Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27995 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 21/12/2011), n.27995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Fallimento della s.r.l. ARIES, (già) con sede in

(OMISSIS), in persona del curatore pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma alla Via Nazionale n. 204 presso lo studio

dell’avv. Alessandro Bozza insieme con l’avv. FALDELA Paolo (del Foro

di Bologna) che lo rappresenta e difende in forza della procura

speciale rilasciata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/09/07 depositata il 27 marzo 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 novembre 2011

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. Alessandro Bozza

Venturi (delegato), per il fallimento (che ha depositato anche

“osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico

ministero”), e dall’avv. Gianna GALLUZZO (dell’Avvocatura Generale

dello Stato), per l’Agenzia;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FIMIANI Pasquale il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Fallimento (dichiarato dal Tribunale il 2 marzo 1993) della s.r.l.

ARIES – premesso che: (1) il 6 luglio 1989 (nel vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) la società in bonis aveva introdotto un “giudizio innanzi la CTP”; (2) questa (che aveva inviato “per posta … l’invito di trattazione prima alla … sede sociale che ritornava al mittente … e successivamente”, come pure “il dispositivo”, “rispettivamente il 18 luglio 2002 e il 30 gennaio 2003”, “all’ex amministratore”), “all’udienza del 12 novembre 2002” aveva pronunciato la sentenza “891/11/02” senza ottemperare al “disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 79, comma 2” (per il quale il “presidente” o il “collegio” dovevano provvedere a “regolarizzare la costituzione delle parti secondo le nuove norme sull’assistenza tecnica”); (3) il 10 aprile 2006 l’Ufficio, “sulla scorta di tale sentenza”, aveva notificato ad esso “fallimento” (che così “ha avuto conoscenza del processo ultimato con la sentenza 891/11/02 della ctp”) un “avviso di liquidazione” – chiede di cassare la sentenza n. 26/09/07, depositata il 27 marzo 2007, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna ha dichiarato inammissibile il suo appello avverso la ripetuta “sentenza 891/11/02”.

L’Agenzia delle Entrate insta per il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

l. Il giudica di appello esposto aver la curatela eccepito (a) che “nessun avviso inerente al processo è pervenuto alla procedura fallimentare” (la quale “ha appreso del processo solo perchè l’Ufficio ha notificato in data 10 aprile 2006 l’avviso di liquidazione”) e (b) che “il processo di primo grado si è svolto senza assistenza tecnica D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 79” – ha dichiarato inammissibile il gravame perchè “pervenuto oltre il termine massimo consentito” (“mancata osservanza dei termini entro i quali presentare l’appello”).

2. Il fallimento denunzia “violazione” degli “D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 e 79”, “art. 24 Cost., e art. 161 c.p.c., art. 354 c.p.c., comma 1, D.P.R. n. 546 del 1992, art. 18, e art. 112 c.p.c.” conclusa con il “quesito” (ex art. 366 bis c.p.c.).

“se la sentenza della Commissione Tributaria è inesistente ove sia stata pronunciata all’esito di un giudizio nel quale il contribuente non ha fruito dell’assistenza tecnica obbligatoria” e “se l’impugnazione avverso la sentenza inesistente … è svincolata dall’osservanza dei termini perentori previsti dall’art. 327c.p.c.”.

3. Il ricorso – ammissibile per insussistenza della violazione dell’art. 366 bis c.p.c. eccepita dall’Agenzia -, integrata la lapidaria motivazione della sentenza della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere respinto.

A. Nel processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 l'”assistenza tecnica” prevista dall’art. 12 per le “controversie tributarie di valore superiore a L. 5.000.000 (ora Euro. 2582,28)”, come noto Cass., trib. (ordinanza ex art. 375 c.p.c.) 16 settembre 2010 n. 19636, la quale richiama “Cass. nn. 620 del 2006, 13208 del 2007, 18129 del 2009”, costituisce (solo) “una condizione di ammissibilità della domanda”: “la mancata fissazione del relativo termine”, infatti, “si traduce in un vizio attinente alla regolare instaurazione del contraddittorio”.

In coerenza, quindi, si è deciso (Cass., trib., 28 febbraio 2008 n. 5255, la quale ricorda quella di “questa Corte n. 2281 del 2 febbraio 2007”) che “non è nulla la sentenza che accolga il ricorso del contribuente senza rilevare il difetto di rappresentanza del contribuente” stesso, aderentemente precisandosi (a) che “la mancata emanazione dell’invito sopraindicato può essere rilevata solo dalla parte di cui sia stato leso il diritto ad essere adeguatamente assistita” e, di converso (b) che “la parte pubblica non ha un interesse giuridicamente tutelato a rilevarne l’irregolarità (che ad essa non nuoce)”.

B. Nella “giurisprudenza di questa Corte”, inoltre Cass., trib.

(ordinanza ex art. 375 c.p.c.) 12 novembre 2007 n. 23442, che menziona “Cass. 24486/06, 5356/06, 10497/03, 10223/03, 6952/96” costituisce “canone … consolidato … quello secondo cui – in ragione della preclusione derivante dal principio cd.

dell’assorbimento dell’invalidazione nell’impugnazione di cui all’art. 161 c.p.c. (per il quale tutti i motivi di nullità della sentenza si convertono in motivi d’impugnazione da far valere con le modalità ed i termini propri di ciascun gravame) – la pretesa invalidità del giudizio” (ivi “di appello”, ma la regola vale identicamente anche per quello di primo grado) “integrante nullità e non radicale inesistenza del giudizio medesimo” (in quel processo “per mancata comunicazione del dispositivo della decisione da parte della segreteria e omissione dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione di cui al citato D.P.R. n. 636 del 1972, art. 19”, pure incidenti sul contraddittorio) “non può essere utilmente dedotta, se non fatta valere secondo le regole e i termini dei mezzi di impugnazione”.

C. Ancor di recente, infine, è stato altresì “escluso” (Cass., 6, 29 luglio 2010 n. 17704), “anche alla luce delle indicazioni della sentenza n. 584 del 1980 della Corte Costituzionale”, “ogni profilo di contrasto fra gli artt. 24 e 3 Cost. e la norma di cui all’art. 327 cod. proc. civ. … secondo cui il termine annuale di impugnazione decorre” comunque “dalla pubblicazione della sentenza” (“anzichè dall’avviso di comunicazione o dalla notifica della stessa”), ribadendosi che “una diversa disciplina dei termini in argomento sconvolgerebbe il sistema delle impugnazioni nel quale – la decorrenza fissata con riferimento alla pubblicazione è un corollario del principio secondo cui, dopo un certo lasso di tempo, la cosa giudicata si forma indipendentemente dalla notificazione della sentenza ad istanza di parte, sicchè lo spostamento del dies a quo dalla data di pubblicazione a quella di comunicazione non solo sarebbe contraddittorio con la logica del processo ma restringerebbe irrazionalmente il campo di applicazione del termine lungo di impugnazione alle parti costituite in giudizio alle quali soltanto la sentenza è comunicata ex officio a norma dell’art. 133 cod. proc. civ.”.

4. Per la sua integrale soccombenza il fallimento ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., deve essere condannato a rifondere all’Agenzia le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo) in base alle vigenti tariffe professionali forensi, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vincitrice.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.100,00 (millecento/00), oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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