinanza interlocutoria, emesso un decreto ingiuntivo nei confronti di più debitori, in pendenza del termine per opporre il decreto ingiuntivo, uno dei debitori solidali ha effettuato il pagamento integrale di quanto dovuto.

15.1. La creditrice ha ugualmente posto in esecuzione il titolo, divenuto nel frattempo definitivo, nei confronti del condebitore che non aveva provveduto al pagamento e non aveva opposto il decreto, neppure per dedurre il fatto estintivo proveniente dall’altro condebitore.

15.2. Il punto controverso è dunque se, in sede esecutiva, il condebitore che non ha opposto il decreto ingiuntivo, che quindi è formalmente passato in giudicato nei suoi confronti, possa opporre al creditore il pagamento da questi ricevuto (da un terzo) prima che il provvedimento monitorio acquisisse carattere di definitività oppure se era suo onere, per impedire che si determinasse l’intangibilità del giudicato e per potersi di conseguenza sottrarre all’esecuzione, opporre il decreto ingiuntivo.

16. La decisione impugnata è corretta, né il rigetto del ricorso sul punto si pone in contrasto con il principio del giudicato. Occorre infatti tenere distinti il valore del passaggio in giudicato del titolo esecutivo di formazione giudiziale, dalla sua incondizionata utilizzabilità in sede di esecuzione.

16.1. Non avendo il debitore solidale opposto il decreto ingiuntivo, l’avvenuto pagamento per l’intero del debito da parte di altro condebitore non fa venir meno, qualora non sia stata proposta opposizione a decreto ingiuntivo, anche solo per far valere l’intervenuto pagamento da parte del terzo, la definitività del titolo e quindi la formazione del giudicato nei confronti del debitore non opponente e la conseguente definitività della condanna al pagamento, nei confronti del creditore, dell’importo indicato nel titolo.

16.2. Tuttavia, la funzione della formazione del giudicato è quella di accertare definitivamente l’esistenza e l’ammontare del credito dell’attore nei confronti di uno o più debitori.

Il creditore, tuttavia, ha diritto di pretendere il pagamento dell’intero suo credito, ma una sola volta. Ne consegue che il creditore, sulla base del titolo, è legittimato a pretendere l’intero ammontare del suo credito, ma non può legittimamente pretendere di ricevere oltre quell’importo, né può legittimamente pretendere di essere pagato da tutti i suoi condebitori solidali, una volta che il suo credito sia stato già integralmente soddisfatto. Al contrario, pur essendo in possesso di un valido titolo esecutivo, egli dovrà astenersi dal continuare a pretendere il pagamento qualora il suo credito sia stato già integralmente soddisfatto.

16.3. Ne consegue che l’avvenuta formazione del giudicato, con ciò che ne deriva in termini di deducibilità di fatti estintivi del credito solo successivi ad esso in sede di opposizione all’esecuzione, non osta a che, qualora al debitore coobbligato in virtù di titolo esecutivo di formazione giudiziale passato in giudicato nei suoi confronti sia chiesto di provvedere al pagamento di un importo che il creditore ha già interamente percepito, egli possa dedurre, anche in sede di opposizione all’esecuzione, l’avvenuta integrale estinzione della pretesa creditoria. Ciò costituisce una mera difesa, e non una eccezione in senso stretto, atta a paralizzare la pretesa avversaria senza porsi in contrasto con il principio del giudicato, in quanto l’accertamento definitivo del credito non ne produce la moltiplicazione, avendo il creditore diritto a pretendere nei confronti di uno qualsiasi per l’intero o di tutti i suoi condebitori, a sua scelta, pro quota, l’intero ammontare del suo credito ma non oltre, e ciò, per non incorrere nell’abuso del diritto, anche quando, come nella specie, l’estinzione del debito è avvenuta prima della definitività del titolo posto in esecuzione.

Ciascun creditore ha diritto di ricevere tutto l’ammontare del suo credito ma non ha diritto a ricevere più dell’importo del suo credito, e quindi, una volta che il credito sia stato soddisfatto, in virtù dell’intervenuto pagamento, anche da parte di terze persone siano esse collegate con il debitore o soggetti esterni, la pretesa creditoria si è estinta e l’estinzione del credito per ricevuto pagamento qualora comporti l’avvenuta soddisfazione integrale del credito è una mera difesa atta a paralizzare l’avversa pretesa esecutiva deducibile anche in sede di Cassazione a prescindere dall’avvenuta formazione definitiva del titolo esecutivo di formazione giudiziale.

Il pagamento dell’intero credito da parte di uno dei debitori solidali avviene infatti con effetto liberatorio, secondo le regole delle generali delle obbligazioni solidali, per tutti gli altri coobbligati, conformemente al principio espresso dall’art. 1292 c.c.: secondo il quale il pagamento effettuato da uno dei debitori solidali libera comunque tutti, e risponde al principio per cui nessuno può pretendere più di quanto gli è dovuto.

E’ conforme anche al principio dell’economia dei mezzi processuali affermare che in caso di pagamento del debito portato dal decreto ingiuntivo da parte di uno dei condebitori, in pendenza del termine per proporre opposizione, non sia onerato, per evitare di poter essere legittimamente chiamato all’obbligo di adempiere nuovamente l’obbligazione, a proporre tempestiva opposizione a decretoingiuntivo (per dedurre un pagamento estintivo del quale ben potrebbe, in ipotesi, non avere alcuna conoscenza).

Diversamente opinando si giungerebbe a consentire che il creditore possa legittimamente pretendere, benché l’obbligazione sia stata già estinta da uno dei coobbligati, che il pagamento sia rinnovato da ciascuno degli altri coobbligati.

V. anche Cass. n. 11051 del 2012: “In tema di obbligazioni solidali passive, per le quali costituisce regola fondamentale che tutti i debitori siano tenuti ad un medesima prestazione in modo che l’adempimento di uno libera tutti i coobbligati (art. 1292 c.c.), l’avvenuto pagamento determina l’estinzione “ipso iure” del debito anche nei confronti di tutti gli altri coobbligati, e tale effetto estintivo, rilevabile e deducibile anche in sede di legittimità – atteso che l’eccezione di pagamento integra una mera difesa della quale il giudice deve tenere conto ove essa risulti comunque provata, anche in mancanza di un’espressa richiesta in tal senso – opera anche nei confronti di coobbligato che non si sia avvalso della facoltà di invocare, in altro giudizio di merito, l’estensione ex art. 1306 c.c., del giudicato già conseguito da un diverso debitore solidale”.

Conferma del principio che preclude a ciascun creditore di agire esecutivamente per conseguire importi superiori all’ammontare del suo credito si ricava anche da Cass. n. 8151 del 2020, in base alla quale il creditore può anche legittimamente cumulare i mezzi di espropriazione, agendo verso più condebitori solidali contestualmente, finché però non sia stato integralmente soddisfatto: “In tema di esecuzione forzata, non viola gli obblighi di correttezza e buona fede e non contravviene al divieto di abuso degli strumenti processuali il creditore di due o più debitori solidali che, in forza del medesimo titolo, intraprenda un’azione esecutiva nei confronti di uno di essi dopo aver ottenuto, nei confronti di un altro condebitore, un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., fintanto che quest’ultima non sia adempiuta dal terzo pignorato sino all’integrale concorrenza del credito azionato, fermo restando il divieto – la cui inosservanza va dedotta con opposizione esecutiva – di conseguire importi superiori all’ammontare del credito stesso”.

17. Il terzo motivo è fondato e va accolto: effettivamente la condanna alle spese effettuata dal giudice di appello è superiore nei massimi ai parametri fissati per lo scaglione corrispondente dal decreto ministeriale pro tempore applicabile.

18. Anche il quarto motivo è fondato e va accolto. La sentenza impugnata condanna la O., ex art. 96 c.p.c., comma 3, addebitandole un abuso del diritto costituzionale di agire e difendersi in giudizio, in quanto l’impugnazione avrebbe il solo scopo di recare molestia al suo contraddittore. E tuttavia, lo stesso fatto, indicato nella sentenza impugnata e poi specificamente sottolineato nel ricorso, che tra le stesse parti fossero pendenti numerose controversie, per questioni, stando agli importi, probabilmente bagatellari e legate alla elevata conflittualità tra le parti, ma che hanno dato comunque luogo ad esiti diversi nei gradi di merito da parte dello stesso Tribunale di Monza che ha emesso la condanna ex art. 96 c.p.c., evidenzia che le questioni sottoposte non erano così futili né pretestuosamente argomentate, altrimenti essendo ragionevole attendersi da uno stesso ufficio giudiziario decisioni univoche, e che l’attuale ricorrente, avendo avuto ragione in altri giudizi di appello su questioni collegate, potesse legittimamente fruire del proprio diritto di proporre impugnazione senza per questo incorrere in una condanna ex art. 96 c.p.c..

Conclusivamente, i primi due motivi di ricorso devono essere rigettati. Il terzo e il quarto sono accolti, e la sentenza cassata di conseguenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto questa Corte, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, decide nel merito sul punto toccato dal terzo motivo di ricorso, liquidando le spese del giudizio di appello a carico della ricorrente in Euro in Euro 800,00, oltre accessori e contributo forfettario spese generali. Le spese del giudizio di cassazione, in ragione della complessità delle questioni trattate della questione, sono compensate.

P.Q.M.

Rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo e il quarto, cassa la sentenza impugnata e, in relazione alle censure accolte nel merito, liquida in Euro 800,00 le spese del giudizio di appello a carico della O., oltre accessori e contributo spese generali. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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