Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28024 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28024 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: ARIENZO ROSA

ORDINANZA
sul ricorso 13180-2016 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROI\L, VIA CESARE
BECCARIA n.29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto
medesimo, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli
avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO
MARITATO ed EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente contro
CIVATI ANGELO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE G. MAZZINI n.119, presso lo studio dell’avvocato
MARIA GRAZIA BATTAGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
FABIO CASSANO;

Data pubblicazione: 24/11/2017

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 1010/2015 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 18/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

Rilevato:
che, con sentenza del 18.11.2015, la Corte di appello di Milano,
in riforma delle sentenze del Tribunale di Monza appellate da Civati
Angelo Francesco, dichiarava che nulla era dovuto dal predetto ai titoli
di cui alle cartelle esattoriali (portanti debiti per contributi di curo
6.272,24 ed euro 6.174,97) opposte nella qualità di socio
accomandatario della Immobiliare Riti s.a.s. di Civati Angelo & c.,
essendosi limitata la società ad incassare i canoni di locazione degli
immobili di sua propri e che la locazione costituiva una modalità di
godimento dei beni medesimi e non già un’attività imprenditoriale di
natura commerciale ex art. 2082 c. c. da cui scaturisse l’obbligo di
iscrizione presso la relativa gestione INPS;
che avverso tale sentenza l’INPS, in proprio e nella qualità
epigrafata ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale ha
opposto difese il Civati, con controricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio, in prossimità della quale il Civati ha depositato
memoria ai sensi dell’art. 380 bis, 2° comma, c.p.c.;
Considerato:
1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata;

Ric. 2016 n. 13180 sez. ML – ud. 18-10-2017
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partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

2. che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione dell’art.
1, commi 202, 203 e 208 della legge 662/1996 e dell’art. 3 comma 2
della legge 45/86, assumendosi: che, contrariamente a quanto
sostenuto nella impugnata sentenza il socio di una s.a.s. è per ciò
stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della

l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente era
“in re ipsa”, ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere
socio con poteri di gestione della società; che l’attività di riscossione di
canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di
gestione del patrimonio immobiliare, aveva natura commerciale; che il
giudizio di prevalenza richiesto dalla legge n. 662/1996 è di natura
endogena, ossia deve essere compiuto solo in relazione alle vicende
interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori
attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale, nella specie
non provate;
3. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
4. che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla
gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto
previsto dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662 , art. 1 comma 203, che
ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti
previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa
degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività
commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un
accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da
una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;
5. che è stato accertato che la s.a.s. di cui il controricorrente era
socio accomandatario non espletava alcuna attività diretta all’acquisto
ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diverse da
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società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perché

quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’ immobile di
cui era proprietaria, e pertanto non rileva la mancanza di prova che
altri soci fossero impegnati negli atti di gestione ordinaria e
straordinaria della società, nonché la mancanza di prova idonea ad
escludere la presunzione normativa di esercizio di attività

circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella
semplice;
6. che tale decisione è in linea con il principio già espresso da
questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività
destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a
percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività
commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si
inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di
intermediazione immobiliare ( Cass. n. 3145 dell’il febbraio 2013);
7. che, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di
un’attività commerciale, non rileva il contenuto dell’oggetto sociale;
8. che questa Corte — con riferimento alle società in accomandita
semplice – ha affermato il principio ( Cass. n. 3835 del 26 febbraio
2016) secondo cui ai sensi dell’art. 1, comma 203, L. n. 662/1996, che
ha modificato l’art. 29 L. n. 160/1975, e dell’art. 3 L. n. 45/1986, in
tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far
sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti
attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione
personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la
cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto, prova che, nel caso in
esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso
che il Civati si limitava a gestire la locazione di un unico immobile;

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imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla

9. che, da ultimo, l’orientamento espresso ha ricevuto l’avallo di
ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi
enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643);
10. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore,
considerato il contenuto adesivo alla stessa della memoria, il ricorso va

11. che le spese del presente giudizio vanno regolate come da
dispositivo;
12. che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater,
dPR 115 del 2002;
PQM
rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi,
euro 1500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per
legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15 %•
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1
quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art.13, comma
ibis, del citato D.P.R..
Così deciso in Roma, il 18.10. 2017

rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;

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