Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28003 del 16/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 28003 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 418 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2010, proposto:
DA
SANTAGATA PIETRO,
ANNA,

SANTAGATA ANGELO e MAZZITELLI

SANTAGATA

elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio

Titomanlio alla Via Terenzio n. 7, con gli avv.ti Raffaele
De Bonis Cristalli e Orazio Abbamonte, che li rappresentano
e difendono, anche disgiuntamente, per procura a margine del
ricorso notificato il 23 dicembre 2009.


Data pubblicazione: 16/12/2013

RICORRENTI PRINCIPALI
CONTRO
COMUNE DI POTENZA,

in persona del

sindaco p.t.,

Brigida Pignatari dell’Ufficio Legale dell’ente, presso il
quale elettivamente domiciliano in Potenza, alla Contrada S.
Antonio La Macchia, come da procura a margine del
controricorso con ricorso incidentale notificato a mezzo
posta il 21 gennaio 2010.
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n.
59/09, del 27 gennaio – 3 marzo 2009, notificata al
difensore dei Santagata avv. De Bonis in data 26 ottobre
2009. Udita, all’udienza del 5 novembre 2013, la relazione
del Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Orazio
Abbamonte per i ricorrenti e il P.M., in persona del
sostituto procuratore generale dr. Immacolata Zeno, che
conclude per l’inammissibilità del primo motivo del ricorso
principale e l’accoglimento del secondo motivo di esso, con
assorbimento degli altri motivi di detto ricorso e con il
rigetto del primo motivo di quello incidentale, che comporta
assorbimento degli altri motivi.
Svolgimento del processo
2

rappresentato e difeso dagli avv.ti Concetta Matera e

Con citazione notificata il 12 marzo 1987, Pietro Santagata,
Angelo Santagata e Anna Mazzitelli Santagata, premesso di
avere ceduto a titolo gratuito al Comune di Potenza con due

mq. 675, in Catasto Terreni a F. 19, P.la 258 e che tale
contratto era nullo perché privo dei requisiti di legge,
conveniva in giudizio l’ente locale dinanzi al Tribunale
della stessa città perché, dichiarata la nullità che
precede, condannasse il comune convenuto a risarcire gli
attori del danno subito per tale condotta.
Il risarcimento chiesto ammontava al valore venale dell’area
occupata senza titolo dall’ente locale e alla perdita di
valore del reliquato, avendo il Comune di Potenza utilizzato
e trasformato solo in parte detto suolo con alloggi per i
terremotati del sisma del 1980 in Basilicata.
Il Comune di Potenza si costituiva, deducendo di avere
corrisposto agli attori, per la cessione del suolo, la
facoltà di edificare sul residuo suolo e il locale
Tribunale, con sentenza non definitiva del 30 novembre 1991,
dichiarava nulla la cessione di cui alla citazione, perché
priva di causa, affermando che il comune doveva restituire
agli attori le aree di cui sopra ovvero pagare il valore
dell’area occupata, liquidato in E 20.400.000 (mq. 510 X £

atte del 23 luglio 1982, un suolo edificabile in Potenza di

a

40.000 a mq.), pari all’arricchimento di cui si era giovato
il comune e all’indennità di espropriazione che questo
avrebbe dovuto pagare.

tribunale stabiliva che la somma da pagare doveva liquidarsi
nell’arricchimento fruito dal comune e per la natura di tale
credito ritenuto di valore, fissava in £. 49.776.000 la
somma rivalutata alla data della decisione (1997) con
coefficiente 2,44, in base a un prezzo di circa £ 97.000 a
mq. alla data della sentenza, da corrispondere agli attori,
con gli interessi di legge dalla domanda al saldo.
Gli attori proponevano appello contro la sentenza di cui
sopra, deducendo che il prezzo fissato in primo grado era
ragguagliato ad un indice di edificabilità inferiore a
quello effettivo e che il terreno aveva valore maggiore di
quello deciso dal tribunale, mentre l’ente locale era tenuto
a pagare anche il suolo non occupato con la costruzione
degli alloggi di cui sopra.
Anche il Comune di Potenza impugnava la sentenza del
Tribunale e, chiesta la riunione dei due giudizi, eccepiva
l’inammissibilità per tardività dell’avverso gravame
principale, ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. e,
contestata l’esistenza di un indebito oggettivo a base della
4

Con pronuncia definitiva del 31 dicembre 1997, lo stesso

I

domanda della controparte, che avrebbe dovuto chiedere solo
il risarcimento del danno per occupazione illecita del suo
terreno, affermava che alla controparte spettava meno di

questo sul valore venale delle aree occupate e non dovendosi
agli appellanti gli interessi riconosciuti in primo grado,
per lo stato di dissesto del comune nelle more da questo
dichiarato ai sensi di legge.
La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 59 del 27
gennaio – 3 marzo 2009 notificata come sopra precisato,
accoglieva parzialmente gli appelli riuniti delle parti e
condannava il Comune di Potenza a pagare alla controparte E
8.061,89, con rivalutazione monetaria dal 30 giugno 1984 al
saldo e gli interessi legali sulle somme via via rivalutate
e su C 8.660,25 dal luglio 1982 al 30 giugno 1984 al tasso
di legge vigente, dovuti per la maggiore superficie occupata
per i lavori, compensando in parte le spese di causa tra le
parti, e ponendole nel resto a carico del Comune di Potenza.
Nulla era riconosciuto a favore degli appellanti, per l’area
rimasta in loro proprietà e non utilizzata dall’ente locale,
e la sentenza, rilevato che il Comune aveva precisato che la
sua domanda di rimborso delle somme versate in eccesso alle
controparti per l’occupazione, era divenuta, con l’appello
5

quanto proposto dal c.t.u., essendo errate le conclusioni di

delle controparti, richiesta 5i quest4 del risarcimento del
danno per l’occupazione illecita del loro terreno, per
essere illegittimo il procedimento ablatorio in assenza dei

della L. n. 2359 del 1865), affermava che l’azione aveva la
sua causa petendi in una occupazione illecita, usurpativa o
senza titolo.
Affermato che in tal modo si era avuta un ammissibile
mutamento della domanda originale di risarcimento del danno
da occupazione appropriativa o per pubblica utilità in
quella da occupazione usurpativa, la Corte di merito
riconosceva il danno da risarcire nel valore venale delle
aree occupate senza titolo, che in primo grado si erano
ritenute edificabili erroneamente, mentre tali non erano, in
quanto solo per il vincolo preordinato all’esproprio, esse
erano state destinate alla realizzazione di alloggi per i
terremotati del 1980, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Tale vincolo, anche se conformativo e idoneo a dar luogo ad
una destinazione edificabile dei terreni, non poteva
assumere rilievo nel caso, per qualificare edificabili i
suoli occupati e per determinare il risarcimento dovuto,
rilevando solo a tal fine la loro destinazione urbanistica
anteriore all’occupazione e all’intervento ablatorio.
6

termini di durata del procedimento e dei lavori (art. 13

Il danno è stato quindi liquidato nel valore delle aree come

gr

non edificabili, entro i limiti e modi già indicati*

la

cassazione di tale sentenza, i due Santagata e la Mazzitelli

principale di quattro motivi notificato il 23 ottobre 2009,
cui replica, con controricorso notificato a mezzo posta il
21 gennaio successivo e illustrato da memoria, il Comune di
Potenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., devono in via preliminare
riunirsi i due ricorsi proposti contro la stessa sentenza.
1.

Sul piano

logico è preliminare

l’eccezione di

inammissibilità dell’appello degli attuali ricorrenti, già
proposta dal Comune di Potenza in secondo grado in via
incidentale e ripetuta da questa parte con il primo motivo
del suo ricorso incidentale per cassazione.
Su tale eccezione nulla ha decisola CortA d’appel4 o, per
,

cui la stessa può ritenersi tacitament

rigettata, con

statuizione che il Comune considera errata e da riformare.
L’eccezione denuncia una pretesa violazione del termine
breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. dal Comune di
Potenza, per avere l’ente locale proposto il suo appello con
atto notificato il 12 febbraio 1999, oltre i trenta giorni
7

Santagata di cui in epigrafe propongono ricorso in via

dalla notificazione in forma esecutiva della sentenza al
sindaco della città in persona propria, avvenuta il 29
maggio 1998.

quale organo del Comune, e non al difensore dell’ente locale
ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e, ad avviso del Comune di
Potenza, la predetta notificazione non poteva che aver dato
luogo alla decorrenza del termine breve di trenta giorni per
impugnare violato dalle controparti, che non avevano
proposto gravame entro tale termine.
Come deduce lo stesso comune ricorrente incidentale, la
giurisprudenza è stata sempre costante nell’affermare che la
notificazione del provvedimento da impugnare alla parte
personalmente, invece che al difensore, è inidonea a far
decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. per
l’impugnazione; si chiede quindi di modificare detto
indirizzo ermeneutico e qualificare la notifica della
sentenza alla parte personalmente idonea a dar luogo alla
decadenza dal gravame, per violazione del termine breve.
Aderendo all’indirizzo interpretativo costante di questa
Corte (cfr. di recente in tal senso S.U. 13 giugno 2011
gt-e_ee.ae ru.
Ico in ragione
12898 e Cass. 11 febbraio 2013 n. 4384)
della esigenza che la opportunità dell’impugnazione sia
8

La sentenza era stata notificata personalmente al sindaco,

valutata dal difensore tecnico, non può che confermarsi che
solo la notificazione della sentenza all’avvocato della
parte, può far decorrere il termine breve per impugnare di

al solo soggetto tecnicamente abilitato a rilevare la
opportunità di proporre l’impugnazione.
Pertanto l’appello era nella fattispecie ammissibile, non
rilevando la notifica della sentenza personalmente alla
parte ai fini della decorrenza del termine per appellare, e
l’eccezione di tardività del detto gravame è da ritenere
implicitamente rigettata con statuizione corretta, che
comporta il rigetto del primo motivo di ricorso incidentale,
perché infondato, consentendo di valutare nel merito gli
altri motivi di esso e il ricorso principale.
2.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Santagata
denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. dalla Corte
potentina, per avere i ricorrenti chiesto alla stessa di
liquidare “i danni subiti dagli appellati entro i limiti di
giustizia, con applicazione dei criteri di cui all’art. 3,
comma 65, della legge 23 dicembre 1996 n. 662” e solo
successivamente domandato il risarcimento del danno da
occupazione illecita del suolo dall’ente locale.
La Corte di merito, d’ufficio, ha affermato che l’originaria
9

cui all’art. 325 c.p.c., rendendo conoscibile la decisione

domanda, fondata su una occupazione per causa di pubblica
utilità o appropriativa, era divenuta azione risarcitoria da
occupazione usurpativa, e così ha rilevato la modifica del

dichiarare preclusa la domanda nuova di queste per la
mutatio libelli da loro operata.
Il quesito conclusivo chiede di dichiarare illegittima la
decisione di merito che, di ufficio, ha trasformato la
domanda originaria di risarcimento da occupazione
appropriativa in quella, diversa, da occupazione usurpativa,
non rilevando la inammissibilità della nuova richiesta.
1.2. Il secondo motivo del ricorso principale dei Santagata
e della Mazzitelli censura la sentenza, per violazione
dell’art. 2909 c.c., per avere violato il giudicato della
pronuncia non definitiva del Tribunale di Potenza del 1991,
che aveva riconosciuto la natura edificabile dell’area
occupata, violando in tal modo anche l’art. 112 c.p.c.
Il tribunale aveva qualificato il suolo con “potenzialità
edificatorie”, affermando che l’indennità di espropriazione
doveva liquidarsi ai sensi dell’art. 39 della legge n. 2359
del 1865 nel valore venale dell’area; tale statuizione non
era stata impugnata dal Comune di Potenza e quindi la
pronuncia di appello che ha qualificato, di ufficio,
10

titolo a base delle richieste delle parti private, senza

”agricola” o inedificabile la medesima superficie e
liquidato il risarcimento del danno in base a tale natura,
ha violato il giudicato su tale punto decisivo ed è andata

1.3. Si lamenta dai ricorrenti principali, in terzo luogo,
la violazione degli artt. 360 n. 5 e 112 c.p.c., oltre che
dell’art. 16 della legge n. 865 del 1971, perché la Corte
d’appello non ha riconosciuto il danno prodotto al
reliquato, con la occupazione parziale delle aree dei
ricorrenti, in rapporto alla natura edificabile dell’intera
superficie e alla riduzione di cubatura realizzabile
sull’area rimasta ai danneggiati, da considerare anche essa
occupata sul presupposto che, anche a considerare acquisito
lo stesso reliquato al comune, di esso mai era stata chiesta
dai proprietari la restituzione.
In tal modo la decisione impugnata non ha motivato nel
merito sulla domanda dei ricorrenti di risarcimento del
danno da occupazione illecita, liquidabile ai sensi
dell’art. 16 della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 2043
c.c., in 1/12 del valore dell’area, per ogni anno in cui la
stessa era stata illecitamente detenuta dal comune, oltre
accessori.
1.4. Si deduce poi, con il quarto motivo di ricorso
11

oltre l’appello, in contrasto con l’art. 112 c.p.c.

principale, la omessa pronuncia sulla domanda d’interessi
anatocistici proposta dal ricorrente principale, anche con
il gravame alla Corte d’appello, che doveva riconoscere tali

danneggiati.
2.1. Il controricorso del Comune di Potenza replica ai
motivi del ricorso principale e, in via incidentale, dopo
avere ripetuto l’eccezione di inammissibilità dell’appello
già ritenuta infondata al n. l della presente sentenza,
denuncia omessa motivazione o mancata pronuncia sulla
domanda di restituzione di quanto pagato in eccesso,
dall’ente locale con la somma complessiva di

e 49.343,37,

versata con la rivalutazione per l’illecito in esecuzione
della pronuncia di primo grado e in base a una qualifica
data dal Tribunale delle aree come “edificabili”, corretta
in secondo grado con il riconoscere la loro destinazione
agricola, pur non essendovi censura sul punto della
decisione del primo giudice.
Valutare i terreni occupati per costruire alloggi da
destinare ai terremotati della Basilicata del 1980 in
relazione alla edificabilità loro attribuita con il vincolo
per l’esproprio è stato errato, ad avviso del ricorrente
incidentale.
12

accessori almeno dalla data di notifica dell’appello dei

L’ente locale chiede se vi sia stata omessa pronuncia sulla
domanda di restituzione delle somme versate in eccesso
rispetto a quanto riconosciuto dovuto in appello, ovvero se

per l’ente locale, di ripetere dette somme da esso versate
ai Santagata in più del dovuto, per ritenere riconosciuto il
diritto del Comune al rimborso di quanto pagato in eccesso a
controparte rispetto al valore delle aree stesse.
2.2. Si lamenta ancora, dal comune ricorrente incidentale,
violazione degli artt. 194, comma 1, c.p.c. e 90, comma l,
disp. att. c.p.c., oltre che degli artt. 90 e 91 c.p.c., per
l’errore della Corte di merito di avere rigettato
l’eccezione di nullità delle operazioni del c.t.u., che non
aveva dato avviso al consulenti di parte e ai difensori
dell’ente locale, delle operazioni da esso iniziate, per
consentire la partecipazione alle stesse di detti difensori
tecnici del Comune di Potenza.
La Corte di appello ha ritenuto tardiva la deduzione delle
indicate nullità, da prospettarsi al più tardi nella prima
udienza successiva alla mancata convocazione dei difensori o
al massimo nella prima difesa dopo il deposito della
relazione dell’ausiliare, seguita alla irregolarità che si
denuncia a carico del c.t.u., mentre nel caso il difensore
13

basti il riconoscimento in motivazione della “possibilità”

aveva chiesto, subito dopo le pretese irregolarità della
consulenza, il rinvio di una udienza in attesa del deposito
della relazione dall’ausiliare, senza denunciare tali

illegittima la condanna delle parti alle spese di consulenza
da ritenere nulla per la quale alcunché doveva ritenersi
dovuto all’ausiliare.
3.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Santagata
è inammissibile come del resto già rilevato dalla sentenza
di questa Corte 21 dicembre 2012 n. 3424, che s’è
pronunciata sulla stessa impugnazione in altra causa su
ricorso di altro privato danneggiato da occupazione di
un’area vicina a quella di cui al presente giudizio dello
stesso Comune di Potenza, nel medesimo procedimento
espropriativo nel post-terremoto del 1980 in Basilicata.
Detto motivo di ricorso è inammissibile per difetto di
interesse dei ricorrenti a denunciare il mutamento della
propria domanda originale, in quanto dalla nuova causa
petendi dell’occupazione usurpativa accertata dalla Corte di
appello in luogo di quella originaria, nessun danno è
derivato ai ricorrenti, avendo determinato in concreto tale
nuova qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente
identici a quelli della domanda risarcitoria da occupazione
14

illegittime condotte del consulente e domandando solo se era

appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
Anche a non rilevare l’inammissibilità del ricorso che
denuncia una condotta contra legem degli stessi ricorrenti,

nel senso che non comporti preclusione da domanda nuova il
mutamento della causa petendi dell’azione di risarcimento
del danno da occupazione per pubblica utilità, in quella di
risarcimento da occupazione usurpativa, ai sensi dell’art.
2043 c.c. (così, cfr. Cass. 5 dicembre 2011 n. 25959 e la
citata n. 16750 del 2010).
Il primo motivo di ricorso principale è quindi, prima che
infondato e da rigettare, precluso, perché nel merito vi è
stata la sostanziale accettazione del contraddittorio sulla
nuova domanda dei ricorrenti da parte del comune.
3.2. Il secondo motivo del ricorso principale è stato
ritenuto fondato dalla sentenza citata del 2012, che
richiama espressamente analoga soluzione adottata in altri
casi, relativi a sentenze che avevano pronunciato su
antecedenti logici della decisione con efficacia di
giudicato, come accaduto nella fattispecie in ordine alla
rilevata natura edificabile delle aree occupate in primo
grado, non impugnata dalle parti (con Cass. 17 febbraio 2011
n. 3909, ricordata nella sentenza n. 3424 del 2012, cfr.
15

la recente giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata

pure Cass. 16 marzo 2012 n. 4821).
Anche se il tribunale s’è pronunciato su una ripetizione di
indebito contestata dal ricorrente in questa sede, la

era stata trasformata da costoro in azione risarcitoria e in
primo grado la liquidazione della somma da restituire
all’ente locale sarebbe stata diversa, in caso di decisione
difforme sul punto pregiudiziale della natura, edificabile o
agricola, delle aree occupate.
Pertanto il secondo motivo di ricorso deve essere accolto,
dovendosi negare che la Corte d’appello potesse discostarsi
dalla qualificazione urbanistica agricola o inedificabile
dell’area occupata, già riconosciuta in via definitiva, dato
che la pronuncia sul punto del tribunale, non era stata
ritenersi precluso il terzo motivo di ricorso,
potendosi presumere che la liquidazione del risarcimento nel
merito abbia compreso tutti i danni subiti per l’occupazione
e quindi anche la eventuale perdita di valore del reliquato
se sussistente, nulla altrimenti spettando per tale titolo
al danneggiato.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale
comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con necessità di riliquidare il danno, per cui
16

domanda con il gravame degli attuali ricorrenti principali

assorbe il quarto motivo del medesimo ricorso, relativo agli
accessori della liquidazione, da rimettere al giudizio in
sede di rinvio.

respinto perché infondato, mentre resta assorbito il secondo
motivo di tale ricorso, attinente alla liquidazione del
risarcimento, che dovrà avvenire come già detto in sede di
rinvio, nel corso del quale non potrà non tenersi conto di
quanto versato dal Comune di Potenza in corrispettivo delle
aree in favore di controparte, somme che la sentenza
impugnata ritiene di misura maggiore di quanto spettante ai
danneggiati, con implicito riconoscimento del diritto del
comune a ripetere quanto pagato in eccedenza ai privati
danneggiati.
Deve poi dichiararsi assorbito dall’accoglimento parziale
del secondo motivo del ricorso principale, anche l’ultimo
motivo di ricorso incidentale relativo alla pretesa nullità
delle operazioni del c.t.u. rilevanti ai fini della
quantificazione del dovuto, che dovrà operarsi in sede di
rinvio.
4. In conclusione, riuniti i ricorsi, va accolto il secondo
motivo

del

ricorso

principale,

dovendo

dichiararsi

inammissibili il primo e il terzo motivo di tale
17

3.4. Il primo motivo del ricorso incidentale s’è già

impugnazione, mentre va rigettato il primo motivo di ricorso
incidentale, con assorbimento degli altri motivi di entrambi
i ricorsi.

relazione al motivo accolto, con rimessione della causa alla
Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, perché
si pronunci sulla domanda, applicando i principi enunciati
in questa sede e decidendo anche sulle spese del presente
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di
quello principale e dichiara inammissibile il primo e terzo
motivo di questo, rigetta il primo motivo dell’incidentale,
con assorbimento dei residui motivi dei due ricorsi; cassa
la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rimette la causa alla Corte d’appello di Potenza in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio della 1^ sezione
civile della Corte suprema di Cassazione il tiChoidNbre 2013.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in

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