Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28008 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14165/2018 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA,

40, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ALLEGRA, rappresentato e

difeso dall’avvocato RENZO BRIGUGLIO;

– ricorrente –

contro

C.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONINO CRISAFULLI;

– controricorrente –

e contro

C.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 182/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 28/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/06/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

con ricorso depositato nell’aprile 2010, L.F. agì in giudizio nei confronti di C.G. e C. per ottenere l’indennizzo che assumeva essergli dovuto per i miglioramenti apportati ad un fondo rustico detenuto in colonia, dando atto di aver rilasciato il fondo (nel 2007) e di aver inutilmente avviato la procedura di conciliazione;

si costituì C.G., eccependo la prescrizione del diritto all’indennizzo in quanto il rapporto di colonia era scaduto nel 1994;

il Tribunale ritenne infondata l’eccezione di prescrizione e accolse parzialmente la domanda, per l’importo di 23.895,58 Euro;

proposto gravame dal C. e costituitosi in giudizio L.D. (in qualità di erede dell’originario ricorrente), la Corte di Appello ha riformato la sentenza ritenendo che fosse maturata la prescrizione decennale (decorrente dalla scadenza legale della colonia) e affermando che, in ogni caso, l’impugnazione non avrebbe potuto trovare accoglimento nel merito, “avuto riguardo allo stato di vetustà, di totale abbandono delle opere realizzate sul fondo” necessitanti di “consistenti e costosi interventi manutentivi” e tali da non arrecare al fondo “alcuna utilità indennizzabile”;

ha proposto ricorso per cassazione L.D., affidandosi a tre motivi illustrati da memoria; ha resistito, con controricorso, C.G..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il primo motivo denuncia la violazione e la falsa o errata applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 17, comma 2 e degli artt. 2934,2935 e 2946 c.c., in ordine alla dichiarata prescrizione, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: il ricorrente rileva che, in difetto di richiesta di rilascio da parte dei concedenti, il rapporto era proseguito fino al 2007, quando il fondo era stato rilasciato, e assume che la “cessazione del rapporto” da considerare ai fini della decorrenza della prescrizione “coincide con il momento di effettivo rilascio del fondo e non con il momento di formale scadenza del contratto; richiama, al riguardo, Cass. n. 25140/2008 (che ha affermato, fra l’altro, che il momento di cessazione del rapporto è “nozione fattuale” e che “alla cessazione si riconnette, geneticamente, il rilascio del fondo”) e sostiene che la prescrizione non era maturata nè in riferimento alla data di rilascio indicata dal colono (2007) nè in relazione alla diversa data di cessazione della detenzione indicata dal convenuto (settembre 2000), in quanto il termine prescrizionale era stato interrotto dall’esperimento del tentativo di conciliazione e comunque – dalla proposizione della domanda giudiziale;

Il motivo è fondato;

premesso che la L. n. 203 del 1982, art. 17, comma 2 (al quale l’art. 38 della stessa legge rinvia anche per i contratti associativi non convertiti in affitto) stabilisce che l’affittuario che abbia eseguito i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni di cui dell’art. 16, comma 1 “ha diritto ad un indennità corrispondente all’aumento del valore di mercato del fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento di cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato”, si tratta di stabilire se il “momento di cessazione del rapporto” vada individuato in quello della sua scadenza legale o in quello di effettiva cessazione, ossia di rilascio del fondo, ove quest’ultimo non coincida con quello di scadenza legale;

al riguardo, deve condividersi la linea interpretativa risultante dal precedente richiamato dal ricorrente (Cass. n. 25140/2008), che evidenzia la necessità di fare riferimento al momento di effettiva dismissione del fondo, tenuto conto della necessità di rapportare a tale momento la verifica della sussistenza/persistenza dei miglioramenti e di stimare l’eventuale aumento del valore di mercato del fondo rispetto al valore attuale di mercato del medesimo fondo non trasformato;

in effetti, tale precedente sottolinea la necessità di tener conto della cessazione del rapporto agrario come “dato fattuale”, affermando che, “laddove il rapporto non venga dismesso alla scadenza (o alla anticipata risoluzione), perchè questa è controversa, il momento in questione non può non essere che quello della data fissata per il rilascio nella sentenza che pronunzia tale condanna” e aggiungendo che “è in siffatto momento, infatti, che il proprietario/concedente può coattiva mente ottenere il rilascio del fondo e al contempo il conduttore far valere ivi il diritto al compenso per le migliorie, ancorandosi così ad esso il momento della determinazione dell’indennità, quale allora “risultante dovuta””;

in caso di non coincidenza fra scadenza del rapporto e effettivo rilascio, tale pronuncia privilegia dunque il secondo momento al fine di determinare il quantum della indennità (ossia per quantificare l’aumento del valore di mercato del bene oggetto dei miglioramenti), evidenziando che, in tal modo, si “concilia il momento formale dell’obbligo di rilascio con quello sostanziale del valore delle migliorie”, consentendosi “una più agevole e, in certo qual modo, attuale determinazione della indennità”;

non vale a inficiare la pregnanza di tali conclusioni la circostanza – evidenziata dalla Corte di Appello – che nel caso in esame non vi è stata alcuna controversia circa la scadenza legale ed è mancata la condanna giudiziale al rilascio (sì da farne conseguire la coincidenza fra la cessazione del rapporto di colonia e la sua scadenza legale);

deve infatti ritenersi che ciò che rileva è che vi sia stato uno sfasamento temporale fra la scadenza legale e la dismissione del fondo (a prescindere dalle sue ragioni), tale da comportare la necessità di verificare la persistenza dei miglioramenti al momento del rilascio e di stabilirne l’entità, con riferimento al valore di mercato “attuale” del fondo non trasformato;

nella stessa linea si pone Cass. n. 2037/1994, secondo cui “l’affittuario ha diritto al pagamento della indennità per i miglioramenti apportati al fondo rustico da lui condotto in locazione solo dal momento della cessazione del rapporto, e non mentre è ancora nel godimento del fondo, usufruendo dei miglioramenti, con la conseguenza che alla data di cessazione del rapporto, ai sensi della L. 17 maggio 1982, n. 203, art. 17, comma 2, deve aversi riguardo per la determinazione della predetta indennità nella misura corrispondente alla differenza tra l’attuale valore di mercato del fondo non trasformato ed il valore conseguito dal fondo in seguito ai miglioramenti; pertanto solo dalla predetta data l’affittuario ha diritto agli interessi legali sul relativo credito”; analogamente Cass. n. 26504/2009 evidenzia la necessità “che il rapporto di affitto sia cessato, sicchè solo alla data della cessazione di esso è possibile operare il calcolo in questione, a meno che le parti non abbiano diversamente convenuto;

deve dunque ritenersi che è proprio la necessità di accertare se, al momento della restituzione del fondo, lo stesso presenti, per effetto dei miglioramenti, un valore di mercato superiore a quello “attuale” del medesimo fondo non trasformato a comportare che la verifica dell’esistenza dei miglioramenti e la quantificazione dell’indennità avvengano in riferimento alla data dell’effettivo rilascio ove la stessa sia successiva a quella della scadenza legale del rapporto;

da ciò consegue che il termine prescrizionale del relativo diritto non può che decorrere dall’effettivo rilascio del fondo (cfr. Cass. n. 16827/2003), coincidente col momento in cui dev’essere accertata la spettanza dell’indennità e deve esserne quantificato l’importo;

la Corte di rinvio dovrà pertanto verificare se il termine prescrizionale decennale sia o meno maturato avendo riguardo alla data di rilascio del fondo;

col secondo motivo, il L. deduce “violazione di legge ed omessa o errata valutazione in ordine alla sussistenza dei miglioramenti fondiari limitatamente alle opere strutturali (terrazzamenti, muri di sostegno, opere di irrigazione, fabbricato rurale)”, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: si duole che la Corte di merito abbia escluso la indennizzabilità dei miglioramenti senza tener conto delle risultanze della c.t.u. che aveva accertato “il discreto stato di conservazione ed utilizzo dei miglioramenti dal punto di vista strutturale”;

il motivo, che investe la seconda ratio decidendi, ossia quella secondo cui non sarebbe risultata provata “alcuna utilità indennizzabile”, risulta fondato sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi; la Corte, infatti, si è limitata a considerare l’insuscettibilità del ripristino del limoneto e lo stato di vetustà e di danneggiamento di parte delle opere, senza tuttavia spiegare come possano non avere un qualche valore i miglioramenti strutturali riscontrati dal c.t.u. e dichiarati dallo stesso in “discreto stato di conservazione”, in tal modo omettendo del tutto di esaminare un fatto potenzialmente decisivo della controversia;

il terzo motivo contesta – sotto il profilo della violazione dell’art. 91 c.p.c. – la disposta condanna del L. al pagamento delle spese di lite quale conseguenza dell’erroneità delle affermazioni relative alla intervenuta prescrizione e alla non indennizzabilità delle migliorie;

il motivo – che si limita ad auspicare una revisione del regime delle spese quale conseguenza della fondatezza dei primi due motivi- resta assorbito;

la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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