Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28031 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/12/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 09/12/2020), n.28031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16241-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMIFIN SPA IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PO 28, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO PELOSI, rappresentato

e difeso dagli avvocati PAOLA LUMINI, ENRICO CERIANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6870/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 6870/2014 dell’01.12.2014 della C.T.R. della Lombardia che, ha respinto l’appello dell’Ufficio contro la sentenza della CTP di Milano con la quale i giudici di prima istanza hanno accolto il ricorso della società Comifin SpA e annullato l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro perchè calcolata in misura proporzionale, in relazione al decreto ingiuntivo emesso in favore della Comifin,ai danni della Leasing Consulting International e della Anonimo Spa quale fidejussore della prima.

La Commissione Regionale, in particolare, pur dando atto che la Tariffa-Parte prima, D.P.R. n. 131 del 1986, che disciplina gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, all’art. 8, comma 1, lett. b), prevede l’applicazione ai decreti ingiuntivi esecutivi, dell’imposta di registro nella misura del 3%, a supporto della decisione, ha richiamato la Nota II all’art. 8 della Tariffa – Parte Prima, D.P.R. n. 131 del 1986 nel punto in cui stabilisce che i decreti ingiuntivi, ai sensi dell’art. 40 del Testo unico, “non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”, quali sono i canoni del leasing, il cui mancato pagamento, nel caso in esame, è all’origine del decreto ingiuntivo, di cui si controverte.

Resiste la contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con un unico motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione alla falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. b) della Tariffa, parte prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 in connessione con l’art. 37 del T.U. non avendo la CTR considerato che l’Ufficio aveva correttamente applicato l’imposta di registro al 3% di cui all’art. 8, lett. b, posto che ad essere tassato non è il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad IVA ma la condanna al pagamento ottenuta in sede giudiziaria dalla COMIFIN SpA, nei confronti dei debitori ingiunti.

Il ricorso è fondato.

Va, innanzitutto, premesso che oggetto dell’imposta di registro è il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Comifin (n. (OMISSIS) Rep. n. (OMISSIS), emesso dal Tribunale Ordinario di Milano) nei confronti della Leading Consulting International s.p.a., sua debitrice, e del fideiussore Anonimo Spa i per il mancato pagamento di rate di contratto di leasing, sottoposto a clausola risolutiva espressa nel caso l’utilizzatore fosse risultato moroso nel pagamento anche di un solo canone e che, conseguentemente, gli interessi conteggiati pacificamente hanno natura moratoria.

Ai fini della normativa applicabile, si è che: – Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1 e l’art. 8, tariffa 1, lett. b) statuiscono che i decreti ingiuntivi esecutivi “recanti condanna al pagamento di somme..” sono soggetti all’imposta del 3%. Come già chiarito da questa Corte con la decisione n. 13315/2006,in tema di imposta di registro, dall’assetto normativo espresso dal testo unico approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20,28 e 37 si evince che il decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di somma di denaro, emesso sulla base della prova scritta costituita dal contratto recante la clausola risolutiva espressa, ha natura di sentenza di condanna, e, se esecutivo, deve essere assoggettato all’imposta proporzionale di registro, ai sensi dell’art. 8, lett. b) della tariffa, parte prima, allegato A), del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986; mentre, se l’effetto restitutorio consegue alla pronuncia giudiziale di risoluzione del medesimo contratto (art. 1458 c.c.), all’atto dell’autorità giudiziaria deve applicarsi l’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, lett. e) della medesima tariffa. (Cass. 2077/2000; 8880/2002; 11663/2001; 21160/2005).

Per completezza, va anche precisato che, nel caso di provvedimento di condanna al pagamento di somme di denaro, vi è una sostanziale diversità del regime dell’imposta di registro dovuta per gli interessi moratori e per quelli convenzionali, essendo i primi esenti da IVA e di conseguenza esclusi dal meccanismo perequativo dell’alternanza IVA/REGISTRO. In merito questa Corte ha sancito che “In tema di imposta di registro, la sentenza di condanna che un istituto di credito ottenga per il recupero delle somme ad esso dovute per un finanziamento, alla luce del principio di alternatività con l’iva consacrato nel D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 40 va sottoposto a tassazione fissa, in base alla previsione della nota II dell’art. 8 della tariffa, parte I, allegata al detto decreto, senza distinzione tra quota capitale e quota interessi, quando questi ultimi non abbiano natura moratoria (com’è invece nel caso in esame)- come tali esentati, a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 15 dalla base imponibile iva, con conseguente applicabilità dell’imposta di registro in misura proporzionale ai sensi dell’art. 8 della detta tariffa ma siano interessi convenzionali, e quindi (con la commissione di massimo scoperto e la capitalizzazione trimestrale) il corrispettivo prodotto dall’operazione di finanziamento, trattandosi di prestazioni, ancorchè esenti, attratte pur sempre all’orbita dell’IVA.” (Cass., 4047 del 2006; cass. n. 17276 /2017).

La sentenza impugnata non si è attenuta ai predetti principi e pertanto va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo giudizio. Il consolidarsi nel tempo della stessa giurisprudenza di legittimità, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di merito.

Per il principio della soccombenza l’originaria ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in dispositivo.

PQM

La Corte:

-accoglie il ricorso;

-cassa la sentenza impugnata;

-decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio.

Condanna l’originaria ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5000,00 oltre spesa prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

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