Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27992 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, (ud. 03/06/2019, dep. 31/10/2019), n.27992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – est. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20892-2017 proposto da:

D.L.A., D.L.G., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ROCCO LEONARDO CONTARDO;

– ricorrenti –

contro

F.V.;

– intimato –

Nonchè da:

F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACOMO

PUCCINI, 9, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RUVITUSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO MARESCALCO;

– ricorrente incidentale –

contro

D.L.A., D.L.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1122/2017 del TRIBUNALE di AVELLINO,

depositata il 06/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/06/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del ricorso

principale, inammissibile il ricorso incidentale condizionato; udito

l’Avvocato ROCCO LEONARDO CONTARDO;

udito l’Avvocato FRANCESCO MARESCALCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2011 la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. concesse un affidamento alla società Astacom s.r.l..

Le obbligazioni della Astacom nei confronti della banca vennero garantite personalmente da quattro garanti: D.L.A., D.L.G., F.V. e P.M.. Le garanzie vennero sottoscritte contestualmente e su un unico foglio in data 10.5.2011.

2. La società Astacom non adempì le proprie obbligazioni nei confronti della Banca.

Quest’ultima, di conseguenza, ne chiese l’adempimento ai quattro garanti.

D.L.A. e D.L.G. adempirono spontaneamente la propria obbligazione, versando complessivamente alla Banca la somma di Euro 14.980,47, ed accollandosene ciascuno la metà.

3. Dopo avere soddisfatto il credito vantato dalla Banca, D.L.A. e D.L.G. chiesero al Giudice di pace di Avellino di emettere due decreti ingiuntivi nei confronti di F.V., aventi ad oggetto il recupero della quota-parte su di questi gravante del debito di garanzia.

Dedussero che, avendo pagato ciascuno di essi alla Banca la somma di Euro 7.490,24, avevano diritto a ripetere da ciascuno degli altri garanti un quarto di tale somma, e cioè Euro 1.872,56.

Il Giudice di pace, in accoglimento del ricorso, emise i decreti nn. 1491/14 e 38/15, ritualmente notificati all’intimato.

4. F.V. propose opposizione avverso i suddetti decreti, fondandola su due indipendenti ragioni giuridiche:

a) il contratto di garanzia stipulato tra la banca ed i quattro garanti andava qualificato non come fideiussione, ma come contratto autonomo di garanzia, con la conseguenza che ad esso non poteva applicarsi l’art. 1954 c.c., e l’azione di regresso ivi prevista;

b) in ogni caso era stata la società debitrice Astacom a saldare direttamente i propri debiti verso la Banca, e non i due cogaranti.

5. Con sentenza 13 aprile 2016 n. 597 il Giudice di pace di Avellino rigettò l’opposizione.

Il Giudice di pace ritenne che il contratto stipulato tra la Banca ed i quattro cogaranti costituiva una fideiussione e non un contratto autonomo di garanzia, e di conseguenza i garanti che avevano adempiuto l’obbligazione principale avevano diritto di regresso nei confronti degli altri cofideiussori.

6. La parte soccombente impugnò la sentenza.

Il Tribunale di Avellino con sentenza 6 giugno 2017 n. 1122 accolse il gravame, revocò i decreti opposti, e condannò gli appellati alle spese.

Il Tribunale, dopo avere diffusamente esposto i criteri di distinzione tra il contratto di fideiussione ed il contratto autonomo, ha ritenuto che nel caso di specie la banca ed i garanti avessero concluso quest’ultimo tipo di contratto, traendone la conclusione che “non sono esercitabili le azioni previste in caso di cofideiussione. Da tanto discende l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 1954 c.c.”.

7. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da D.L.A. e D.L.G. con ricorso fondato su cinque motivi.

F.V. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1946 e 1954 c.c.

Sostengono che il Tribunale ha erroneamente qualificato come “contratto autonomo di garanzia” quello da essi stipulato il 10 maggio 2011 con la banca; affermano che quel contratto si sarebbe dovuto qualificare come fideiussione solidale in considerazione del suo contenuto, che espressamente prevedeva la solidarietà di tutti i garanti, e implicitamente ammetteva (nella clausola n. 10) il regresso fra essi.

1.2. Il motivo è inammissibile.

Con esso, infatti, i ricorrenti censurano il modo in cui il giudice di merito ha interpretato il contratto, e sostengono che esso si sarebbe dovuto interpretare e qualificare diversamente.

Una censura siffatta, tuttavia, cozza contro varii principii, ripetutamente affermati da questa Corte: ovvero che l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità quando siano state violate le regole legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 c.c. e ss.; che tale violazione non può dirsi sussistente sol perchè il testo contrattuale consentiva in teoria altre e diverse interpretazioni, rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata; che l’interpretazione del contratto prescelta dal giudice di merito può condurre alla cassazione della sentenza impugnata quando sia grammaticalmente, sistematicamente o logicamente scorretta, ma non quando costituisca una non implausibile interpretazione, preferita tra altre non implausibili interpretazioni (ex multis, in tal senso, Sez. 3 -, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006, Rv. 589465 – 01).

Nel caso di specie, la società ricorrente nella sostanza non lamenta la violazione di uno o più tra i canoni legali di ermeneutica, ma contrappone la propria interpretazione del contratto a quella adottata dalla Corte d’appello, che di per sè era comunque non implausibile: di qui l’inammissibilità del motivo di ricorso.

1.3. Non sarà superfluo aggiungere, nondimeno, che il motivo in esame sarebbe inammissibile per difetto di decisività.

Infatti – lo si dirà meglio più oltre – al fine di stabilire se il garante solvens abbia o non abbia un’azione recuperatoria (regresso ex art. 1299 c.c., surrogazione ex art. 1203 c.c.) nei confronti di altri garanti è perfettamente inutile occuparsi della natura della garanzia personale da egli prestata.

Che quella garanzia avesse la natura di fideiussione tipica, di fideiussione atipica, o di contratto autonomo di garanzia, ciò è irrilevante ai fini della regolazione dei rapporti interni tra garanti.

Nulla vieta infatti che più garanti “atipici” prestino una garanzia autonoma e contestuale, promettendo al creditore garantito di rispondere in solido, con reciproco diritto di regresso; così come, all’opposto, è ben possibile che più fideiussori pestino garanzia in modo indipendente gli uni dagli altri, senza quindi assumere obblighi solidali e senza esporsi a reciproci regressi.

Non è la natura tipica od atipica del contratto di garanzia che governa l’esercizio dell’azione recuperatoria, ma ben altri fattori: la possibilità di esercitare il regresso (art. 1299 c.c.) dipenderà dalla sussistenza d’un vincolo solidale tra i garanti, tipica od atipica che sia la garanzia da essi prestata; la possibilità di esercitare la surrogazione (art. 1203 c.c.), invece, dipenderà dalla volontà del creditore o, nell’ipotesi di cui all’art. 1203 c.c., n. 3 dal concorso dei requisiti ivi previsti (il pagamento del debito altrui; l’esistenza d’un obbligo “con altri o per altri”; la sussistenza d’un interesse del solvens all’adempimento).

E poichè, per quanto meglio si dirà più oltre, nel caso di specie sussistevano i presupposti per l’esercizio del regresso da parte dei solventes, l’eventuale errore nella qualificazione del contratto commesso dal Tribunale resterebbe privo di conseguenze pratiche.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1298 e 1299 c.c.

Sostengono che, quale che fosse la qualificazione corretta da attribuirsi al contratto di garanzia stipulato a favore della banca, non poteva dubitarsi del fatto che tutti i garanti erano tra loro solidalmente obbligati nei confronti dell’istituto di credito, in base alla previsione della clausola n. 3 del contratto.

Ne traggono la conclusione che, in presenza di una obbligazione solidale, ed avendo essi adempiuto interamente il debito verso la banca, avevano diritto ai sensi dell’art. 1299 c.c. ad esercitare il regresso nei confronti degli altri condebitori.

2.2. F.V. ha eccepito l’inammissibilità del motivo, perchè introduttivo di una questione nuova, non sottoposta al giudice nei gradi di merito.

Tale eccezione è infondata.

Lo stabilire, infatti, se il condebitore solidale abbia o non abbia regresso nei confronti dei coobbligati è una questione di diritto, non un accertamento di fatto. Come tale, essa può essere posta per la prima volta anche in sede di legittimità, a condizione che non vengano mutati i fatti posti a fondamento della domanda, e non si muti il thema decidendum (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 16742 del 09/08/2005, Rv. 584862 – 01; Sez. L, Sentenza n. 22154 del 24/11/2004, Rv. 578104 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2967 del 01/03/2001, Rv. 544285 – 01).

Ambedue queste condizioni ricorrono nel caso di specie.

Il fatto costitutivo della pretesa, infatti, posto a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, è sempre rimasto il contratto di garanzia stipulato il 10 maggio 2011, nè vi è stato in questa sede ampliamento del thema decidendum, il quale è sempre rimasto lo stabilire se gli odierni ricorrenti avessero o non avessero titolo per recuperare dal controricorrente un’aliquota delle somme da essi pagate alla Banca.

2.3. Nel merito, il motivo è fondato.

Non è in contestazione fra le parti che l’art. 3 del contratto di garanzia prevedesse espressamente: “le obbligazioni derivanti dalla fideiussione sono solidali ed indivisibili anche nei confronti di successori e aventi causa”.

Nemmeno è in contestazione tra le parti che il contratto contenente la suddetta clausola fu sottoscritto tanto dagli odierni ricorrenti, quanto dall’odierno controricorrente.

Tale documento è stato correttamente trascritto nel ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e risulta allegato sub 1 allo stesso.

L’obbligazione tanto degli odierni ricorrenti, quanto di F.V., nei confronti della Banca, era dunque un’obbligazione solidale per espressa volontà delle parti.

2.4. L’obbligazione solidale può scaturire tanto dalla legge, quanto dalla volontà delle parti: lo si ricava dalla chiara lettera dell’art. 1294 c.c., il quale pone una presunzione generale di solidarietà “se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente”.

Quando una obbligazione sia espressamente qualificata dalle parti “solidale”, essa recherà con sè l’intero “statuto” di questo tipo di obbligazioni, ivi compreso il diritto di regresso tra coobbligati.

Perciò, dinanzi ad un patto espresso di attribuzione ad una obbligazione plurisoggettiva della qualifica di “solidale”, è ozioso discutere del modo in cui vada qualificato sub specie iuris il contratto da cui quella obbligazione scaturisca (tipico, atipico, ad effetti reali, ad effetti obbligatori, ecc.).

Si qualifichi come si desideri quel contratto, resterà tuttavia inderogabile l’attribuzione della qualità di “solidali” alle obbligazioni da esso scaturenti.

La sentenza impugnata ha dunque effettivamente violato l’art. 1299 c.c., nella parte in cui, dinanzi ad un contratto di garanzia che espressamente qualificava come “solidali” le obbligazioni dei garanti, ha escluso tra essi il diritto di regresso.

3. Gli altri motivi di ricorso.

3.1. Gli ulteriori motivi del ricorso principale restano assorbiti.

4. Il ricorso incidentale.

4.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale F.V. lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, che la sentenza d’appello sia incorsa nel vizio di omessa pronuncia.

Deduce di avere formulato, nel giudizio di opposizione in primo grado dinanzi al giudice di pace, due diversi motivi di opposizione: l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 1954 c.c., e la circostanza che i due ricorrenti per decreto ingiuntivo non avevano affatto pagato alcuna obbligazione di garanzia nei confronti della banca.

Espone a tal riguardo il ricorrente incidentale che D.L.G. ed d.L.A. non versarono alcuna somma direttamente nelle mani della banca, ma si limitarono a versare l’importo da questa richiesto sul conto corrente della società garantita Astacom. Ne trae la conseguenza che gli odierni ricorrenti in realtà effettuarono un finanziamento nei confronti della società garantita, e solo a questa avrebbero potuto richiedere la restituzione di quanto versato.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Denunciare il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di merito è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, “si fonda” su un atto processuale: quello contenente la domanda non esaminata.

Quando il ricorso si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;

(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).

Nel caso di specie, tuttavia, dalla sentenza d’appello si apprende (pag. 1) che la sentenza di primo grado venne impugnata da F.V. invocando “l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 1954 c.c.”.

Nella sentenza d’appello non si fa dunque menzione dell’esistenza di altri motivi di gravame, e tanto meno della riproposizione grado di appello della questione prospettata a fondamento del ricorso incidentale.

Il ricorrente incidentale, sul quale incombeva il relativo onere ai sensi del ricordato art. 366 c.p.c., n. 6, non ha tuttavia indicato nel proprio ricorso quando ed in che termini la suddetta questione sia stata riproposta in grado di appello. Di qui l’inammissibilità del ricorso incidentale.

5. Le spese.

Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Avellino, in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

(-) dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di F.V. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 3 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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