Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28029 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. I, 09/12/2020, (ud. 13/11/2020, dep. 09/12/2020), n.28029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15196/2019 proposto da:

A.O.E., elettivamente domiciliato in Roma, Viale

Angelico n. 38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che

lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1683/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/11/2020 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

E.O.A. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Roma avverso la decisione della locale Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione internazionale od umanitaria poichè non concorrevano i requisiti previsti dalla legge in ordine a tutti gli istituti invocati.

Il Tribunale di Roma adito ebbe a rigettare l’opposizione poichè effettivamente non ricorrevano i presupposti di legge per il riconoscimento degli istituti richiesti, stante la non credibilità del racconto e, comunque, la riconducibilità dei contrasti dedotti all’ambiente parentale; la non concorrenza di una situazione di violenza diffusa nella zona in cui abitava l’ A. e l’assenza delle condizioni richieste per la protezione umanitaria in difetto di condizione di vulnerabilità.

Il richiedente asilo ha proposto gravame avverso l’ordinanza del primo Giudice e la Corte d’Appello di Roma, nella contumacia dell’Amministrazione appellata, ha rigettato l’impugnazione, osservando come la statuizione in punto inaffidabilità del suo racconto non era stata attinta da gravame e come non concorrevano i requisiti di legge per il riconoscimento della protezione sussidiaria od umanitaria. E.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Collegio romano fondato su due motivi.

Il Ministero degli Interni ritualmente evocato è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da E.A. s’appalesa inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17 -.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2, 8 e 14 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, poichè la Corte capitolina ha malamente valutato l’attuale situazione socio-politica della Nigeria, che presenta connotati di violenza diffusa, siccome può esser apprezzato da rapporto di Amnesty International e dalle informazioni presenti sul sito (OMISSIS) curato dal Ministero degli Esteri, senza seguire i criteri posti dalla legge per detto esame.

La censura proposta appare generica poichè il ricorrente si limita a svolgere apodittica critica alla motivazione esposta riguardo alla situazione interna sociopolitica della zona della Nigeria di provenienza del richiedente asilo senza anche indicare le fonti informative internazionali, il cui esame è stato pretermesso dalla Corte di merito; mentre le fonti – da lui – menzionate non lumeggiano una situazione diversa da quella indicata nella sentenza impugnata circa il verificarsi di episodi di violenza terroristica e di matrice criminale.

Difatti il Collegio romano, esaminando specificatamente la questione afferente la richiesta dell’ A. di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ha puntualmente messo in rilievo come le ragioni, poste dallo stesso alla base della sua decisione di allontanarsi dalla Nigeria – conflitto familiare per questioni patrimoniali ed ereditarie – non erano credibili e tale accertamento non venne, in sede d’appello, contestato.

Inoltre la Corte capitolina ha puntualizzato come la situazione socio-politica, attualmente esistente nello Stato nigeriano d’origine del ricorrente, pur come ricordato in presenza di episodi di violenza terroristica e criminale, non è caratterizzata da violenza diffusa ed indiscriminata, secondo l’accezione data a detto concetto dalla Corte Europea.

La conclusione, cui è giunta la Corte territoriale, risulta fondata sulla specifica indicazione delle fonti informative, anche di natura internazionale, dalle quali sono stati attinti i dati di fatto utilizzati, e risultano puntualmente apprezzate le situazioni di difficoltà indicate dal sito del Ministero degli Esteri citato in ricorso e richiamate dal rapporto di Amnesty.

Fonti queste che appunto pongono in evidenza l’esistenza di condotte criminali collegate all’industria petrolifera ed al soggiorno di stranieri, dati che tuttavia non consentono di ritenere configurata la necessaria situazione di violenza diffusa nell’accezione prevista dalla normativa in tema di protezione internazionale.

In definitiva l’argomentazione critica esposta si compendia nella prospettazione di mera tesi alternativa rispetto alla statuizione adottata dalla Corte capitolina fondata sull’esame delle medesime informazioni utilizzate dai Giudici, così richiedendo a questa Suprema Corte un inammissibile esame del merito della questione.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, poichè il Collegio romano avrebbe errato nel respingere la sua domanda di protezione umanitaria concorrendone, invece, i requisiti di legge.

La censura s’appalesa apodittica poichè l’argomentazione critica sviluppata si limita alla mera contestazione della statuizione assunta dalla Corte distrettuale senza alcun confronto con la pur articolata e puntuale motivazione esposta da detto Giudice al riguardo.

Nulla s’ha da provvedere sulle spese in assenza di resistenza da parte dell’Amministrazione, mentre concorrono le ragioni processuali acchè il ricorrente versi l’ulteriore contributo unificato, ove dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di coniglio, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

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