Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28021 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. I, 09/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 09/12/2020), n.28021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16940/2019 proposto da:

L.K., elettivamente domiciliato in Roma, C.so Trieste n. 10,

presso l’Avvocato Emanuele Boccongelli, che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2171/2018 della CORTE di APPELLO di L’Aquila,

depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/11/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La Corte di appello dell’Aquila, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’appello proposto da L.K., nato in (OMISSIS), avverso il provvedimento di primo grado che aveva respinto il ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, avverso il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto – pur senza tacciare di non credibilità il racconto del richiedente che aveva riferito di essere fuggito perchè il padrone di casa lo aveva minacciato di denunciarlo alla Polizia se non avesse pagato i danni conseguiti ad un incendio scoppiato in casa – che non sussistevano gli estremi per il riconoscimento della protezione richiesta.

Quindi, quanto alla protezione sussidiaria richiesta ex art. 14, lett. c), ha affermato che non vi era una condizione oggettiva di pericolo direttamente riferibile alla zona geografica di provenienza, in quanto in Gambia non si ravvisava la presenza di un conflitto armato tale da comportare una minaccia individualizzata a danno del ricorrente (come risultava da fonti internazionali ampiamente citate).

Infine, ha denegato anche il permesso per motivi umanitari, poichè non ricorrevano le condizioni per la concessione, in difetto di situazioni di vulnerabilità oggettive o soggettive.

Avverso la suddetta pronuncia, il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato ad un mezzo e corroborato da memoria. Il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso è articolato in un unico motivo rubricato “Violazione delle norme di diritto che regolano la protezione internazionale”

Il motivo è formulato in modo estremamente generico, tanto che neppure indica le norme di legge asseritamente violate e le ragioni della pretesa violazione; il vizio genetico dell’atto di impugnazione non è sanabile con integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2, la cui funzione – al pari della memoria prevista dall’art. 378 c.p.c., sussistendo identità di ratio – è di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass. n. 21023 del 20/10/2020; Cass. n. 30760 del 28/11/2018; Cass. n. 24007 del 12/10/2017; Cass. n. 26332 del 20/12/2016); le censure poi non colgono puntualmente la ratio decidendi quanto alla richiesta dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e non appaiono quindi pertinenti e specifiche, dal momento che la Corte territoriale ha negato che i fatti riferiti potessero giustificare il riconoscimento della protezione internazionale all’uno e all’altro titolo, “a prescindere da qualsivoglia osservazione in merito alla sua attendibilità” (fol. 3 della sent. imp.) per cui la contestazione mossa dal ricorrente circa il giudizio di inattendibilità e implausibilità del racconto della vicenda personale non appare calzante alla fattispecie in esame.

Giova inoltre ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione internazionale sussidiaria, di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel Paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova e non su quello dell’allegazione (Cass. n. 13403 del 17/05/2019; Cass. n. 15794 del 12/06/2019; Cass. n. 21123 del 07/08/2019; Cass. n. 11312 del 26/04/2019; Cass. n. 11096 del 19/04/2019); quanto alla richiesta di protezione umanitaria il ricorrente non affronta e non confuta, tantomeno in modo puntuale e specifico, l’affermazione della Corte di appello circa l’insussistenza dei presupposti per la concessione della tutela nella situazione rappresentata; il ricorrente propone una critica di puro merito relativamente all’accertamento del fatto, inammissibile in sede di legittimità.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

 

 

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