Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28029 del 16/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28029 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 28127-2010 proposto da:
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati MORAGGI DONATELLA
2013
3062

e ARNALDO COLAIOCCO, che lo rappresentano e difendono
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

ARGANINI FRANCO RGNFNC51R01H501Z, BRANDIMARTE PIERINA

Data pubblicazione: 16/12/2013

BRNPRN51H69F935R, CARDINALI ARIANNA CRDRNN58L71A271T,
DI MARIA FABRIZIO DMRFRZ63T16H501D, FIORINI CLAUDIO
FRNCLD58M28H501J, FRASCA LOREDANA FRSLDN67A47H501H,
GANGERI MARIA GNGMRA54S70H224T, GATTI GRAZIA
GTTGRZ66L60H501J, GIORDANO TONINO GRDTNN54C08G441V,
LATINI SABRINA LTNSRN64A47H501N, MACHINE’ MARIO

PARIS ANTONIO PRSNTN60H12H501A, PAVONE NICOLA
PVNNCL57M26L049J, PIGNATO CORRADO PGNCRD38T12A522T,
RAZZETO ALFREDO, ROSA PATRIZIA RSOPRZ65M52G942N,
SPANO’ SALVATORE SPNSVT69TO1G208G, TONELLI FAUSTO
TNLFST45M21H501R, TRINCHIERI GIULIANA
TRNGLN68B54H501B, VITALI LICIA VTLLCI56D62H501K, ZITO
ANTONIO ZTINTN43B13F065Q, ZOINA ANTONIO
ZNONTN56H13H501V, già elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA NINO OXILIA 21, presso lo studio
dell’avvocato POLITO FLAVIO MARIA, che li rappresenta
e difende giusta delega in atti
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 4368/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 26/11/2009 R.G.N. 7111/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FILABOZZI;
udito l’Avvocato CATALANO GIANDOMENICO per delega
MORAGGI DONATELLA;

MCHMRA48A10L245G, MOREZZI CINZIA MRZCNZ60B45H501B,

udito l’Avvocato POLITO FLAVIO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. CELESTE ALBERTO, che ha concluso per il

,

/
/

rigetto del ricorso.

r.g. n. 28127/10
udienza del 29.10.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Fabrizio Di Maria e altri 22 lavoratori dipendenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze
hanno chiesto al Tribunale di Roma l’accertamento del loro diritto al trattamento retributivo

d.l. n. 1/2001, convertito in legge n. 49/2001, avendo operato nel periodo dal 2000 al 2004 presso
l’Ufficio centrale di ragioneria costituito presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro.
Il Tribunale adito ha accolto la domanda con sentenza che è stata parzialmente riformata dalla
Corte d’appello della stessa città, che ha dichiarato non dovuta ai ricorrenti l’indennità ex art. 7 1. n.
362/99 per l’anno 1999, confermando nel resto la sentenza impugnata. A tali conclusioni la Corte
territoriale è pervenuta ritenendo che, in base al combinato disposto delle norme di legge sopra
indicate, anche i ricorrenti, che, pur non appartenendo ai ruoli dell’Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza del lavoro, avevano svolto la loro attività presso detto Istituto, per conto
e nell’interesse del medesimo, avessero diritto alla corresponsione dei benefici previsti dall’art. 7
della citata 1. n. 362 del 1999.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Inail, subentrato all’ISPESL in forza
dell’art. 7, comma 1, del d.l. n. 78/2010, convertito in 1. n. 122/2010, affidandosi a due motivi di
ricorso cui resistono con controricorso i lavoratori, che hanno depositato anche memoria ai sensi
dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 92, comma 12, della legge n. 388/2000, 7
della legge n. 62/99 e 3, comma 8, del d.l. n. 1/2001, convertito in 1. n. 49/2001, sostenendo
l’ erroneità dell’interpretazione delle suddette disposizioni contenuta nella sentenza impugnata,
dovendo ritenersi, ad avviso del ricorrente, che dette norme debbano essere invece intese nel senso
del riconoscimento del beneficio economico aggiuntivo soltanto in favore del personale avente, a
vario titolo, un rapporto di lavoro con l’ISPESL
2.- Con il secondo motivo si denuncia il vizio di motivazione della sentenza impugnata
relativamente allo stesso punto oggetto del primo motivo di gravame.
3.- Il primo motivo è fondato.
i

previsto dal combinato disposto degli artt. 7 della legge n. 362/99, 92 della legge n. 388/2000 e 8

Gli odierni resistenti, come risulta dalle deduzioni di entrambe le parti e dalla narrativa in fatto
della sentenza impugnata, hanno prestato la propria attività lavorativa nel periodo dal 2000 al 2004
in qualità di dipendenti del Ministero dell’economia e delle finanze assegnati all’Ufficio generale di
ragioneria istituito presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL)
ed in ragione di tale assegnazione hanno rivendicato il diritto alla corresponsione della retribuzione
aggiuntiva originariamente prevista dall’art. 7 della legge n. 362 del 1999 a favore dei dipendenti
del Ministero della salute non appartenenti al ruolo sanitario di livello dirigenziale e

personale in servizio presso l’Istituto superiore di sanità e l’ISPESL.
Più specificamente, la normativa succedutasi in materia ha previsto originariamente (art. 7 1. n.
362/99) che “In relazione all’accresciuta complessità dei compiti assegnati al Ministero della
sanità in materia di vigilanza, ispezione e controllo, di prevenzione, di sicurezza e di profilassi, e
allo scopo anche di armonizzare i trattamenti economici di tutti i dipendenti non appartenenti al
ruolo sanitario di livello dirigenziale, sono destinate alle sperimentazioni e relative contrattazioni
collettive previste dall’art. 8 del d.lgs. 4 novembre 1997, n. 396, riguardanti il predetto personale,
oltre alle economie di gestione, anche quote delle entrate di cui all’art. 5, comma 12, della legge 29
dicembre 1990, n. 407 con conseguente riduzione degli interventi ivi previsti”; successivamente
(con l’art. 92, comma 12, della legge n. 388/2000) che “I benefici di cui all’art. 7 della legge 14
ottobre 1999, n. 362, previsti per i dipendenti non appartenenti al ruolo sanitario di livello
dirigenziale del Ministero della sanità, sono estesi anche al personale in servizio presso l’Istituto
superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro. Agli oneri
derivanti dall’attuazione del presente comma si fa fronte con le economie di gestione e le quote
delle entrate di cui all’art. 5, comma 12, della legge 20 dicembre 1990, n. 407, dell’Istituto
superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, di rispettiva
pertinenza, a valere dall’esercizio 2000”; ed infine (art. 3, comma 8, del d.l. n. 1/2001, convertito in
legge n. 49/2001) che “Ai fini di una migliore efficienza del Ministero della sanità, le
sperimentazioni previste dall’art. 7 della legge 14 ottobre 1999, n. 362, devono intendersi riferite a
tutto il personale non appartenente al ruolo sanitario di livello dirigenziale del Ministero della
sanità con rapporto di lavoro a tempo indeterminato comunque operante presso il medesimo
Ministero”.
Secondo la tesi sostenuta dai lavoratori, ed accolta dai giudici di merito, le suddette disposizioni
dovrebbero essere interpretate nel senso che il legislatore abbia voluto estendere il beneficio
economico aggiuntivo originariamente previsto per i dipendenti non appartenenti al ruolo sanitario
di livello dirigenziale del Ministero della sanità, anche a tutti coloro che, operando presso l’Istituto

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successivamente estesa, in forza dell’art. 92, comma 12, della legge n. 388 del 2000, anche al

superiore di sanità o presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, pur
essendo dipendenti di altro Ministero (nella specie, del Ministero dell’economia), siano stati
comunque chiamati ad un impegno qualitativamente o quantitativamente maggiore rispetto al
passato.
Tale interpretazione non appare condivisibile.
Con l’art. 7 della legge n. 362 del 1999 fu prevista la corresponsione di una particolare retribuzione
aggiuntiva a favore dei “dipendenti” del Ministero della sanità non appartenenti al ruolo sanitario di

Ministero “in materia di vigilanza, ispezione e controllo, di prevenzione, di sicurezza e di profilassi,
e allo scopo anche di armonizzare i trattamenti economici di tutti i dipendenti non appartenenti al
ruolo sanitario di livello dirigenziale”.
La norma stabiliva chiaramente, quindi, che i suddetti benefici economici spettavano solo ai
dipendenti del Ministero della sanità non appartenenti al ruolo sanitario di livello dirigenziale,
escludendo dal novero dei beneficiari i dipendenti di altre amministrazioni che eventualmente si
fossero trovati ad operare presso il detto Ministero.
L’art. 92, comma 12, della legge n. 388 del 2000 ha esteso i benefici in questione anche ai
dipendenti dell’Istituto superiore di sanità e dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro (ISPESL), non potendosi intendere la locuzione “personale in servizio”, adoperata dalla
stessa norma, che come riferita a tutti coloro che erano in servizio alle dipendenze dei due predetti
enti, con esclusione, anche in questo caso, di coloro che, come gli odierni resistenti, si fossero
trovati ad operare presso uno degli stessi enti, senza tuttavia essere legati a questi ultimi da un
rapporto di impiego per essere dipendenti di altra amministrazione pubblica.
L’art. 3, comma 8, del d.l. n. I del 2001 – che ha precisato che le sperimentazioni previste dall’art.
7 della legge n. 362/99 devono intendersi riferite “a tutto il personale non appartenente al ruolo
sanitario di livello dirigenziale del Ministero della sanità con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato comunque operante presso il medesimo Ministero” – non incide sulla situazione del
“personale in servizio presso l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e
la sicurezza del lavoro” di cui all’art. 92, comma 12, della legge n. 388 del 2000 – perché, come

ha correttamente osservato su questo punto anche la Corte territoriale, è norma che riguarda
letteralmente solo il Ministero della sanità (nell’ambito, peraltro, di una serie di disposizioni urgenti
adottate “per fronteggiare l’emergenza derivante dall’encefalopatia spongiforme bovina”) e che
non sembra comunque avere il rilievo che le viene attribuito dai lavoratori, limitandosi, in effetti, a
precisare che le sperimentazioni previste dall’art. 7 della legge n. 362/99 devono intendersi riferite
“a tutto il personale non appartenente al ruolo sanitario di livello dirigenziale del Ministero della

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livello dirigenziale; ciò “in relazione all’accresciuta complessità dei compiti” assegnati allo stesso

sanità con rapporto di lavoro a tempo indeterminato comunque operante presso il medesimo
Ministero”, e cioè a tutto il personale, appartenente o non al ruolo sanitario (e perciò “comunque
operante” presso il Ministero della sanità), esclusa soltanto la dirigenza sanitaria, e sempre che si
tratti di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, senza che tutto ciò possa essere
inteso, tuttavia, nel senso che lo stesso trattamento debba estendersi anche ai dipendenti di altre
amministrazioni pubbliche, che pure abbiano prestato la propria attività lavorativa presso lo stesso
Ministero.

estendere il diritto alla corresponsione del trattamento economico aggiuntivo, previsto a favore dei
dipendenti del Ministero della sanità, dell’Istituto superiore di sanità e dell’Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza del lavoro, anche a favore di lavoratori che, pur assegnati all’Ufficio di
Ragioneria centrale costituito presso l’ISPESL, abbiano però lavorato alle dipendenze di altra
amministrazione pubblica.
5.- Il primo motivo di ricorso va quindi accolto, con assorbimento del secondo, sulla base del
seguente principio di diritto: “L ‘art. 92, comma 12, della legge n. 388 del 2000 va interpretato nel
senso che i benefici economici ivi previsti si estendono solo ai dipendenti dell’Istituto superiore di
sanità e dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), con
esclusione di coloro che abbiano operato presso uno degli stessi enti, senza tuttavia essere legati a
questi ultimi da un rapporto di impiego per essere dipendenti di altra amministrazione pubblica,
non essendo desumibile neppure da altre norme, ed in particolare dall’art. 3, comma 8, della legge
n. 1 del 2001, convertito in legge n. 49 del 2001, il principio per cui il trattamento economico in
questione debba essere esteso anche ai dipendenti di altre amministrazioni o di altri enti – diversi
dal Ministero della sanità, dall’Istituto superiore di sanità e dall’ISPESL -, che pure abbiano
operato presso i suddetti Istituti”.
6.- La cassazione della sentenza impugnata per violazione di norme di diritto comporta la decisione
nel merito della causa (art. 384, secondo comma, c.p.c.), non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, con la pronuncia di rigetto della domanda proposta dai lavoratori odierni
resistenti.
7.- Il difforme esito dei giudizi di merito e la novità della questione trattata inducono a compensare
per giusti motivi le spese dei giudizi di merito e di cassazione.

P.Q.M.

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4.- In definitiva, non si rinvengono nelle disposizioni sopra citate elementi che consentano di

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e decidendo nel merito rigetta la domanda; compensa tra le parti le spese dell’intero
processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 ottobre 2013.

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