Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28010 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. III, 14/10/2021, (ud. 12/04/2021, dep. 14/10/2021), n.28010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13633-2019 proposto da:

S.V., rappresentato e difeso da GIUSEPPE ALECCI, del

foro di Catania;

– ricorrente –

contro

N.G.M., rappresentata e difesa da SALVATORE LIUZZO,

del foro di Catania;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2595/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/04/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 12/4/2019 S.V. impugna la sentenza numero 1295 del 2015 emessa il 4 dicembre 2018 dalla Corte d’appello di Catania in un giudizio in cui il medesimo è stato condannato al risarcimento del danno a favore di N.G.M. in conseguenza della parziale perdita di godimento dell’immobile di sua proprietà, subita a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare riferibili a vizi dell’opera eseguita dal ricorrente in qualità di appaltatore di opere di rifacimento del lastrico solare condominiale. Il ricorso è affidato a cinque motivi. La intimata N.G.M. ha notificato controricorso in data 22 maggio 2019.

2. La controversia è stata trattata in sede di adunanza camerale fissata ex art. 380- bis c.p.c., n. 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in tema di disponibilità delle prove della corrispondenza tra chiesto e il pronunciato, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui la sentenza ha equiparato il danno subito dall’attrice a quello da occupazione sine titulo di un bene, ricorrendo a principi giuridici privi di attinenza con il caso concreto, e comunque operando un illegittimo travisamento dei fatti di causa. In sostanza si deduce che la Corte d’appello, nella parte in cui ha ritenuto che la presenza di danni nell’immobile realizzi una situazione equiparabile a un’occupazione sine titulo, abbia giudicato sulla base di prospettazioni diverse da quelle dedotte dalla parte e comunque in base a una situazione affatto diversa.

2. Con il secondo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 violazione o falsa applicazione degli artt. 2043,2056,1223,1226 e 2679 c.c. e la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si deduce in sostanza che il giudice abbia considerato un danno in re ipsa sull’assunto della inutilizzabilità dell’immobile per i danni provocati dalle infiltrazioni con argomenti giuridici errati e comunque in contrasto con la giurisprudenza, in violazione degli oneri probatori gravanti sull’attore in relazione al mancato utilizzo del bene realmente subito.

3. Con il terzo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 violazione e o falsa applicazione degli artt. 1226,1227 e 2056 c.c. – nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5 per l’omesso esame di un fatto decisivo. In sostanza si denuncia l’errata utilizzazione di un criterio di equità per la stima del danno, là dove la sentenza ha reputato equo stimare il pregiudizio nella misura del 25% del valore locativo dell’immobile, in assenza di prova.

4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.ex art. 360 c.p.c., n. 3 – nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. In sostanza il ricorrente deduce che, a fronte di un danno esiguo pari a Euro 2.176,00, non si sono spiegate le ragioni dell’attribuzione di una percentuale del risarcimento pari al 25% del canone locativo, benché la consulenza tecnica avesse chiarito che nell’appartamento, avente una superficie interna di m2146, la superficie dei soffitti da risanare coprisse appena 10 mq, con motivazione priva quindi di una motivazione logica.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in considerazione della soccombenza della resistente.

6. In via preliminare deve rilevarsi che il ricorso, per come è stato redatto, va dichiarato inammissibile per carenza dell’esposizione del fatto.

6.1. In esso si sostiene espressamente che “i fatti di causa sono così esposti nella sentenza impugnata” e, quindi, si riproduce fra virgolette quella che dovrebbe essere la ricostruzione della sentenza impugnata, ma, a parte che la riproduzione in due punti è interrotta da puntini sospensivi, quanto si riproduce non evidenzia in alcun modo, se non sommariamente: a) il tenore delle difese delle parti convenute; c) lo svolgimento del giudizio di primo grado; c) il tenore della decisione di primo grado; d) l’individuazione di chi propose appello ed in che termini e di chi vi si difese.

6.2. Si passa subito, dopo una generica enunciazione che allude alla decisione “di una tale controversia” con la sentenza impugnata, a riferire che il ricorrente sarebbe stato condannato al pagamento in favore della N. della somma di Euro 11.500,00, oltre interessi legali sino al soddisfo a titolo di risarcimento causato per la parziale perdita del godimento del suo immobile, con liquidazione di un importo corrispondente al 25% di un ipotetico canone locativo per il periodo dal novembre 2007 al maggio 2017, e ciò senza alcuna spiegazione. Di seguito si riportano brani della motivazione che poi risultano discussi nei motivi.

6.3. Il ricorso, pertanto, non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

6.4. Si sottolinea, ad abundantiam, che il ricorso è proposto dal ricorrente contro la sola N., quando da quel poco che si è riportato circa il giudizio risulta che esso abbia coinvolto anche altre parti, sicché l’esposizione risulta pure carente delle indicazioni che permettano a questa Corte di comprendere a quale delle norme degli artt. 331 e 332 c.p.c. la loro mancata evocazione si possa rapportare.

6.5. Poiché il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti, esso si dimostra pregiudizialmente inammissibile.

7. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente, oltre al raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 1600,00 oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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