Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28002 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZAV CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7503/2018 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ERASMO

GATTAMELATA 128, presso lo studio dell’avvocato CARMELO SCALFARI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO F. CAMBREA anche

difensore di sè medesimo;

– ricorrente –

contro

COMUNE TAURIANOVA, in persona del Sindaco S.F. legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FUSCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO CALLIPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 735/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avvocato C.G. ha difeso in un procedimento penale l’architetto G.D., che in quelli ambito era imputato di un reato connesso al suo ruolo di componente della commissione edilizia del Comune di Taurianova. A seguito della assoluzione del suo cliente, l’avvocato lo ha convenuto in giudizio per il pagamento degli onorari della difesa. Costituitosi davanti al Tribunale di Palmi, l’architetto ha chiamato in garanzia il Comune di Taurianova per essere tenuto indenne di quanto avrebbe dovuto in ipotesi corrispondere al difensore.

Il giudice di quel procedimento ha riconosciuto il diritto dell’avvocato C. al pagamento dei suoi onorari, ma ha dichiarato inammissibile la domanda dell’architetto volta a farsi rimborsare dal Comune, in quanto l’architetto aveva inizialmente proposto una domanda di rimborso in base alla legge speciale, ma poi l’aveva mutata in domanda di risarcimento da mandato (art. 1720 c.c.).

Passata in giudicato tale sentenza, l’architetto ha ceduto questo suo vantato credito verso il Comune di Taurianova proprio all’avvocato C., il quale, non ottenendo pagamento da parte dell’ente, ha citato in giudizio il Comune davanti al Tribunale di Palmi.

Il giudice di primo grado ha ritenuto efficace la cessione del credito da parte dell’architetto G. al C., ed ha condannato il Comune di Taurianova a corrispondere la relativa somma a quest’ultimo.

Invece la corte di appello di Palmi ha riformato la decisione di primo grado, ritenendo non accertato alcun credito dell’architetto verso il Comune e dunque asserendo che il primo non potesse cedere alcunchè al suo difensore. Inoltre, secondo la corte di appello, la cessione, ove mai vi fosse stato un credito cedibile, sarebbe stata nulla per difetto di forma.

Avverso tale decisione ricorre l’avvocato C. con quattro motivi. V’è controricorso del Comune di Taurianova.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata è duplice.

Da un lato, i giudici di merito osservano che la cessione era del tutto priva di causa non essendovi alcun credito certo da poter essere ceduto, in quanto il giudizio nel quale l’architetto G. aveva chiesto che si accertasse tale suo credito verso il Comune di Taurianova, si era concluso con la dichiarazione di inammissibilità della relativa domanda. Così che il cessionario non aveva alcuna legittimazione a far valere il credito.

In secondo luogo, i giudici di appello ritengono che, ove anche la cessione avesse avuto ad oggetto un credito accertato, non sarebbe valida per difetto di forma, poichè essendo debitore un ente pubblico, si sarebbe dovuta fare per atto pubblico.

2.- La prima ratio è oggetto dei primi tre motivi di ricorso.

Con il primo il ricorrente sembra denunciare violazione degli artt. 115,116 c.p.c., e art. 1720 c.c..

Ritiene che la corte di merito ha errato nel dire che non vi fosse alcun credito cedibile, in quanto risultava pacifico che il G. era mandatario del Comune di Taurianova, e ciò bastava a rendere quest’ultimo responsabile dei danni subiti in occasione del mandato, compresi quelli legati al processo penale in cui era poi risultato assolto.

Con il secondo motivo invece denuncia violazione dell’art. 2697 c.c..

La corte non avrebbe considerato che spettava al Comune dimostrare che non operava la garanzia ex art. 1720 c.c..

Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1348 c.c., in quanto, secondo il ricorrente, la corte di appello avrebbe trascurato che il credito dell’architetto era da intendersi come futuro e dunque cedibile ai sensi della predetta norma.

I tre motivi sono infondati.

Essi rimproverano alla sentenza impugnata di non avere tenuto conto che il credito derivava direttamente dalla legge, ossia dall’art. 1720 c.c., che ritiene il mandante responsabile dei danni subiti dal mandatario in occasione del mandato.

Ma questa tesi è infondata per una semplice ragione.

Intanto è infondato il terzo motivo, che è logicamente preliminare agli altri, in quanto postula una cessione di crediti futuri, di cui la corte non avrebbe tenuto conto, e che se attentamente considerata avrebbe dovuto indurre a ritenere efficace la cessione.

Più precisamente la prestazione del Comune (rimborsare il funzionario delle spese di lite), secondo il ricorrente, era, si, da effettuarsi in futuro, ma era pur sempre riconducibile ad un fatto generatore attuate, ossia il rapporto di mandato che esisteva tra l’ente ed il suo funzionario.

Ma risulta evidente che il credito che il G. avrebbe ceduto al Comune di Taurianova, non era affatto futuro, bensì era inteso come esistente ed attuale al momento della cessione. Futuro è il credito che viene ad esistenza in un momento successivo alla cessione. Qui invece il G. avrebbe ceduto un credito che egli stesso assumeva come già maturato al momento in cui lo avrebbe ceduto, per via della sua assoluzione che rendeva il Comune obbligato al rimborso delle spese legali.

Ad ogni modo, qui la cessione ha avuto ad oggetto un credito contestato. Da un lato, il G. riteneva di averlo nei confronti del Comune, per altro verso quest’ultimo ha sempre negato di essere debitore. E se è vero che la cessione può riguardare anche crediti futuri contestati, e dunque eventuali, è altresì vero che essa diventa efficace solo se il credito viene ad esistenza (Cass. 31896/2018); ed invece ad esistenza non è mai venuto.

Gli altri due motivi fanno leva sulla circostanza che il credito del G. derivava dall’applicazione analogica, al suo caso, dell’art. 1720 c.c. (primo motivo) e che era onere del Comune dimostrare il contrario (secondo motivo).

In sostanza, il ricorrente rimprovera alla decisione impugnata di non aver tenuto conto che il titolo del credito ceduto è nella legge stessa, per cui esso doveva ritenersi certo e determinato.

Invero il credito non era certo, v’era e vi è contestazione del Comune, e questa circostanza giusta la regola sopra detta, se pure rende il credito (controverso) cedibile, incide sulla efficacia del negozio di cessione, che non produce l’effetto traslativo del credito se non quando questo venga ad esistenza.

In altri termini, se pure il negozio di cessione concluso tra il cliente ed il difensore è valido, pur avendo ad oggetto un credito incerto, perchè contestato, quello stesso negozio non è efficace fino a quando il credito non venga ad esistenza, a seguito dell’accertamento della titolarità in capo al cedente.

L’infondatezza dei primi tre motivi, che attengono alla efficacia della cessione, rende assorbito l’esame del quarto che attiene ad una ratio subordinata, ossia alla invalidità dell’atto per difetto di forma.

Il ricorso va pertanto rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessive 3000,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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