Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2801 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 02/12/2016, dep.02/02/2017),  n. 2801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 18721/12) proposto da:

Avv. R.M. ((OMISSIS)), rappresentato e difeso da se

medesimo; con domicilio eletto presso la sua residenza in Roma, via

Fabio Massimo n. 60, giusta indicazione contenuta nella intestazione

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Condominio in (OMISSIS) (p.iva: (OMISSIS)), in persona

dell’amministratore pro tempore sig. M.A., a tanto

autorizzato in forza di Delib. Condominiale 21 settembre 2012;

rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Greco, giusta procura a

margine del controricorso; con domicilio eletto presso lo studio

dell’avv. Mario Pecoraro – in Roma, Largo Ponchielli 6, come da

intestazione sulla memoria ex art. 378 c.p.c., depositata il 14

novembre 2016;

– controricorrente –

nonchè nei confronti di:

spa ASSICURAZIONE “LA NAZIONALE”;

– parte intimata –

avverso la sentenza n. 176/2012 della Corte di Appello di Catanzaro,

deliberata il 1/02/12; depositata il 7/03/12; notificata il

23/05/12.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2

dicembre 2016 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Pietro Greco, per il contro ricorrente Condominio;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dr.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – R.M., proprietario di un appartamento sito al piano rialzato dello stabile sito in (OMISSIS), venne citato innanzi al locale Tribunale dal Condominio del quale faceva parte per sentir dichiarare la illegittimità dell’escavazione del sedime sottostante i locali di proprietà esclusiva e per sentir ordinare la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, avendo il convenuto ricavato due locali interrati, collegati al proprio immobile con una scala e successivamente locati a terzi in violazione del regolamento condominiale. Il R. si costituì eccependo l’inammissibilità dell’azione per carenza di legittimazione ad agire dell’amministratore, in mancanza di delibera di autorizzazione assembleare; nel merito affermò la liceità del proprio operato assumendo che i lavori intrapresi sarebbero stati necessari per lo sprofondamento del pavimento del proprio appartamento dovuto a perdita idrica dalle condotte fognarie condominiali, non altrimenti rimediabile; svolse domanda riconvenzionale per essere ristorato del costo dei lavori eseguiti. Chiese ed ottenne di chiamare in causa la compagnia di assicurazione la spa La Nazionale alla quale estese la domanda condannatoria.

2 – L’adito Tribunale accolse la domanda del Condominio e respinse quella del R.; tale pronuncia fu riformata dalla Corte di Appello di Catanzaro nella sola parte relativa al rigetto della domanda riconvenzionale, peraltro con una drastica riduzione dell’importo richiesto, parametrato non già al costo dei lavori intrapresi bensì al costo delle opere di tinteggiatura di alcuni locali dell’appartamento.

3 – La Corte del merito – per quello che ancora conserva di interesse in sede di legittimità – respinse innanzi tutto la eccezione di carenza di legittimazione dell’amministratore, affermando che l’attività dal medesimo intrapresa era a difesa delle cose comuni e quindi, a mente dell’art. 1130 c.c., n. 4, non abbisognava della previa autorizzazione assembleare; ribadì che, anche alla luce della consolidata interpretazione di legittimità, l’escavazione del sedime condominiale costituiva una sottrazione dell’area all’utilizzo comune à sensi dell’art. 1102 c.c.; giudicò infondata la tesi della necessità delle opere intraprese, in ciò richiamando le risultanze della consulenza tecnica di ufficio. Ritenne infine di compensare per un terzo le spese di lite, in ragione della minima soccombenza del Condominio.

4 – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il R., svolgendo cinque motivi di annullamento; ha resistito il Condominio con controricorso, illustrato da successiva memoria; la spa La Nazionale non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1- Il ricorrente assume innanzi tutto la nullità della gravata decisione in quanto non avrebbe contenuto la indicazione delle norme poste a suo sostegno, con ciò violando il disposto dell’art. 118 disp. att. c.p.c.: la censura è infondata in fatto – oltre ad essere sfornita di adeguata esemplificazione – perchè invece tali riferimenti – per nulla necessari al fine di individuare una causa di nullità della pronuncia sono stati operati dalla Corte calabrese.

p. 2 – Con il secondo motivo viene proposta la eccezione di carenza di legittimazione della persona fisica dell’amministratore che non coinciderebbe con quello effettivamente in carica al momento dell’introduzione del giudizio: dalla lettura della sentenza e mancando ogni riferimento al contenuto dell’appello, la questione appare nuova in quanto, come rilevato nella descrizione del fatto, la originaria eccezione sul punto si fondava sull’estensione dei poteri rappresentativi autonomi del vero amministratore e non già sull’usurpazione di detti poteri da parte di chi non lo sarebbe stato.

p. 3 – Con il terzo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1102; 1117, 1110 e 2043 c.c., nonchè vizio di motivazione – ricondotto in maniera indifferenziata a tutti e tre i profili contemplati dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella formulazione anteriore alla riforma operata con il D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012) – lamentando la parte ricorrente che è stato ordinato il ripristino dello stato dei luoghi senza approfondire la riconducibilità della fattispecie concreta ai confini applicativi dell’art. 1102 c.c.; in particolare la Corte del merito avrebbe omesso di indagare se i condomini potessero liberamente accedere ai nuovi locali; se questi ultimi fossero necessari per le esigenze comuni o non piuttosto fossero funzionali al solo godimento dell’appartamento al quale accedevano; ripropone altresì una rivisitazione delle prove testimoniali al fine di dimostrare che l’area di sedime non costituisse presuntivamente area condominiale à sensi dell’art. 1117 c.c..

p. 3.a – Il motivo è infondato perchè il terreno di sedime del fabbricato condominiale, in mancanza di titolo contrario, è funzionalmente a servizio esclusivo dell’edificio stesso e perchè la sua consistente alterazione (nello caso in esame fu effettuato uno scavo di metri 1,70 in profondità) è destinata potenzialmente ad incidere sulla statica del fabbricato: è del tutto irrilevante che i condomini non abbiano accesso a i nuovi vani in quanto la condominialità costituisce una qualitas rei ed il mancato accesso ai nuovi locali così inglobati nella proprietà singolare costituisce ulteriore dimostrazione della sottrazione ad un potenziale e concorrente uso comune. Più in generale, sulla sottrazione all’utilizzo dei condomini dell’area di sedime escavata da uno di essi, vedi ex multis: Cass. Sez. 2, n. 6154/2016; Cass. Sez. 2, n. 17141/ 2006; non dissonante rispetto al principio sopra esposto è Cass. Sez. 2, n. 19915/2014, stante l’incidenza della concreta fattispecie colà esaminata (escavazione di 60 cm di profondità) ad essere più approfonditamente esaminata in sede di rinvio (ibidem: “1.4.4. – Al contempo, la valutazione della destinazione della cosa, di cui è vietata l’alterazione, deve essere condotta in una prospettiva dinamica del bene considerato. Oggetto della tutela apprestata dall’art. 1102 c.c., è la preservazione della destinazione complessiva del bene comune, non la mera immodificabilità materiale dello stesso, e il relativo giudizio, che va formulato caso per caso, tenuto conto delle situazioni peculiari, si risolve in un giudizio di fatto sindacabile in sede di legittimità solo per limiti motivazionali”): nel caso attualmente in esame, al contrario di quello valutato da Cass. 19915/2014, vi è stata una valutazione specifica della Corte di Appello dell’incidenza funzionale dell’alterazione allo strato di sedime, in ragione della creazione di addirittura due vani, dati poi in locazione a terzi.

p.3.a.1 – La nuova valutazione delle prove per testi e della consulenza di parte non è ammissibile non solo perchè tenderebbe a far formulare un giudizio di fatto precluso in sede di legittimità, ma anche perchè non vengono riportati i contenuti delle circostanze sulle quali i testi hanno risposto nè le argomentazioni del consulente di parte a cui avrebbe necessariamente dovuto rispondere l’ausiliare e, quindi, il giudice dell’appello.

p. 4 – Con il quarto motivo il ricorrente lamenta un vizio di motivazione per non aver ricevuto ristoro per le spese sostenute per le opere intraprese: la censura è inammissibile per genericità degli assunti ed è anche assorbita dalla negazione della liceità delle opere stesse, così che correttamente la Corte del merito ha riconosciuto solo un limitato ripristino, relativo alle sole spese di risanamento dei locali del ricorrente, risultati ammalorati dall’umidità di risalita.

p. 5 – Con il quinto motivo viene censurata la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., laddove si è decisa la parziale compensazione delle spese di lite mentre avrebbe dovuto essere disposta la totale elisione delle stesse: l’esito del ricorso e la non sindacabilità della solo parziale compensazione, rende il motivo del tutto infondato, anche sotto il profilo del vizio di motivazione.

p. 6 – La regolazione delle spese del giudizio di cassazione segue le regole dalla soccombenza, secondo la liquidazione indicata in dispositivo.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della parte contro ricorrente, liquidandole in Euro 3.700 di cui Euro 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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