Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28025 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28025 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: ARIENZO ROSA

ORDINANZA
sul ricorso 13670-2016 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante in
proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI
CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. C.F. 05870001004, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA n.29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e
disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, EMANUELE
DE ROSE, LELIO MARITATO ANTONINO SGROI;

– ricorrente contro
AVENI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
IPPOCRATE n. 33, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

Data pubblicazione: 24/11/2017

NUCARO AMICI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato PIETRO PICIOCCHI;

– controricorrente avverso la sentenza n. 317/2015 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.
Rilevato:
che la Corte di appello di Genova, in riforma della sentenza del
Tribunale della stessa città, appellata da Aveni Giovanni, dichiarava
che nulla era dovuto dal predetto ai titoli di cui all’avviso di addebito
(portante debiti per contributi dovuti alla Gestione Commercianti di
euro 14397,94) opposto dal predetto nella qualità di socio
accomandatario della s.a.s. Aveni, la cui attività era limitata alla
riscossione dei canoni di locazione di immobile;
che avverso tale sentenza l’INPS, in proprio e nella qualità
epigrafata ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale ha
opposto difese l’Aveni, con controricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio, in prossimità della quale il controricorrente ha
depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis, 2° co., c.p.c.;
Considerato:
1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata;
2. che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione dell’art.
1, commi 202, 203 e 208 della legge 662/1996 e dell’art. 3 comma 2
della legge 45/86, assumendosi: che, contrariamente a quanto
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GENOVA, depositata il 23/11/2015;

sostenuto nella impugnata sentenza il socio di una s.a.s. è per ciò
stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della
società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perché
l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente era
“in re ipsa”, ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere

canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di
gestione del patrimonio immobiliare, aveva natura commerciale; che il
giudizio di prevalenza richiesto dalla legge n. 662/1996 è di natura
endogena, ossia deve essere compiuto solo in relazione alle vicende
interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori
attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale, nella specie
non provate;
3. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
4. che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla
gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto
previsto dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662 , art. 1 comma 203, che
ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti
previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa
degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività
commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un
accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da
una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;
5. che è stato accertato che la s.a.s. di cui il controricorrente era
socio accomandatario non svolgeva alcuna attività diretta all’acquisto
ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diverse da
quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’ immobile di
cui era proprietaria, e pertanto non rileva la mancanza di prova che
altri soci fossero impegnati negli atti di gestione ordinaria e
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socio con poteri di gestione della società; che l’attività di riscossione di

straordinaria della società, nonché la mancanza di prova idonea ad
escludere la presunzione normativa di esercizio di attività
imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla
circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella
semplice;

questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività
destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a
percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività
commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si
inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di
intermediazione immobiliare ( Cass. n. 3145 dell’il febbraio 2013);
7. che, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di
un’attività commerciale, non rileva il contenuto dell’oggetto sociale;
8. che questa Corte — con riferimento alle società in accomandita
semplice – ha affermato il principio (Cass. n. 3835 del 26 febbraio
2016) secondo cui ai sensi dell’art. 1, comma 203, L. n. 662/1996, che
ha modificato l’art. 29 L. n. 160/1975, e dell’art. 3 L. n. 45/1986, in
tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far
sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti
attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione
personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la
cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto, prova che, nel caso in
esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso
che l’Aveni si limitava a gestire la locazione di un unico immobile;
9. che, da ultimo, l’orientamento espresso ha ricevuto l’avallo di
ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi
enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643);

Ric. 2016 n. 13670 sez. ML – ud. 18-10-2017
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6. che tale decisione è in linea con il principio già espresso da

10. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore,
tenuto conto della memoria adesiva dell’Aveni — che ha evidenziato
l’avvenuto annullamento in autotutela, nelle more, da parte dell’istituto
di alcuni degli avvisi opposti – il ricorso va rigettato con ordinanza, ai
sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;

dispositivo;
12. che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater,
dPR 115 del 2002;
PQM
rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, liquidate in curo 100,00 per esborsi,
euro 1500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per
legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15 %•
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1
quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art.13,
commal bis, del citato D.P.R..
Così deciso in Roma, il 18.10. 2017

11. che le spese del presente giudizio vanno regolate come da

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