Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28023 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. I, 09/12/2020, (ud. 13/11/2020, dep. 09/12/2020), n.28023

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3287/2019 proposto da:

I.E., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico

n. 38, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6999/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/11/2020 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

I.E. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione in relazione a tutti gli istituti previsti.

Il Tribunale di Roma adito ebbe a rigettare il ricorso poichè non appariva credibile il racconto del richiedente asilo e comunque i contrasti familiari lumeggiavano una questione di natura privata, mentre non concorrevano le condizioni per la protezione umanitaria in difetto di allegazione di specifiche condizioni di vulnerabilità.

L’ I. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Roma, che ritenne l’impugnazione inammissibile poichè non rispettosa dei dettami ex art. 342 c.p.c..

Il richiedente asilo ha interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dal Collegio romano articolando cinque motivi, illustrato anche con nota difensiva.

Il Ministero degli Interni, ritualmente vocato, è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dall’ I. appare inammissibile.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione del disposto ex art. 342 c.p.c., poichè erroneamente, ed in contrasto con l’insegnamento di legittimità sul punto, la Corte capitolina ha ritenuto non specifici i motivi di gravame da lui mossi contro l’ordinanza resa dal Tribunale di Roma.

Il ricorrente, premesso richiamo all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte in tema di specificità dei motivi d’appello, pone in evidenza come il suo atto di gravame palesava tutti i requisiti di specificità negati dai Giudici romani, poichè indicava le norme ritenute violate e portava ampia argomentazione critica circa la ricostruzione fattuale e giuridica della fattispecie, siccome operata dal Tribunale.

Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta omesso esame della pericolosità della situazione socio-politica della Nigeria connotata da violenza diffusa, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con la terza ragione di impugnazione l’ I. rileva omesso esame delle sue dichiarazioni e delle allegazioni versate in causa ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con la quarta doglianza il ricorrente deduce violazione del disposto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, poichè la Corte capitolina non ha assunto adeguate informazioni – anche mediante attivazione della cooperazione istruttoria officiosa circa la situazione socio-politica del suo Paese d’origine.

Con la quinta doglianza l’ I. lamenta violazione delle norme e x art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria pur ricorrendone i requisiti richiesti dalla normativa in tema.

Il primo motivo di impugnazione appare generico eppertanto inammissibile e la conferma della statuizione circa l’inammissibilità del gravame, siccome ritenuto dalla Corte capitolina, importa l’irrilevanza degli altri mezzi d’impugnazione proposti, poichè afferenti il merito della questione.

Il Collegio romano ha puntualmente esaminato i motivi di gravame esposti dall’ I. e messo in rilievo le specifiche ragioni della loro genericità con appropriato richiamo all’insegnamento di recenti arresti di legittimità – in sintonia con la decisione assunta al riguardo da questa Corte a sezioni unite – in quanto non veniva svolta una critica ragguagliata alla motivazione esposta dal Tribunale sia in punto credibilità del racconto reso a giustificazione dell’espatrio ed effettiva zona di residenza in Nigeria, sia in punto esclusione del ricorrere di condizione di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

A fronte di detta puntuale argomentazione il ricorrente si limita a richiamare l’arresto delle sezioni unite circa l’esatta interpretazione del disposto ex art. 342 c.p.c., a ricordare d’aver indicato le norme violate ed asserire di aver svolto appropriata critica al ragionamento elaborato dal Tribunale a sostegno delle sue statuizioni.

Tuttavia il ricorrente nell’unico atto processuale appropriato, ossia il ricorso, non riporta le argomentazioni critiche avanzate con l’atto d’appello affinchè questa Corte sia messa in condizioni d’apprezzare la congruità o non della motivata statuizione della Corte capitolina e verificare la specificità dei mezzi di gravame proposti.

Dunque il ricorso pecca sul punto di non autosufficienza.

Inoltre l’argomento critico elaborato appare apodittico, poichè meramente fondato sull’affermazione della parte che il Collegio romano avrebbe malamente applicato la norma ex art. 342 c.p.c., siccome ricostruita da questa Corte a sezioni unite, senza un effettivo confronto con la pur specifica motivazione illustrata da parte del Giudice del gravame sul punto anche con puntuali richiami all’insegnamento di questo Supremo Collegio.

Difatti la specificità dei motivi d’impugnazione non riposa tanto sull’indicazione delle norme violate o delle statuizioni non gradite, bensì sull’elaborazione di argomentazione critica che illustri l’errore riscontrato nella motivazione elaborata dal Giudice, siccome in effetti insegna l’arresto ex Cass. SU n. 27199/17.

Alla declaratoria d’inammissibilità non consegue la condanna alla rifusione delle spese di lite verso l’Amministrazione poichè non costituta, mentre concorrono le condizioni di legge perchè il ricorrente versi l’ulteriore contributo unificato, ove dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

 

 

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