Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27993 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 31/10/2019), n.27993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6824-2016 proposto da:

IMMOBILIARE GIARDINO SAS DI L.F. & C., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 71, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA DEL VECCHIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato UBALDO LUCHETTI;

– ricorrente –

contro

P.P., PE.BR.;

– intimati –

Nonchè da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

CELIDONE 25, presso lo studio dell’avvocato MARCO COSTANTINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIO CELI;

– ricorrente incidentale –

contro

IMMOBILIARE GIARDINO SAS DI L.F. & C, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 71, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato UBALDO LUCHETTI;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

PE.BR.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 766/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. La Immobiliare Giardino Sas ricorre, affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Ancona che, riformando la pronuncia del Tribunale di Macerata, aveva accolto l’opposizione di P.P. avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, in qualità di fideiussore del conduttore Pe.Br., per il pagamento dell’importo relativo ai canoni non pagati del contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale di proprietà della ricorrente.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, la società, a seguito di protratta morosità del conduttore, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, per l’ingente importo dovuto, anche nei confronti del fideiussore: solo quest’ultimo propose opposizione eccependo, fra le altre cose, la sua liberazione ex art. 1956 c.c.

1.2. Il Tribunale di Macerata dichiarò l’opposizione inammissibile perchè tardiva, assumendo che era stato erroneamente applicato il rito ordinario e non quello locatizio, e che, pertanto, il deposito dell’atto di opposizione era avvenuto oltre il termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo. La Corte territoriale accolse l’impugnazione, sia sulla questione di rito, ritenendo che dovesse escludersi l’applicazione di quello locatizio, sia sulla inefficacia del contratto per violazione dell’art. 1956 c.c., riconoscendo l’effetto liberatorio, per il fideiussore, della mancata comunicazione da parte del creditore della morosità del conduttore prolungata nel tempo.

2. L’intimato ha resistito, proponendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi e memoria, in relazione al quale la Immobiliare Giardino Sas si è difesa con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Sul ricorso principale.

1.1.Con il primo motivo, la società ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’error in procedendo consistente nell’applicazione del rito ordinario al posto di quello locatizio, previsto dall’art. 447 bis c.p.c.: deduce, al riguardo, che nell’ampia nozione delle “cause relative a rapporti di locazione” dovevano essere ricomprese tutte le controversie ad essi riferibili, incluse quelle attinenti alle possibili vicende del rapporto sia in base alla disciplina codicistica che a quella di settore delle leggi speciali, con la conclusione che anche le pretese collegate al rapporto di fideiussione imponevano l’applicazione del rito speciale. 1.2. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha affrontato la questione legata all’applicazione dell’art. 40 c.p.c., comma 3 affermando che tale norma “disciplina una modalità di trattazione di controversie soggette a riti diversi, ma, quando ciascuna causa soggiaccia a regole processuali distinte e dalla scelta di un rito erroneo per l’introduzione di una di esse derivino conseguenze pregiudizievoli per la possibilità di trattare la domanda secondo il rito cui sarebbe stata soggetta, non consente, a chi le abbia introdotte cumulativamente in base al rito della causa attraente, di pretendere che quella intrapresa con il rito sbagliato sia “salvata” dalla successiva trattazione delle cause cumulate con il rito applicabile alla prima” (cfr. Cass. 24037/2015 e, in termini, Cass. 7450/2013).

1.3. Il principio è stato affermato per l’ipotesi in cui, a fronte di un’opposizione a decreto ingiuntivo per canoni di affitto di azienda, recante, altresì, una domanda riconvenzionale risarcitoria e di ripetizione del deposito cauzionale, era stata dichiarata inammissibile l’opposizione perchè introdotta, anzichè con il ricorso previsto dall’art. 447 bis c.p.c., con citazione ritualmente notificata nel termine di cui all’art. 641 c.p.c., ma iscritta a ruolo successivamente ad esso, con conseguente tardività.

1.4. Ma tanto premesso, il caso in esame risulta del tutto differente da quelli sopra richiamati, in quanto, il giudizio di opposizione, pur essendo riferito ad un decreto ingiuntivo per canoni di locazione, è stato proposto soltanto dal fideiussore e per ragioni esclusivamente attinenti al contratto da lui stipulato. Pertanto, la differente causa dei due contratti, sia pur collegati fra loroe l’esclusivo riferimento delle ragioni dell’opponente al contratto di fideiussione ben legittimava il ricorso al rito ordinario, trattandosi di una ipotesi estranea alle previsioni dell’art. 40 c.p.c., comma 3 che deve essere interpretato “in senso stretto”, senza alcuna estensione derivante dall’art. 447bis c.p.c..

1.5.La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, evidenziando che la vicenda relativa al contratto di locazione rimaneva “sullo sfondo” del giudizio di opposizione.

2. Con il secondo motivo, ancora, la società ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’error in iudicando consistente nella violazione e falsa applicazione dell’art. 1956 c.c.

Contesta la motivazione in ordine alla liberazione del fideiussore: assume che nessuno dei presupposti previsti dalla legge – quali la concessione di un ulteriore finanziamento successivo al deterioramento delle condizioni di solvibilità e la consapevolezza del creditore del mutamento delle condizioni economiche del debitore – ricorreva nel caso in esame.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha affermato il principio, condiviso da questo Collegio secondo cui “qualora un contratto di fideiussione venga stipulato a garanzia del pagamento dei canoni di un contratto di locazione, ove si determini una morosità del conduttore tale da giustificare la domanda di risoluzione da parte del locatore, questi è tenuto a riferire al fideiussore della morosità, onde farsi autorizzare ad attendere il pagamento, in tal modo facendo credito al conduttore con la garanzia del fideiussore”; ed è stato pure precisato che se ciò non avviene, è applicabile la previsione dell’art. 1956 c.c., secondo cui in tale ipotesi il fideiussore è liberato dalla propria obbligazione. (cfr. Cass. 3525/2009; ed, in termini, Cass. 15902/2014).

2.2. Ma, tanto premesso, si osserva che, applicando correttamente tali principi, la Corte territoriale ha esaustivamente motivato sulla specifica questione, evidenziando che la morosità durava da tre anni e mezzo e che nulla era stato fatto dal creditore, consapevole, al fine di mettere a conoscenza il fideiussore della condizione di insolvenza del debitore principale.

2.3. La censura proposta prospetta, dunque, questioni di fatto, mascherando una richiesta di rivalutazione di merito, a fronte di motivazione congrua e logica della sentenza impugnata, non consentita in sede di legittimità.

Il conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.

3. Sul ricorso incidentale condizionato.

3.1. Con unico articolato motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 1938 c.c. in correlazione con l’art. 1346 c.c..

3.2. Deduce l’indeterminatezza dell’oggetto della fideiussione nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo. Lamenta altresì che la Corte territoriale aveva omesso di rilevare la mancata conclusione, in data 30.11.1993, del contratto di locazione avente ad oggetto il negozio locato al primo piano e contesta l’interpretazione della Corte che aveva escluso che il secondo contratto costituisse novazione del primo, non essendo stato mutato nè l’oggetto nè il titolo della prestazione.

3.3. Le censure, espressamente condizionate all’accoglimento del ricorso principale, devono ritenersi assorbite.

4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte,

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre ad accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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