Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28020 del 16/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28020 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 30128-2010 proposto da:
PAGLIA MAURO C.F. PGLMRA66C22H313K, in qualità di
titolare della TECNO DUE di PAGLIA MAURO, SABETTA
NICOLINO C.F. SBTNLN66A06H313M, in qualità di
titolare della EUROSERVICE di SABETTA NICOLINO,
domiciliati in ROMA, VIA SARDEGNA 69, presso lo
2013
2794

studio dell’avvocato IACOVINO VINCENZO, che li
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

CIARLA SIMONE C.F. CRLSMN83D47B519F, elettivamente

Data pubblicazione: 16/12/2013

domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 6, presso lo
studio dell’avvocato LUCARELLI FEDERICO,
rappresentato e difeso dall’avvocato FERRI ANTONIO,
giusta delega in atti;
– controri corrente

di CAMPOBASSO,

depositata

il 24/08/2010 R.G.N.

105/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 273/2010 della CORTE D’APPELLO

Udienza 3.10.2013, causa n. 15

n. 30128/2010

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Campobasso con sentenza n. 49/2009, in parziale accoglimento delle domande
proposte da Ciarla Simone nei confronti di Paglia Mauro titolare della impresa Tecno due e di
Sabetta Nicolino titolare dell’impresa Euro service, condannava quest’ultima impresa al
pagamento in favore del Ciarla della somma di euro 2.647,40 per differenze retributive
maturate da maggio 2003 a gennaio 2004, dichiarava l’illegittimità del licenziamento irrogato
al Ciarla il 16.5.2005 dalla Euro service di Sabetta Nicolino ed ordinava la reintegrazione del
Ciarla nel posto di lavoro con condanna al pagamento delle retribuzioni globali di fatto dal dì
del recesso a quella della reintegra. Rigettava le domande di differenze retributive per il
periodo 1.2.2004 al 16.5.2005. La Corte di appello di Campobasso con sentenza del 11.6.2010
rigettava l’appello del Ciarla e, in parziale accoglimento di quello dell’Euro service, limitava il
risarcimento alle retribuzioni non percepite dal dì del recesso a quello ( 30.12.2006) in cui era
cessata l’attività, oltre accessori. Revocava l’ordine di reintegrazione.
La Corte territoriale osservava che per il periodo maggio 2003 gennaio 2004 il Ciarla aveva
svolto mansioni identiche a quelle effettuate dopo la formale assunzione dell’1.2.2004 e
pertanto emergevano tutti gli indici della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato
anche per tale periodo. Circa il licenziamento dalla lettera di recesso del 16.5.2005 si evinceva
che al Ciarla era stato contestato di non essersi presentato in alcuni giorni al lavoro; tale
ipotesi era ontologicamente disciplinare alla luce della giurisprudenza di legittimità
concretandosi nell’addebito di una colpevole condotta del prestatore di lavoro e pertanto i
fatti dovevano ex art. 7 L. 300/70 essere previamente contestati, il che non era accaduto.
Circa il risarcimento del danno la deduzione dell’aliunde perceptum era stata sollevata
tardivamente solo in appello, così come solo in appello era stato prodotto il verbale di
conciliazione che documentava che al Ciarla era stato proposto di ritornare in azienda. Invece
fondata appariva la doglianza circa la limitazione dell’entità del risarcimento posto che era
emerso che la società aveva cessato l’attività il 30.12.2006. La richiesta di indennità sostitutiva
non era accoglibile in quanto era sostitutiva di una reintegrazione non più possibile al
momento in cui l’opzione era stata esercitata. Infondato era l’appello incidentale del Ciarla in
cui si chiedevano differenze retributive ( circa l’attività svolta in trasferta) in quanto
contrattualmente non dovute.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso il Mario Paglia e il Nicolino Sciabetta
con tre motivi; resiste il Ciarla Simone con controricorso.

R.G.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c. Non
era stata offerta la prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il Ciarla e la
Tecno Due.
Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha ricordato ( pag. 4 del prowedimento
di lavoro, mansioni, modalità organizzative per il raggiungimento dei cantieri, uso di attrezzi e
strumenti di lavoro non propri, ricezione di direttive da parte dei superiori rispetto a quelle
osservate dopo la formale assunzione. Pertanto sussistevano tutti gli elementi sintomatici della
natura subordinata del rapporto. La motivazione appare congrua e logicamente coerente;
mentre le censure sono assolutamente generiche in quanto, a parte il richiamo ai principi
generali in ordine alla distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato e circa
l’onere della prova, si contesta che la prova testimoniale avrebbe in realtà dimostrato
l’esistenza degli indici della subordinazione, ma tali prove non sono richiamate neppure
sinteticamente. La Corte di appello aveva peraltro già osservato che sul punto generico era
anche l’originario motivo di appello.
Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 2218 e 2119, della L.
n. 300/70 e n. 604/66 nonché degli artt. 421 e 437 c.p.c. relativamente all’omesso esercizio dei
poteri istruttori ex officio spettanti al Giudice del lavoro e comunque l’insufficienza della
motivazione sulla richiesta di ammissione e valutazione delle prove documentali. La
contestazione degli addebiti vi era stata attraverso il telegramma del 16.5.2005; il dipendente
non aveva richiesto di essere ascoltato e tale dovere di convocazione di per sé non gravava sul
datore di lavoro. La Euro service si era resa disponibile a richiamare in servizio il dipendente,
ma il Giudice non aveva acquisito il documento, non attivando i poteri ufficiosi.
Il motivo appare infondato in quanto il telegramma richiamato è quello che dispone il recesso
non l’atto con cui si muove la necessaria, preventiva, contestazione dei fatti addebitati ex art. 7
L. n. 300/70 in modo da dare al dipendente la possibilità di discolparsi. Essendo stato il recesso
già comminato parte intimata ha impugnato direttamente l’atto di risoluzione del rapporto,
essendo a quel punto del tutto incongruo chiedere di essere ascoltato posto che la decisione di
risoluzione era già avvenuta. Si è avuta, quindi, una evidente violazione della procedura
garantista fissata dalla legge n. 300/70. Circa la mancata acquisizione del verbale del 29.6.2005
la Corte di appello ha ritenuto tale produzione tardiva in quanto intervenuta solo in appello
mentre l’atto era disponibile ovviamente sin dal momento di introduzione del giudizio di primo
grado. La motivazione della sentenza impugnata sul punto appare congrua e logicamente
motivata in quanto il Giudice di appello ha giustificato adeguatamente l’esercizio del potere
discrezionale di acquisizione di nuovi documenti, nella fattispecie prodotti senza alcuna
ragione tardivamente.
Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2041 c.c.
nonché degli artt. 421, 345 e 437 c.p.c. in tema di eccezione di aliunde perceptum, nonché
l’omessa ed insufficiente motivazione del provvedimento impugnato.. La società aveva saputo
2

impugnato) che il Ciarla aveva osservato nel periodo contestato mansioni identiche per orari

di altri rapporti di lavoro solo il 16.2.2009. Era stata fatta richiesta tempestiva quando si era
appreso di un altro rapporto di lavoro.
Il motivo appare infondato. Parte ricorrente non dubita della giurisprudenza di legittimità
correttamente richiamata nella sentenza impugnata in ordine alla “tempestività di allegazione
della sopravvenienza”, ossia di necessaria allegazione delle circostanze relative

all’aliunde

perceptum nel primo atto difensivo utile successivo al momento in cui le stesse sono emerse (
cass. n.20500/2008; cass. n. 14131/2006). La Corte di appello ha osservato che l’eccezione era
circostanze così tardivamente allegate. Si sostiene, invece, che la Euro service aveva appreso
dell’attività lavorativa dell’intimato solo con la richiesta di accesso al Centro dell”impiego di
Campobasso del 16.2.2009, ma in piena evidenza questa è solo la data in cui parte ricorrente
ha richiesto l’ accesso e la documentazione, non la data in cui è venuta a conoscere della
circostanza dedotta tardivamente. Pertanto la Corte di appello ha correttamente valutato
come tardiva la produzione in mancanza di prova in ordine alla impossibilità di una produzione
tempestiva.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite- liquidate come al dispositivo —
seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per spese, nonché
in euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3.10.2013

stata sollevata solo in appello senza la dimostrazione di non avere appreso in precedenza le

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