Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28006 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3293/2018 proposto da:

C.S., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGI FUSARO;

– ricorrente –

e contro

S.U., S.P., CO.AN.,

M.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1163/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato nel luglio 2008, C.S. evocava in giudizio Co.An., M.A.Sangermano Umile e. M.M. per ottenere il riscatto, in suo favore, i sensi della L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 5, di un terreno che era stato oggetto di vendita da parte di Co.An. e M.A. in favore di Sangermano Umile e. M.M. con atto pubblico del 23 marzo 2008. Aggiungeva di essere proprietario di un terreno confinante, dove svolgeva l’attività di coltivatore diretto e di avere ricevuto una lettera raccomandata in data 3 gennaio 2008 con allegata copia di un contratto preliminare relativo al terreno in questione, ma privo del nominativo del promissario acquirente. Lamentava che la mancata indicazione del promissario acquirente rendeva inefficace la denuntiatio con la possibilità di richiedere il riscatto del terreno;

S.U. e Ma.Ma. si costituivano eccependo il difetto di legittimazione passiva di Ma.Ma., per non avere questa partecipato al negozio di compravendita e nel merito, la validità della comunicazione e l’insussistenza, in capo all’attore, dei requisiti soggettivi. Si costituivano, altresì, Co.An. e M.A. allegando le medesime ragioni;

il Tribunale di Cosenza, sezione distaccata di Acri, con sentenza del 1 febbraio 2010 rigettava la domanda;

avverso tale sentenza proponeva appello C.S. lamentando l’errore del Tribunale nell’avere ritenuto valida la comunicazione inviata con raccomandata e per avere omesso di valutare la circostanza della corresponsione, da parte dei promissario acquirente, di una parte del prezzo già prima della sottoscrizione del preliminare, con ciò violando gli obblighi derivanti dalla prelazione. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe mancato di dichiarare la nullità del preliminare per mancanza del requisito dell’accordo delle parti, a causa della assenza del nominativo dell’acquirente. Infine, il Tribunale avrebbe applicato in maniera estensiva la L. n. 590 del 1965, art. 8, che limita il diritto di alienazione del proletario venditore, anche con riferimento ad un preliminare privo delle indicazione dell’acquirente;

si costituiva S.U. eccependo l’inammissibilità dell’appello per avvenuta acquiescenza ai sensi dell’art. 329 c.p.c. e la nullità della notifica eseguita nei confronti di Ma.Ma. per intervenuto decesso. Si costituiva Co.An. che contestava nel merito le censure;

la Corte d’Appello, dichiarava la contumacia di M.A., rinnovava la notifica nei confronti degli eredi di Ma.Ma., a seguito della quale si costituivano in giudizio S.U. e P. nella qualità di eredi;

con sentenza del 20 giugno 2017 la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’impugnazione compensando le spese di lite. La Corte territoriale rilevava che la notifica al coltivatore era stata regolarmente effettuata con la forma scritta e che l’allegazione di un preliminare con indicazione dell’oggetto, della sottoscrizione delle parti e delle modalità di pagamento del prezzo era sufficiente per consentire ai confinanti di esercitare il diritto di prelazione, costituendo l’individuazione del promissario acquirente, un profilo ininfluente per il C., come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione C.S. affidandosi a cinque motivi. Le parti intimate non svolgono attività processuale in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 e della L. n. 817 del 1971, artt. 7 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, la raccomandata contenente il solo preliminare di vendita non avrebbe potuto essere considerata una valida denuntiatio perchè priva della proposta di alienazione e il preliminare inviato mancava del nominativo dell’acquirente. L’orientamento più recente della giurisprudenza ritiene che tale atto abbia natura di proposta contrattuale tesa a garantire l’effettività della prelazione;

con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 1321,1325,1326,1351 e 1301 c.c. e la nullità del contratto preliminare in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La denuntiatio avrebbe dovuto essere effettuata con lettera raccomandata contenente anche la proposta di vendita. Al contrario, nel caso di specie, la raccomandata era costituita dal semplice contratto preliminare di compravendita, privo del nominativo dell’acquirente;

i motivi possono essere trattati congiuntamente perchè strettamente connessi e sono in parte inammissibili ed in parte infondati;

ricorre innanzitutto l’inammissibilità, perchè le censure, dedotte in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, vertono tutte sul contenuto della raccomandata inviata ai sensi della L. n. 590 del 1965, art. 8, che non è in alcun modo trascritta o allegata o individuata nella sua collocazione nell’ambito del fascicolo di ufficio;

in secondo luogo, la questione posta con il ricorso riguarderebbe oltre che l’assenza del nome dell’acquirente nel contratto preliminare anche (da quello che è dato comprendere), una mancanza o l’insufficienza del testo della raccomandata e cioè la proposta di alienazione (pagina 12 del ricorso). Tale profilo non è trattato dalla Corte territoriale e la sentenza nel riportare i motivi di appello, si interessa esclusivamente della forma scritta e del contenuto del contratto preliminare. Pertanto, in difetto di allegazione, la questione deve ritenersi nuova, non avendo parte ricorrente allegato o trascritto il corrispondente motivo di appello;

la questione è, comunque, infondata. La Corte presume, dal tenore complessivo del ricorso, che l’atto al quale sì intende fare riferimento è un contratto preliminare per persona da nominare. Questa Corte ha affermato, anche recentemente (Cass. Sez. 3 n. 8454 del 27/03/2019), che in tema di prelazione agraria, il contratto preliminare che il proprietario, ai sensi della L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 4, è tenuto a notificare al coltivatore diretto del fondo confinante, può essere anche stipulato “per sè o per persona da nominare”, in quanto il proprietario finitimo, a differenza del colono o dell’affittuario coltivatore diretto del fondo, non ha interesse a conoscere l’esatta identità dell’acquirente, non subentrando in alcun rapporto giuridico con il nuovo proprietario del fondo;

con il terzo motivo si deduce la violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 e della L. n. 817 del 1975, e dell’art. 12 preleggi, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte d’Appello avrebbe applicato la legge attribuendole un senso diverso da quello fatto palese dal significato proprio delle parole. Sotto altro profilo la decisione della Corte sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto sufficiente la concisa motivazione del Tribunale che ha ritenuto valida la raccomandata inviata dalle originarie convenute;

la censura è assorbita dalle argomentazioni oggetto dei precedenti motivi, mentre i rilievi riferiti alla decisione di primo grado sono superati dalle argomentazioni adottate dalla Corte territoriale che, con autonoma motivazione, richiamando anche la giurisprudenza in materia, ha affermato la validità della denuntiatio ex art. 8;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; nulla per le spese perchè la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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