Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28036 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 31/10/2019), n.28036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6209/2018 proposto da:

O.L., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

BIAGIO DIGERONIMO;

– ricorrente –

contro

ENEL ENERGIA SPA, in persona dell’avvocato C.L. in qualità

di procuratore legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA SAN SATURNINO 5, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCA NAPPI, rappresentata e difesa dall’avvocato

RAFFAELE NICOLI’;

– controricorrente –

e contro

ZEROCORP DI D.G.L.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1485/2017 del TRIBUNALE di BRINDISI,

depositata il 01/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

O.L. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Fasano ENEL Energia s.p.a., chiedendo l’accertamento della nullità di due contratti di fornitura di energia elettrica e gas, recanti la firma apocrifa dell’attore, e delle fatture emesse in base a tali contratti, con la condanna al pagamento della somma di Euro 284,37 indebitamente corrisposta ed al risarcimento del danno. La convenuta chiamò in causa Zerocorp di D.G.L.A., ditta che aveva procacciato i due contratti. Il giudice adito accolse la domanda, accertando la nullità dei contratti e condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 312,18 nonchè di quella di Euro 700,00 a titolo risarcitorio. Avverso detta sentenza propose appello ENEL Energia s.p.a.. Con sentenza di data 11 settembre 2017 il Tribunale di Brindisi accolse l’appello, rigettando la domanda, con condanna alle spese del doppio grado liquidate in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 800,00 per il primo grado ed Euro 1.000,00 per l’appello.

Osservò il Tribunale che, pur ricorrendo la nullità dei contratti per l’incontroversa falsità della firma dell’utente, non ricorreva la fattispecie della “fornitura non richiesta” di cui all’art. 57 del codice del consumo perchè l’istanza e l’interesse dell’utente erano stati quelli non di rifiutare la fornitura ma di riceverla dal precedente fornitore e soprattutto alle precedenti più favorevoli condizioni economiche e che, stante l’inesistenza del contratto, ingiustificata era la locupletazione in favore dell’utente in relazione a costi che avrebbe dovuto sostenere alle condizioni di maggior favore per i quantitativi di corrente elettrica e gas fornitigli. Aggiunse che le fatture rielaborate da ENEL Energia s.p.a. corrispondevano all’importo che l’utente avrebbe dovuto corrispondere al precedente gestore in base alla precedenti condizioni contrattuali e che il difensore dell’appellato aveva all’udienza del 24 novembre 2016 confermato che i corrispettivi delle fatture erano stati conteggiati sulla base delle tariffe di maggior favore, ritenendo superflua la disposta CTU in appello, che per l’appunto era stata così revocata. Concluse nel senso che, data la corrispondenza delle fatture pagate dall’utente agli importi di maggior favore con il precedente gestore, la domanda di restituzione doveva essere rigettata e così anche quella risarcitoria per danno non patrimoniale “per totale mancanza dell’illecito dedotto”.

Ha proposto ricorso per cassazione O.L. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso ENEL Energia s.p.a.. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 206 del 1995, art. 57, comma 1, applicabile ratione temporis. Osserva il ricorrente, sulla base dell’art. 57 applicabile ratione temporis (“1. E’ vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento. 2. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso la mancata risposta non significa consenso”), che ricorre la “fornitura non richiesta” di cui alla norma citata anche nel caso di passaggio non richiesto ad un fornitore diverso con diverse condizioni contrattuali, da cui il diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato, e che la dichiarazione resa all’udienza del 24 novembre 2016 dal difensore era chiaramente subordinata alla denegata ipotesi in cui non fosse stato ritenuto applicabile l’art. 57.

Il motivo è inammissibile. La questione dell’applicabilità del D.Lgs. n. 206 del 1995, art. 57, comma 1, non viene in rilievo perchè la controversia è stata risolta dal giudice di merito sulla base del principio di non contestazione. La censura in termini di applicazione dell’art. 57, resta così estranea alla ratio decidendi. Sulla scorta della dichiarazione del difensore dell’appellato all’udienza del 24 novembre 2016, con cui è stato confermato che i corrispettivi delle fatture erano stati conteggiati sulla base delle tariffe di maggior favore, il Tribunale ha reputato sulla base di un giudizio di fatto, non sindacabile nella presente sede di legittimità se non per vizio motivazionale (non specificatamente proposto), che il corrispettivo della fornitura, in quanto rispecchiante le precedenti condizioni contrattuali per le quali sussisteva il consenso del consumatore, fosse dovuto. L’applicazione del principio di non contestazione non è stata dal ricorrente censurata se non nei termini dell’esistenza di un riserva mentale (la dichiarazione sarebbe stata subordinata alla denegata ipotesi in cui fosse stato ritenuto non applicabile l’art. 57) che il giudice di merito, cui spettava valutare le risultanze processuali, non ha considerato rilevante. Ed invero tale riserva mentale non è valutabile nella presente sede di legittimità in quanto è relativa non ad una violazione di diritto ma a ciò che è suscettibile di prova o meno, che è valutazione chiaramente di competenza del giudice di merito.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.. Osserva il ricorrente che nella specie ricorreva l’illecito del fornitore e dell’agenzia preposta al procacciamento dei contratti e che erano stati lesi una serie di diritti costituzionalmente rilevanti (violazione della libertà di autodeterminazione contrattuale, l’esistenza di forte stress che ha leso anche i rapporti affettivi e parentali, il tempo perso).

Il motivo è inammissibile. Anche tale censura resta estranea alla ratio decidendi in quanto il giudice di merito non ha affrontato la questione dell’esistenza e quantificazione dei pretesi danni essendosi arrestato a monte all’inesistenza dell’an della responsabilità risarcitoria per assenza di una condotta illecita. Che il fatto costitutivo dell’illecito sussistesse o meno è giudizio di fatto rimesso alla competenza del giudice di merito, sindacabile nella presente sede di legittimità solo nei limiti del vizio motivazionale, nella specie non specificatamente proposto.

Peraltro, avendo il giudice di merito accertato che per la fornitura il ricorrente ha sopportato il costo pari alle condizioni contrattuali più favorevoli, non si comprende quale sia il danno evento che avrebbe cagionato le conseguenze pregiudizievoli lamentate.

Con il terzo motivo si denuncia omessa pronuncia. Osserva il ricorrente che il Tribunale ha omesso di pronunciare in ordine alla responsabilità di Zerocorp di D.G.L.A., nonostante la domanda di manleva proposta dalla convenuta, e che comunque ricorreva la responsabilità di Enel Energia la quale doveva verificare l’accettazione dei contratti proposti dall’agente per suo conto. Conclude nel senso della violazione da parte della società elettrica dei doveri di controllo e verifica.

Il motivo è inammissibile. Quanto alla questione della responsabilità di Zerocorp di D.G.L.A. va rammentato che si tratta di soggetto nei confronti del quale il ricorrente non ha proposto una domanda e che è stato chiamato in garanzia dalla convenuta per l’ipotesi di accoglimento della domanda principale. Il rigetto di quest’ultima ha chiaramente comportato l’assorbimento della chiamata in garanzia.

Quanto alla responsabilità di Enel Energia per la violazione di doveri di controllo e verifica circa la condotta del preposto, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il ricorrente non ha specificatamente indicato se la causa petendi dell’originaria domanda fosse stata formulata nei termini di una culpa in vigilando. In mancanza di tale indicazione il motivo di ricorso non può essere scrutinato.

Con il quarto motivo si denuncia errata applicazione delle tariffe forensi. Osserva il ricorrente che, avuto riguardo al valore della causa inferiore a Euro 1.100,00, le spese sono state liquidate in misura superiore alle tariffe previste dal D.M. n. 55 del 2014.

Il motivo è inammissibile. Premesso che non vi è un vincolo al valore medio nella liquidazione delle spese processuali (Cass. n. 2386 del 2017), la censura difetta di specificità in quanto il ricorrente ha omesso di identificare la domanda rispetto alla quale è stato considerato il parametro tariffario indicato nel motivo. Ed invero, posto che la domanda non era solo di restituzione di importi corrisposti e di risarcimento del danno (peraltro non quantificato, e dunque da ritenersi entro i limiti di competenza del giudice adito), ma anche di nullità di due contratti, non si comprende, alla stregua di tale contenuto della domanda, secondo quali modalità il ricorrente sia potuto pervenire al parametro indicato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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