Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28023 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 31/10/2019), n.28023

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4196-2018 proposto da:

D.C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE N 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MICCOLIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIANPAOLO IMPAGNATIELLO;

– ricorrente –

contro

ACQUEDOTTO PUGLIESE SPA, in persona dell’avvocato A.V.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. COLOMBO 440, presso lo

studio dell’avvocato FRANCO TASSONI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1513/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato GIAMPAOLO IMPAGNATIELLO;

udito l’Avvocato FRANCO TASSONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza dell’11 gennaio 2011 il Tribunale di Lucera, sezione distaccata di Rodi Garganico, dopo avere disposto una consulenza tecnica d’ufficio, accoglieva la domanda di risarcimento dei danni derivati da invasione d’acqua di due appartamenti per rottura di una conduttura proposta dai loro proprietari D.C.F. e R.L. nei confronti di Acquedotto Pugliese S.p.A., che aveva resistito.

Avendo proposto appello Acquedotto Pugliese S.p.A. e, quale interveniente, Generali Business Solutions s.c.p.a., appello cui avevano resistito gli appellati, la Corte d’appello di Bari, dopo avere disposto una ulteriore consulenza tecnica d’ufficio, dichiarava inammissibile l’intervento e accoglieva parzialmente l’appello di Acquedotto Pugliese, riducendo il quantum risarcitorio.

2. Hanno presentato ricorso D.C.F. e R.L.; Acquedotto Pugliese si è difeso con controricorso. Sia i ricorrenti sia il controricorrente hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è articolato in due motivi.

3.1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 101,190 e 195 c.p.c.

Si osserva che la consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice d’appello nella relazione finale, depositata il 6 marzo 2017, dedica poco meno della metà (pagine 14-23) a rispondere alle osservazioni dei consulenti tecnici di parte, definite “controdeduzioni”. Si tratterebbe, in realtà, di una corposa aggiunta alla scarna relazione depositata il 31 gennaio 2017 prima delle osservazioni dei consulenti di parte, nella quale mancava pure la quantificazione dell’incidenza causale della rottura dell’acquedotto, effettuata solo nella versione definitiva. Sarebbe stato pure aggiunto un computo analitico dei lavori da svolgere per le riparazioni. Si sarebbe dunque compiuto un vero e proprio supplemento peritale, sul quale però “le parti (e i loro consulenti) non hanno avuto spazi di interlocuzione”.

Dopo il deposito di tale sostanziale supplemento, furono tenute due udienze: il 15 marzo e il 24 maggio del 2017, quest’ultima stabilita per la precisazione delle conclusioni. Alla prima occasione utile, cioè all’udienza 15 marzo 2017, gli appellati eccepirono la nullità della consulenza tecnica d’ufficio per violazione del contraddittorio, riproponendo ciò nelle precisate conclusioni: “nullità della ctu depositata successivamente alla scadenza del termine, con la conseguente pesante violazione dell’art. 195 c.p.c., comma 3 e del principio cardine del contraddittorio, per modo da precludere le controdeduzioni… Per tali ragioni, gli appellati hanno depositato solo in data 23.5.2017 la relazione di parte redatta dall’ing. I.F. e professor C.G. “. Queste osservazioni furono poi riprodotte nella loro comparsa conclusionale, nelle pagine 11-33 – trascritte nelle pagine 17-36 del motivo -. La corte territoriale nella sentenza le avrebbe ritenute inammissibili perchè tardive, sia in quanto depositate il 23 maggio 2017, sia come inserite nella conclusionale.

Sarebbe stato pertanto violato il principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.) nonchè violato l’art. 195 c.p.c., u.c. (per cui il consulente tecnico d’ufficio, in risposta alle osservazioni dei consulenti di parte, può solo aggiungere una loro “sintetica valutazione”) e l’art. 190 c.p.c. (non sussistendo limiti nella conclusionale alle mere difese). Coinvolti anche l’art. 24 Cost., comma 2 e art. 111 Cost., comma 2, si confuta poi il rigetto dell’eccezione di nullità effettuato dalla corte territoriale, adducendo che insorse un problema non di superamento del termine, bensì di introduzione di un vero e proprio supplemento della consulenza.

3.1.2 Perchè la denuncia di un vizio di rito sia sorretta dal necessario interesse – ovvero dal veicolo che introduce ogni questione nel thema decidendum -, occorre che si indichi come concretamente è stato leso il diritto di difesa di chi lo denuncia. Le violazioni di legge riconducibili al mezzo di impugnazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 attengono infatti a norme ontologicamente non autonome, bensì teleologiche in rapporto al principio cardine del processo, la tutela del diritto di difesa dei litigatores. E dunque, sia che si tratti di un vizio riconducibile al procedimento non considerato dal giudice nel provvedimento in cui il procedimento sfocia, sia che si tratti di un vizio proprio della stessa pronuncia del giudice, in conformità con il principio dell’economia processuale tradottosi nel canone costituzionale della ragionevole durata del processo (cfr. Cass. sez. 3, 23 febbraio 2010 n. 4340 e Cass. sez. 2, 7 febbraio 2011 n. 3024), non sussiste la tutela di un’astratta regolarità processuale, bensì una salvaguardia concretamente diretta a sopprimere uno specifico pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte denunciante quale conseguenza, appunto concreta, del cosiddetto error in procedendo.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte è del tutto consolidata in tal senso, soltanto una siffatta concreta lesione del diritto di difesa essendo idonea a giustificare la cassazione della pronuncia impugnata (cfr., oltre agli arresti già citati: S.U. 25 luglio 2006 n. 16898, Cass. sez. 2, 28 agosto 2002 n. 12594, Cass. sez. 1, 5 dicembre 2003 n. 18618, Cass. sez.2, 27 luglio 2007 n. 16630, Cass. sez. 1, 21 febbraio 2008 n. 4435, Cass. sez. 1, 19 marzo 2010 n. 6686, Cass. sez. 3, 7 ottobre 2010 n. 20811, Cass. sez. 3, 12 settembre 2011 n. 18635, Cass. sez.2, 30 dicembre 2011 n. 30652, Cass. sez. 3, 27 gennaio 2012 n. 1201, Cass. sez. 2, 27 settembre 2013 n. 22289, Cass. sez. 6-3, ord. 9 luglio 2014 n. 15676 e Cass. sez. 3, 7 aprile 2015 n. 6903).

3.1.3 Nel caso in esame, i ricorrenti adducono di non avere potuto contraddire: ma per far comprendere al giudice di legittimità in che cosa questo avrebbe influito sulla decisione della corte territoriale, e quindi che effetto concreto avrebbe apportato alla loro posizione di parte, assemblano al motivo tutte le osservazioni tecniche della nota 23 maggio 2017 (senza neppure indicare le specifiche criticità che potrebbero rinvenirsi rispetto a tali osservazioni nel ragionamento del giudice d’appello), onde il motivo diventa generico e sostanzialmente un tentativo di veicolare il merito, perseguendone un terzo grado.

Il motivo risulta pertanto inammissibile.

3.2.1 I secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione in ordine a fatto decisivo.

Il consulente tecnico d’ufficio, a pagina 14 dell’elaborato definitivo, avrebbe determinato nella misura del 33% la concausa di Acquedotto Pugliese, quantificando poi, però, il risarcimento abbattendo quello totale (di Euro 95.000) del 33% e quindi portandolo a Euro 62.700. In ciò sussisterebbe contraddittorietà della sua stima, perchè l’incidenza salirebbe al 66%. Il giudice d’appello avrebbe dichiarato di condividere le conclusioni della consulenza, ma dedotto dalla quantificazione del 33% dell’incidenza causale un danno di Euro 31.350, e non Euro 62.700, il che presupporrebbe causazione al 66%. La corte non avrebbe spiegato questa insanabile contraddizione, offrendo invece una motivazione apparente.

3.2.2 A prescindere dall’argomentazione non del tutto chiara del motivo, non può non rilevarsi che non sussiste omesso esame della concausazione nella sentenza impugnata – ovvero il vizio rappresentato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 cui fa riferimento la rubrica di questa censura -, nel paragrafo 3.c della motivazione, che si estende dalla pagina 6 alla pagina 9.

Qualora poi si voglia intendere – come a ciò sembra condurre la parte finale del motivo – la doglianza come denuncia di motivazione apparente, anche tale censura risulta infondata. Premesso che il motivo non descrive esattamente il contenuto della sentenza, deve osservarsi che a pagina 9, comunque, la corte territoriale conclude l’esame – ampio e dettagliato – della questione della sussistenza di concausa attribuibile all’appellato con la seguente frase: “Pertanto, la Corte ritiene di condividere pienamente le conclusioni del c.t.u…. secondo cui l’evento occorso (perdita d’acqua) abbia concorso a causare il totale dei danni riscontrati nella misura del 33% ma conseguentemente ritiene che, a carico dell’A.Q.P., debba essere posto il più ridotto l’importo di Euro 31.350,00 oltre IVA, e non già quello di Euro 62.700,00 indicato in perizia, che presupporrebbe invece che l’evento occorso abbia influito sul totale dei danni nella misura del 66%”. Dunque la corte territoriale (che prende le mosse dal rilievo che la concausa incide al 33%), in modo specifico e nient’affatto di stile, consente di intendere che nella relazione della consulenza ritiene presente un errore materiale (cioè una distrazione del consulente tecnico d’ufficio rispetto a quanto da lui stesso indicato), espressamente rilevando alla fine della frase che, altrimenti (ovvero seguendo il quantum indicato poi dal consulente) la concausa attribuibile all’appellato sarebbe salita al 66%.

Il motivo, pertanto, risulta infondato.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, sussistendo peraltro, vista la effettiva singolarità della vicenda processuale attinente alla consulenza tecnica d’ufficio, i presupposti di legge per la compensazione totale delle spese del grado.

Ricorrono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo articolo, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso compensando le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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