Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27994 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 21/12/2011), n.27994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia del Territorio, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

la s.r.l. Immobiliare Friza, con sede in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via degli Scipioni n. 94 (int.

8) presso lo studio dell’avv. Giovanna FIORE che la rappresenta e

difende in forza della procura speciale rilasciata a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15/30/07 depositata il 26 marzo 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (notificata il 21

settembre 2007).

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 novembre 2011

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese della società, perorate dall’avv. Giovanna FIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.

FIMIANI Pasquale il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia del Territorio – esposto che la s.r.l. Immobiliare Friza aveva impugnato l'”atto prot. 6184 anno 2003 … revisione classamento” con cui il suo Ufficio aveva rettificato quello di “due immobili” (“facenti parte di un più vasto complesso residenziale”), “di proprietà della stessa”, “da A/3 classe 3 ad A/2 classe 2” -, in base a cinque motivi, chiede di cassare la sentenza n. 15/30/07 (depositata il 26 marzo 2007 e notificata il 21 settembre 2007) con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha accolto “annullando) l’avviso di classamento” l’appello della società avverso la sfavorevole decisione del primo giudice, il quale aveva ritenuto “illegittima” la “denuncia di variazione con procedura DOCFA” presentata dalla contribuente “nel 1999” perchè “procedeva alla revisione di una categoria e di una classe già in atti”, cioè ad un “intervento consentito solo all’Ufficio”.

La società intimata insta per il rigetto dell’impugnazione ed ha depositato, altresì, memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello della società osservando:

– “non può considerarsi valida ed efficace la precedente rendita attribuita dall’Ufficio, mai notificata” (“presuntivamente affissa all’albo comunale, affissione … del tutto sfornita di prova certa”): comunque “manca la prova certa” della “conoscenza” affermata dall’Ufficio;

– “è sola responsabilità dell’Ufficio aver lasciato decorrere i termini di impugnazione previsti dalla legge”: “la notifica dell’atto impugnato (12 gennaio 2004) appare irrituale” in quanto “gli immobili avevano già una rendita definitiva formatasi a seguito di valida procedura DOCFA, non impugnata in termini dall’Ufficio e così divenuta definitivamente valida ed efficace”;

– “inoltre V Ufficio non ha fornito la prova … delle ragioni che avrebbero determinato la modifica delle classificazioni attribuite e dei reali motivi posti a base delle rettifiche)): “la validità formale dell’avviso di classamento non esime l’Ufficio dall’obbligo di fornire le motivazioni che legittimino il suo intervento”;

– “al contrario la società … ha provato con la documentazione prodotta che nel complesso residenziale di cui si tratta solo gli immobili di sua proprietà sono stati classificati in A/2, mentre tutti gli altri, omogenei, hanno ottenuto la classificazione A/3 …, nonostante che le caratteristiche costruttive, arredi e servizi fossero identici, come … dimostrato dalla perizia prodotta in primo grado” (“nei cui riguardi l’Ufficio nulla ha dedotto o controprovato”).

2. L’Agenzia – assunto aver l’Ufficio fatto rilevare (nel giudizio di primo grado) che: (a) “il complesso immobiliare risultava già cernito in categoria A/2 classe 2 sin dal 1993”; (b) “nel 1999 la società aveva presentato una denuncia DOCFA per frazionamento, fusione e diversa destinazione degli spazi interni “; (c) “da un confronto tra le schede catastali … in atti e quelle presentate con la … denunzia DOCFA, le stesse apparivano identiche”, essendo “l’unica differenza … rappresentala dalla variazione di classamento degli immobili da classe A/2 classe 2 in classe A/3 classe 3” – censura la sentenza con cinque motivi:

(7) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 24” (“nullità della sentenza”: “nel caso … la decadenza dell’Agenzia dal rettificare i dati esposti nella denuncia DOCFA, a seguito del decorso del termine di cui al D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, non risulta … articolata come specifico motivo del ricorso introduttivo”), concluse con il “quesito di diritto” ex art. 366 bis c.p.c.:

“se, nel giudizio tributario, la deduzione da parte del contribuente, per la prima volta in appello della decadenza di essa) Agenzia …

dalla rettifica della denuncia DOCFA … costituisca domanda nuova … e, di conseguenza, l’accoglimento della stessa da parìe della C.T.R. comporti la nullità delta sentenza”;

(2) “violazione e falsa applicazione del D.L. n. 16 del 1993, art. 2, commi 1 quinquies e 1 septies …, del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, art. 1, commi 1, 2 e 3, …, dell’art. 3 nonchè dell’art. 12 preleggi”, sintetizzate nel “quesito” ex art. 366 bis cit.:

“se il termine di cui al D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, abbia natura perentoria e precluda, in caso di scadenza, … esercizio del potere dell’amministrazione di rettificare le rendite propostè dal soggetto interessato”;

(3) “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e dei principi afferenti la motivazione degli atti catastali”, riassunte (previa riproduzione, “in ossequio al principio di autosufficienza”, dell'”atto dei rettifica catastale” e della “relativa notifica”) nel “quesito” ex art. 366 bis cit.:

“se, relativamente agli immobili a destinazione ordinaria, l’atto di rettifica del classamento sia sufficientemente motivato con l’indicazione dei dati tecnici afferenti la categoria, la consistenza e la classe di merito nonchè con i riferimenti … al precedente classamentò”;

(4) “omessa, insufficiente e contraddiltoria motivazione” (“è …

stata completamente pretermessa la ragione dell’intervento di essa Agenzia”; “insufficienza di una argomentazione che invochi la presenza di altre unità immobiliari classate in A/3 classe 3, suscettibili anch’ esse di rettifica”) in ordine al “fatto controverso e … decisivo” dato dal “ripristino del precedente classamento in A/2 classe 2 degli immobili facenti parte del complesso residenziale, tanto al fine di sanare o rettificare situazioni catastali errate o comunque non rispondenti alla realtà”;

(5) “violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 20 e 28” (quanto al “capo di sentenza secondo cui non sarebbe efficace la precedente rendita perchè mai notificata … e presuntivamente affissa all’albo del Comune”), racchiuse nel “quesito” “poichè solo a decorrere dal primo gennaio 2000 è stato introdotto dalla L. n. 324 del 2000, art. 74, comma 1 il principio della necessaria notifica dell’atto catastale” (“operando per il periodo pregresso il sistema della conoscenza legale dell’atto per il tramite della pubblicazione con affissione all’albo pretorio”) “e poichè sussiste il dovere di dichiarazione relativamente ai nuovi fabbricati e di denuncia di variazione nello stato e nel possesso degli stessi” (“rispettivamente ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 28 e 29”) “… se è possibile allegare in relazione agli stessi l’ignoranza delle rendite e dell’accatastamento”.

3. Il ricorso è infondato A. Logica impone di esaminare in via preliminare il quarto motivo di censura: questo, infatti, investe (sub specie di vizio motivazionale) l'”argomentazione” del giudice di appello “a tenore della quale “…

la società … ha provato con la documentazione prodotta che nel complesso residenziale di cui si tratta solo gli immobili di sua proprietà sono stati classificati in A/2, mentre Mi gli altri, omogenei, hanno ottenuto la classificazione A/3″”, ovverosia il fondamento (nel merito) del “ripristino del precedente classamento in A/2 degli immobili facenti parte del complesso residenziale” che l’Agenzia assume aver operato “al fine di sanare o rettificare situazioni catastali errate o comunque non rispondenti alla realtà”.

La doglianza (formulata ai sensi dell'”art. 360 c.p.c., … n. 5″), della sostanza, è inammissibile per violazione:

(1) dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile alla specie ratione temporis, secondo cui “nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”, atteso che la mera indicazione del “fatto controverso” (“ripristino del precedente classamento in A/2 degli immobili facenti parte del complesso residenziale”), all’evidenza, non contiene affatto anche quella sintetica, richiesta dalla norma, delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza delta motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”: la “ragione dell’intervento” (“sanare o rettificare situazioni catastali errate o comunque non rispondenti alla realtà”), che la ricorrente assume “completamente pretermessa” dal giudice del merito, infatti, si traduce in astratta enunciazione, priva di qualsivoglia riferimento a fatti e/o a situazioni concrete;

(2) dell’art. 366 c.p.c., n. 3 (“esposizione sommaria dei fatti della causa”) perchè il ricorso nella sua interezza, e il peculiare “fine” dichiarato in specie, attesa la rilevata carenza di afferenti riferimenti, si rivelano, altresì e comunque, mancati della necessaria esposizione di elementi fattuali effettivi, a nulla rilevando, come ovvio, la pur integrale riproduzione fotografica dell’atto impugnato atteso che esula dai poteri di questa Corte di legittimità, per la sua terzietà Cass., 3, 10 marzo 2011 n. 5701 :

“è onere del ricorrente precisare, pena la inammissibilità della deduzione, quale sia, in concreto, il vizio (ex art. 360 c.p.c., n. 5) “della sentenza, non potendo tale scelta (a norma dell’art. 111 Cost. e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa al giudice” stesso, ricercare elementi di fatto e/o elaborare ragioni giuridiche non specificamente evidenziati e/o svolte dalla parte, pur se desumibili dal documento riprodotto (cfr.

Cass., 3, 25 maggio 2010 n. 12713, tra le recenti, secondo cui “la esposizione sommaria dei fatti di causa, secondo le intenzioni del legislatore, non risponde ad una esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e processuali, per permettere alla Corte di Cassazione di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato”: “il requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3”, pertanto, non può “ritenersi assolto con la semplice riproduzione fotografica di tutti gli atti del procedimento di primo e secondo grado” ma deve “costituire un prodotto intellettuale, riproducendo, in forma sintetica, lo svolgimento del processo sotto i profili ancora rilevanti ai fini del giudizio di cassazione”).

B. L’irreversibilità (discendente dalla rilevata inammissibilità della quarta doglianza) dell’infondatezza, nel merito, della “rettifica catastale” operata con l’atto impugnato, intuitivamente, fa venir meno qualsiasi interesse concreto (art. 100 c.p.c.) allo stesso scrutinio delle ulteriori censure risultando evidentemente irrilevante sia l’eventuale inammissibilità (per novità) dell’eccezione di “decadenza” (primo motivo) che la sussistenza di questa per la “naturaperentoria” del termine “di cui al D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3” (secondo motivo) nonchè la sufficienza della motivazione di detto atto (terzo motivo) e la “conoscenza” del precedente atto di classamento (ultimo motivo).

4. Per la sua integrale soccombenza l’Agenzia, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., deve essere condannata a rifondere alla contribuente le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo) in base alle vigenti tariffe professionali forensi, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vincitrice.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia a rifondere alla società te spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.600,00 (duemilaseicento/00), di cui Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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