Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28022 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 31/10/2019), n.28022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2345/2018 R.G. proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Renzo Fausto

Scappini, Stefano Gattamelata e Renzo Cuonzo, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via di Monte Fiore, n. 22;

– ricorrente –

contro

Comune di Villafranca di Verona, rappresentato e difeso dall’Avv.

Andrea A. Chiarello, domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c.,

comma 2, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1192 della Corte d’appello di Venezia

depositata il 5 giugno 2017;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo;

uditi gli Avv.ti Renzo Cuonzo e Andrea A. Chiarello;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Patrone Ignazio, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il (OMISSIS), C.O., che percorreva, a bordo di un ciclomotore, una strada extraurbana di competenza del Comune di (OMISSIS), giunto in prossimità di una intersezione, impattava violentemente contro un autocarro e perdeva la vita.

Il padre del ragazzo, C.G., conveniva in giudizio il Comune di Villafranca, che chiedeva fosse condannato al risarcimento dei danni subiti, sostenendo che il sinistro si era verificato a causa della inadeguata segnalazione, mediante appositi cartelli stradali, del pericolo rappresentato dalla intersezione in cui si era verificato l’incidente.

Il Comune di Villafranca si costituiva direttamente all’udienza di prima comparizione, sostenendo che l’incidente si era verificato per colpa esclusiva della stessa vittima, la quale, procedendo a velocità sostenuta, non avrebbe dato la precedenza all’autocarro. Il Tribunale di Verona rigettava le domande formulate dall’attore. Quest’ultimo impugnava la decisione, ma la Corte d’appello di Venezia respingeva il gravame.

Contro tale decisione il C. ha proposto ricorso articolato in sette motivi, illustrati da successive memorie. Il Comune di Villafranca ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 101,112 e 167 c.p.c., nonchè degli artt. 2051 e 2054 c.c. In particolare, il ricorrente sostiene che il Comune di Villafranca, essendosi costituito tardivamente (all’udienza di prima comparizione), sarebbe decaduto dalla possibilità di introdurre un nuovo tema di discussione, ossia la circostanza che l’incidente ebbe a verificarsi per colpa esclusiva della giovane vittima. Di conseguenza, i giudici di merito – che, di fatto, hanno accolto questa linea difensiva – avrebbero violato le regole processuali relative alla immutabilità della domanda, nonchè il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato (dal momento che non avrebbero potuto pronunciarsi sull’eccezione, tardivamente proposta, dal Comune).

Il motivo è manifestamente infondato.

Il convenuto che non si costituisca nel termine stabilito dall’art. 167 c.p.c. decade dalla facoltà di proporre domanda riconvenzionale, di chiamare in causa un terzo e di sollevare le eccezioni sostanziali e processuali non rilevabili d’ufficio. La deduzione di una differente dinamica del fatto controverso, contrapposta a quella illustrata dall’attore, non costituisce una eccezione in senso stretto, bensì rappresenta l’esercizio di mere facoltà di difesa, non precluse al convenuto costituitosi tardivamente.

Pertanto, va esente dalla prospettata censura il capo della sentenza impugnata relativo alla ricostruzione della dinamica del sinistro.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 295 del 1992, art. 39 e del D.P.R. n. 495 del 1992, artt. 81,83,105,108 e 109 consistita nell’aver ritenuto che l’apposizione del solo cartello segnaletico dell’intersezione con precedenza a destra, posizionato a meno di 30 metri dall’incrocio, avesse esaurito gli obblighi che incombevano sul Comune di Villafranca ai sensi del codice della strada.

Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 61,62,191 e 194 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., consistita nell’aver demandato al consulente tecnico d’ufficio il compito di verificare non solo l’idoneità e la conformità alla legge della segnaletica stradale posta in prossimità del luogo del sinistro, ma anche il nesso causale tra l’eventuale insufficienza della segnaletica e la morte di C.O..

Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 2043,2051 e 1227 c.c., nonchè degli artt. 132,161 e 191 c.p.c. La censura riguarda l’accertamento della dinamica del sinistro e, in particolare, l’addebito della responsabilità esclusiva dello stesso alla giovane vittima, con l’esclusione della sussistenza di un nesso causale tra l’inadeguatezza della segnaletica stradale e l’incidente mortale.

Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe valutato in modo errato le testimonianze assunte nel processo, ritenendo che i testi avrebbero confermato che il ragazzo procedeva a forte velocità.

Tutti questi motivi sono volti, nel loro complesso, ad accreditare l’originaria tesi attorea, secondo cui la vera causa del sinistro non sarebbe addebitabile alla condotta di guida di C.O., bensì all’inadeguatezza della segnaletica stradale posizionata dal Comune di Villafranca in prossimità dell’incrocio.

Ed allora, partendo dalle censure contenute nel quinto motivo, si deve rilevare che la valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice di merito può essere sindacata in sede di legittimità, solo allorchè si deduca che quest’ultimo abbia posto alla base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Sez. 6 – L, ordinanza n. 27000 del 27/12/2016 – Rv. 642299). Per il resto, in tema di valutazione delle prove vale il principio del libero convincimento, che opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità.

Di conseguenza, l’accertamento della dinamica del sinistro si sottrae alle censure prospettate. Nè, d’altro canto, il ricorrente può validamente lamentarsi della circostanza che il mandato conferito al consulente tecnico d’ufficio si estendesse non solo alla verifica dell’eventuale inadeguatezza della segnaletica stradale, ma anche alla ricostruzione della dinamica del sinistro. Non solo la formulazione del quesito è riservata ad una valutazione del giudice di merito non sindacabile in questa sede, ma va pure detto che il quesito non ha affatto prodotto l’effetto di invertire l’onere della prova, non potendosi trascurare che, nell’azione per responsabilità extra contrattuale, tale onere gravava tutto sull’attore.

In conclusione, le doglianze in esame, lungi dal prospettare vere e proprie censure di legittimità, sono volte a contestare nel merito la ricostruzione della dinamica del sinistro compiuta dalla Corte d’appello. In quanto tali, sono inammissibili in questa sede.

Una volta accertata l’intangibilità dell’accertamento di merito compiuto dalla Corte d’appello in ordine all’effettiva dinamica del sinistro, deve rilevarsi come dallo stesso emerge la condotta di guida di C.O. rappresenta, da sola, la causa di verificazione del sinistro, e pertanto interrompe ogni eventuale nesso di causalità con la condotta commissiva pretesa del Comune.

Infine, si deve rimarcare che il segnale stradale posizionato in prossimità dell’intersezione era quello corretto.

La questione della distanza del segnale dall’incrocio è prospettata dal ricorrente in termini carenti di specificità ed autosufficienza, giacchè non contiene nessuna indicazione – nè diretta, nè indiretta – dell’accertamento o dell’elemento di prova da cui risulterebbe tale circostanza.

Peraltro, anche la pretesa violazione del codice della strada, secondo cui i segnali di pericolo devono essere posti a distanza non superiore a 25 metri, è prospettata in modo dubitativo: a pag. 20 del ricorso si parla di una “distanza di 30 metri cui era posto l’unico segnale di precedenza”, ma a pag. 19 precisa che detto segnale “era posto ad una distanza inferiore ai 30 metri dall’intersezione”.

In ogni caso, va ribadito che l’interruzione del nesso eziologico tra la pretesa inadeguatezza della segnaletica stradale e la verificazione del sinistro (la cui causa è stata accertata nella condotta di guida della stessa vittima) rende sostanzialmente superfluo l’esame di ogni censura relativa all’assenza o alla incompletezza dei segnali di preavviso e di pericolo.

Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente ripropone, per l’eventualità dell’accoglimento dei primi motivi, la domanda risarcitoria. Non si tratta, dunque, di una effettiva censura di legittimità. La riproposizione della domanda di merito resta, comunque, assorbita dal rigetto dei motivi principali.

Con il settimo motivo, il ricorrente deduce che, a seguito della cassazione della sentenza impugnata, dovrà essere rivisto anche il regolamento delle spese processuali dei gradi di merito. Si tratta quindi di un motivo subordinato all’accoglimento dei precedenti, sicchè il rigetto dei primi determina l’assorbimento dello stesso.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, ravvisandosi gravi ed eccezionali ragioni nella particolarità della vicenda.

Sussistono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

rigetta dei primi cinque motivi, assorbiti il sesto e il settimo. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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