Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2802 del 06/02/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 2802 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: ARMANO ULIANA

Data pubblicazione: 06/02/2018

SENTENZA
sul ricorso 5118-2016 proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato CARMINE
PUNZI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –

contro
COOPSETTE

SOC.

COOP.

IN

LIQUIDAZIONE

COATTA

AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario liquidatore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DEL
RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI

ALESSANDRA BELLETTI;
– controricorrente avverso la sentenza n. 3852/2015 del CONSIGLIO DI STATO,
depositata il 04/08/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/09/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
uditi gli Avvocati Antonio Punzi per delega dell’avvocato Carmine
Punzi e Gianluigi Pellegrino.
Fatti di causa
La Società Cooperativa COOPSETTE, in proprio e quale
mandataria dell’impresa LUNGARINI & Figli S.p.A, si è aggiudicata un
appalto da parte della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. per la
costruzione di una rete ferroviaria e nel corso del rapporto ha
avanzato delle riserve ,con nota del 29 marzo 2004 ,per i maggiori
oneri sostenuti a causa dell’abnorme e notoria lievitazione del costo di
mercato dei prodotti siderurgici negli anni 2004 ,2005 e 2006 .
Ha chiesto, pertanto, la corresponsione dell’adeguamento
compensativo ex art. 26, comma 4 e seguenti, della legge 11 febbraio
1994, n.109.
In ordine a tali riserve ,non riconosciute dalla RFI, la COOPSETTE
ha iniziato un giudizio davanti al Tribunale di Roma per ottenere la

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PELLEGRINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

condanna della RFI per i maggiori costi sostenuti a causa
dell’aumento ingiustificato del prezzo dei materiali ferrosi impiegati
nella realizzazione delle opere contabilizzate negli anni 2004, 2005,
2006 .
Il Tribunale di Roma, rigettata l’eccezione proposta dalla RFI di

ha condannato la RFI al pagamento della somma, accertata a mezzo
c.t.u. , di euro 2.082.270,42.
La RFI ha sollevato regolamento preventivo di giurisdizione e
questa Corte, con ordinanza n. 19567/2011, ha individuato nel
giudice amministrativo l’autorità competente per le controversie
inerenti l’adeguamento dei prezzi di cui all’articolo 26, comma 4 e
seguenti della legge n. 109 /1994 sul rilievo a ) che rappresenta una
ragionevole interpretazione della disposizione di deroga al prezzo
chiuso la sua attrazione al regime della revisione del prezzo anche per
quanto concerne la disciplina processuale; b ) che ad identiche
conclusioni deve pervenirsi ove si considerino l’identità della posizione
delle due parti contraenti nelle due distinte ipotesi della revisione e
dell’adeguamento prezzi; che, al contrario, appare inattendibile
un’interpretazione dell’art. 244, comma 3, d.Lgs. 06/163, nel senso di
attribuire una diversa e minore estensione dell’area della giurisdizione
esclusiva in tema di controversie sulla deroga al prezzo chiuso.
Il Tar Lazio, a cui la controversia è stata rimessa, ha accolto la
domanda, decisione modificata successivamente dal Consiglio di Stato
con sentenza n. 6221/2014 che ha rigettato la domanda della
Coopsette , sul rilievo che l’appalto rientrava nei settori speciali ai
quali non si applica in via analogica l’adeguamento compensativo di
cui all’articolo 26, comma 4 e seguenti ,della legge n. 109 /1994.
La Coopsette, per quello che qui oggi interessa, ha chiesto la
revocazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 6221/2014 per
errore di fatto, consistente nella omessa considerazione della

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difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ha accolto la domanda ed

circostanza che la Coopsette aveva fondato la propria pretesa anche
sulle specifiche pattuizioni negoziali che prevedevano l’applicabilità al
contratto in oggetto dell’art.26, comma 4,della legge 109/94.
Il Consiglio di Stato, con sentenza 3852 del 2015 ,ha revocato la
propria sentenza numero 6221 /2014 , sul rilievo della sussistenza

argomentazioni svolte dalla Coopsette in relazione alla valenza del
richiamo negoziale operato dalle parti all’articolo 26 della legge
numero 109 /94 .
Provvedendo in fase rescissoria , il Giudice della revocazione ha
rigettato l’appello principale proposto dalla RFI ed accolto l’appello
incidentale spiegato dalla COOPSETTE e di conseguenza ,in parziale
riforma della sentenza di primo grado, ha accertato il diritto della
Società COOPSETTE all’adeguamento dei prezzi secondo la disciplina
di cui alrarticolo 26, comma 4 e seguenti, della legge n.109/94,
condannando la RFI a pagare la somma di euro 2.082.270,41 oltre
accessori.
Avverso questa decisione ha proposto ricorso la RFI denunciando
il travalicamento dei limiti esterni ed interni della giurisdizione
amministrativa
Si è difesa con controricorso la Coopsette.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Ragioni della decisione

1.Con il primo motivo di ricorso si denunzia il superamento del
limite esterno della giurisdizione per essersi arrogato il Consiglio di
Stato una prerogativa spettante al legislatore nel ritenere dovuto, per
un appalto relativo ai settori speciali, l’adeguamento compensativo di
cui all’articolo 26, comma 4 e seguenti, della legge n.109 / 1994,
adeguamento previsto solo per gli appalti nei settori ordinari.

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dell’errore revocatorio per non aver considerato il Consiglio di Stato le

2.Con il secondo motivo si denunzia violazione del limite interno
della giurisdizione per travisamento della normativa di cui all’articolo
26 della legge n. 109 /94 ,determinante diniego di giurisdizione,
rilevante anche ex art. 24 Cost.
Sostiene il ricorrente che la pronunzia del giudice amministrativo

concreto, ma il travisamento di detta normativa si è risolto in un
vero e proprio diniego di giurisdizione, dunque nella violazione del
limite intrinseco della giurisdizione stessa .
3.Con il terzo motivo di ricorso si denunzia violazione del limite
interno della giurisdizione ,sul rilievo che il rinvio negoziale doveva
considerarsi fisso e non mobile ,in quanto la disposizione di legge
richiamata dalle parti era esattamente determinata ed individuata e la
successiva completa trasformazione della norma non poteva farsi
rientrare nel richiamo convenzionale operato dalle parti.
4.11 primo motivo di ricorso è inammissibile.
Secondo costante giurisprudenza di questa Corte in tema di
sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni giurisdizionali del
Consiglio di Stato, l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione
della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo
qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma
una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione
normativa che non gli compete. Cass. Sez. U, 12/12/2012, n. 22784
(Sez. U, 21 novembre 2011, n. 24411; Sez. U, 28 gennaio 2011,
n. 2068; Sez.U, 30 dicembre 2004, n. 24175; Sez. U, 15 luglio 2003,
n. 11091).
5. Nel caso in esame l’assunto secondo il quale il giudice
amministrativo avrebbe invaso la sfera di attribuzioni proprie del
legislatore, creando una norma di nuovo conio laddove nessuna
corrispondente disposizioni di legge sussisterebbe, non trova riscontro
alcuno nella motivazione dell’impugnata sentenza.

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non solo ha violato la normativa regolante la fattispecie del caso

Si rileva che l’errore di fatto riconosciuto dal Consiglio di Stato
nella decisione che ha determinato la revocazione della sentenza di
rigetto della domanda, è costituito dall’omesso esame del motivo di
impugnazione con cui la Coopsette aveva dedotto che l’applicabilità
dell’articolo 26 della L n.109/94 derivava da una serie di pattuizioni

meno dell’appalto ai settori speciali.
Il Consiglio di Stato, in sede rescissoria, ha affermato che,
dall’esame degli atti contrattuali stipulati tra le parti, si rileva che
esse hanno richiamato espressamente i meccanismi di adeguamento
del prezzo di cui all’articolo 26 , legge n.109 /94.Di conseguenza il
giudice amministrativo ha ritenuto che la volontà delle parti appare
chiara e da essa discende senz’altro l’applicazione della detta
disciplina al rapporto contrattuale in essere tra i due soggetti.
6.Inoltre il Consiglio di Stato ha ritenuto irrilevante l’eccezione
formulata da RFI circa il fatto che all’epoca della stipulazione degli
accordi, l’articolo 26 prevedeva solo l’adeguamento dei prezzo
all’inflazione e che solo successivamente l’articolo è stato novellato
dal legislatore che ha esteso i casi di revisione dei prezzi anche
all’ipotesi di lievitazione dei costi superiori al 10%.
Secondo i giudici amministrativi ,dal tenore letterale delle
pattuizioni intercorse fra le parti,emerge come la volontà delle stesse
fosse quella di rinviare al complesso dei sistemi di adeguamento dei
prezzi stabiliti dal legislatore per il settore dei contratti. Pertanto, ha
concluso il Consiglio di Stato , in virtù delle pattuizioni contrattuali
intercorse tra le parti deve applicarsi alla vicenda in oggetto l’articolo
26, comma 4 e seguenti della legge 109 /94.
7.Dal tenore della presente decisione si rileva che non vi è stata
un’affermazione relativa all’esistenza di una norma che prevede
l’applicabilità dell’articolo 26 ,comma 4 e seguenti , legge n.109/94 al
settore degli appalti speciali, ma che il Consiglio di Stato ha ritenuto

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disciplinanti il rapporto negoziale ,a prescindere dall’appartenenza o

che quando le parti, nell’ambito di un contratto d’appalto di opere
pubbliche ,fanno riferimento ad una norma legislativa ,nella specie,
l’art. 26, comma 4 ,della I. n. 109 / 1994 in tema di adeguamenti
compensativi, il contenuto della stessa viene recepito nella
dichiarazione negoziale formandone elemento integrante, sicché

con riferimento al contenuto della disposizione richiamata al momento
della stipula, e che le successive vicende della norma possono
spiegare influenza sul rapporto purchè le parti manifestino anche
tacitamente la volontà di tenerne conto .
8.Inoltre la ricorrente, nel, denunziare il travalicamento dei limiti
esterni della giurisdizione amministrativa, ripropone argomentazioni
relative al merito della decisione ,che non possono trovare ingresso
nel presente giudizio che attiene alla giurisdizione e di conseguenza
sono inammissibili.
Si ricorda che anche a seguito dell’inserimento della garanzia del
giusto processo nell’articolo 111 della Costituzione, il sindacato delle
Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale continua ad essere circoscritto al
controllo dei limiti esterni della giurisdizione del giudice
amministrativo, ovvero all’esistenza dei vizi che attengono all’essenza
della funzione giurisdizionale, e non al modo del suo esercizio, cui
attengono, invece, gli errori “in iudicando” o “in procedendo”.Cass,

Sez. U, ordinanza n. 11091 del 15/07/2003 .
9.11 secondo e terzo motivo di ricorso si trattano congiuntamente
per la connessione logico-giuridica che li lega e sono inammissibili.
La ricorrente non denuncia nella sua stessa prospettazione un
vizio relativo alla disciplina del riparto della giurisdizione. Infatti, la
pretesa violazione della giurisdizione viene argomentata con l’assunto
che il giudice amministrativo, nello svolgimento del giudizio sulla
legittimità del provvedimento amministrativo impugnato , sarebbe

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l’estensione e i limiti del contratto vanno individuati esclusivamente

pervenuto a negare la tutela giurisdizionale richiestagli sulla base di
una valutazione in iure errata, consistita nell’avere ritenuto che si
applicasse all’appalto in oggetto l’art.26 della legge 109/94 .
Si osserva che tale prospettazione non evidenzia in alcun modo
il rifiuto del Consiglio di Stato di esercitare la sua giurisdizione o che

esercizio. Evidenzia, invece, soltanto un asserito error in iudicando
che il giudice speciale avrebbe commesso nell’esercizio della sua
s

\\

giurisdizione.
10.11 cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte de
giudice, che provveda perché investito di essa e, dunque, ritenendo
esistente la propria giurisdizione e che nell’esercitarla applichi regole
di giudizio che lo portino a negare tutela alla situazione giuridica
azionata, si risolve soltanto nell’ipotetica commissione di un errore
all’interno ad essa e, se tale errore porta a negare tutela alla
situazione fatta valere, ciò si risolve in una valutazione di
infondatezza della richiesta di tutela.
11.Questa Corte ha affermato che in materia di ricorso per
cassazione avverso le sentenze del giudice speciale, integra il vizio di
rifiuto dell’esercizio della giurisdizione l’affermazione – contro la
“regola iuris” che attribuisce a quel giudice il potere di “dicere ius”
sulla domanda – che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio
è, in astratto, priva di tutela, allorché essa sia corredata dal rilievo
della estraneità di tale situazione non solo alla
propria giurisdizione ma anche a quella di ogni altro giudice, atteso
che, ove tale affermazione fosse, invece, accompagnata dal
riconoscimento dell’esistenza dell’altrui giurisdizione, ricorrerebbe
un’ipotesi di diniego della propria giurisdizione, l’uno e l’altro vizio,
peraltro, risultando i soli sindacabili dalla Corte di cassazione ex art
111, ultimo comma, Cost, diversamente dall’erronea negazione, in

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la sua decisione si sia risolta in un sostanziale diniego del suo

concreto, della tutela alla situazione soggettiva azionata. Cass, S,U ,
06/06/2017, n.13976.
12.11 terzo motivo è inammissibile poiché , sotto l’apparente
denunzia del travalicamento del limite interno della giurisdizione,
ripropone in sostanza un error in iudícando per aver ritenuto il giudice

anche a richiamare le successive modifiche dell’articolo stesso.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro
7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del
15% ,agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge
Ai sensi dell’art.13 comma1 quater del D.P.R. 115 del 2002,inserito
dall’art. 1, comma 17 della I. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Roma 12-9-2017
Il Consigliere estens.

CANCE
Paola Francesca

POLI

amministrativo idoneo il richiamo all’art.26 della legge n.109/94

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