Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2799 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2799 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 2663-2007 proposto da:
ZIPPITELLI

MICHELE

(C.F.

ZPPMHL39E25A662Z),

ZIPPITELLI

GRAZIA

(C.F.

ZPPGRZ41D61A662Z),

ZIPPITELLI ANNA (C.F. ZPPNNA38A70A662V), nella

Data pubblicazione: 07/02/2014

qualità di eredi di GIOVANNA GRIMALDI, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE 5697, presso
2013
1825

l’avvocato BATTISTA DOMENICO, rappresentati e difesi
dagli avvocati URSINI PIETRO, RICCARDI LUCIO, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –

1

contro

COMUNE DI BARI (C.F. 8005010723), in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 2, presso l’avvocato
CIOCIOLA ROBERTO, rappresentato e difeso

speciale in calce all’atto di costituzione in
sostituzione, autenticata dal Segretario Generale
del Comune di Bari il 25.11.2013;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1324/2005 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 28/12/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
CRISTINA GIANCOLA;
udito,

per i

ricorrenti,

l’Avvocato DOMENICO

BATTISTA, con delega, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito,

per

il

controricorrente,

l’Avvocato

dall’avvocato LIOCE MARIANGELA, giusta procura

MARIANGELA LIOCE, con procura depositata in data
odierna, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1994 Giovanna Grimaldi, premesso di essere stata proprietaria in Bari di un suolo
esteso mq. 3150, che era stato assoggettato a procedimenti di occupazione legittima e di

viabilità, area di rispetto stradale e verde pubblico in attuazione del P.e.e.p., settore B
relativo al quartiere Poggiofranco, che l’area occupata era stata utilizzata solo
parzialmente, che con sentenza definitiva n. 868/88 la Corte di Appello di Bari, adita in
opposizione alla stima definitiva, aveva determinato le indennità di occupazione e di
espropriazione, ordinando al Comune di Bari il relativo deposito, tanto anche premesso
adiva il Tribunale di Bari chiedendo che il medesimo Comune fosse condannato al
pagamento degli indennizzi depositati ma non svincolati a suo favore e/o al
risarcimento del danno da lei subito e consistito pure nella mancata retrocessione del
terreno non utilizzato.
L’adito Tribunale con sentenza non definitiva n. 461 del 2000 accoglieva la prima delle
domande proposte dalla Grimaldi e con successiva sentenza definitiva del 30.12.2003,
rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dal Comune nelle difese
conclusive, accoglieva anche la domanda relativa al risarcimento del danno da mancata
retrocessione del terreno non utilizzato, determinandone l’entità in misura pari alla
differenza tra il valore del terreno all’attualità e le indennità percepite a titolo di
occupazione e di esproprio, rivalutate all’attualità.
Contro questa sentenza il Comune proponeva appello, resistito da Grazia, Anna, e
Michele Zippitelli, eredi della Grimaldi.
Con sentenza del 6-28.12.2005 la Corte di appello di Bari, respinta l’eccezione del
Comune di difetto di giurisdizione dell’AGO, in accoglimento del secondo motivo

3

espropriazione (definito con decreto sindacale n. 9 del 1980) per la realizzazione di

d’impugnazione ed riforma della sentenza appellata, rigettava la domanda di
risarcimento in questione.
Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale osservava che nell’atto introduttivo del

determinata da questa Corte come a lei spettante a titolo di indennità di esproprio,
questione che era stata decisa dal Tribunale con la prima sentenza non definitiva ed
ormai irrevocabile, aveva anche chiesto “il risarcimento del danno correlato all’omessa
retrocessione dell’immobile espropriato ed alla diversa sua utilizzazione, attesa la
concessione in favore di terzi e l’edificazione per fini residenziali dall’ente autorizzata
in deroga alle previsioni del P.e.e.p, aveva cioè chiesto di valutare la sussistenza di una
ipotesi di responsabilità della P.A., secondo lo schema di cui all’art. 2043 cod.civ., che
imponeva di verficare la ravvisabilità o meno di un “danno ingiusto”. Di contro il
Comune:
a) aveva sostenuto che la dichiarazione di inservibilità dell’area non utilizzata per lo
scopo cui era finalizzata l’espropriazione (art. 61 co.3 L. 2359/1865) non consentiva
succedanei impliciti e costituiva d’altra parte presupposto fondamentale dell’istanza di
retrocessione (parziale), sicché di fatto la domanda della Grimaldi era rivolta ad
ottenere un provvedimento amministrativo di dismissione, o quanto meno la
declaratoria di illegittimità del comportamento, nella specie discrezionale, del Comune,
statuizioni entrambe rimesse all’ A.G.A.
b) aveva lamentato con il secondo motivo di appello che il primo giudice avesse
indebitamente ravvisato il danno ingiusto nel fatto che il suolo, che era stato
espropriato al fine di realizzare zona di rispetto dell’arteria stradale di nuova
costruzione, fosse stato destinato ad altro scopo del tutto estraneo, e precisamente
ceduto con diritto di superficie e poi in proprietà alla Congregazione delle Suore di

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giudizio la Grimaldi, dopo essersi doluta del mancato svincolo dell’intera somma

Carità della Immacolata Concezione, altrimenti denominate come “suore di Ivrea”,
destinazione che invece secondo il medesimo comune sarebbe pur sempre rientrata
nella pianificazione urbanistica afferente il P.e.e.p. del Rione Poggiofranco, essendo

di altro terreno da destinare a strada, nel sostanziale rispetto dell’originaria finalità del
provvedimento ablatorio. In particolare il Comune appellante aveva sostenuto che
l’utilizzazione dell’area già di proprietà della Grimaldi non aveva derogato alla
originaria sua destinazione, giacché il PEEP di Poggiofranco ed il relativo piano di
adeguamento alla viabilità (adottato con delibera n.756/83) prevedevano nel settore B
un lotto destinato ad “attrezzature di alloggi comunitari con attività religioso sociali”,
che apparteneva già in parte, in forza di precedente donazione, alla Congregazione
religiosa sopra richiamata. Richiesta allora da quest’ultima concessione per la
realizzazione di un “Centro Giovanile per novizie” oltre che sede della “Provincia
religiosa dei Sacri Cuori”, si era addivenuti a concordare la cessione gratuita, da parte
della Congregazione, dei suoli destinati al completamento della III Mediana bis ed a
rondò stradale (per mq. 1914) in cambio della concessione superficiaria temporanea dei
terreni già espropriati per la viabilità della zona, tra i quali il “relitto” della Grimaldi,
destinato a verde sia pure al servizio della erigenda costruzione (il relitto poi ceduto in
proprietà il 30/3/2000 alla Congregazione, come da atto prodotto in appello dagli eredi
Grimaldi).
La Corte distrettuale precisava inoltre che il Tribunale aveva sottolineato che dalla
originaria part. 128 del fg. 39 di proprietà della Grimaldi fino all’1/12/1980 si erano
originate la part. 1423, effettivamente destinata a strada (denominata via Gandhi)
nell’ambito del P.d.Z. ex L. 167/1962 approvato il 26/4/1965, e la part. 1422 di mq.
1834 di superficie destinata a “zona di rispetto stradale”, ma in realtà dapprima

5

stata giustificata dalla contemporanea cessione gratuita, da parte della Congregazione,

concessa in uso per destinazione a verde alla Congregazione delle Suore d’ivrea,
previa variante di P.R.G. deliberata il 24/5/1983, e poi ceduta alla medesima
Congregazione in proprietà il 30/3/2000 con inglobamento nella part. 783 già della

Universitario.
Tanto anche premesso, la Corte distrettuale riteneva che il comportamento, peraltro
debitamente documentato, del Comune non poteva configurare “danno ingiusto”, in
quanto:
a.

in tal senso non era sufficiente richiamare la diversa destinazione attribuita al
terreno rispetto a quella prevista nel decreto di espropriazione, giacché la (eventuale)
illegittimità degli atti che una tale diversa destinazione avevano determinato non
consentiva di affermare l’ingiustizia” del comportamento del Comune inteso come
apparato;

b.

rispetto alla tesi degli appellati per la quale tale ingiustizia sarebbe stata da
configurare in senso omissivo ed in senso commissivo, occorrendo valutare sotto il
primo profilo il comportamento del Comune, che, una volta scaduto il termine
diciottennale di validità del p.e.e.p., non aveva disposto la retrocessione del relitto non
utilizzato e sotto il secondo profilo la concessione in uso privato dapprima e poi la
cessione onerosa del suolo, che doveva essere destinato a zona di rispetto della
viabilità, emergeva che la Grimaldi non aveva ritenuto di impugnare dinanzi al G.A. né
la variante del 1983 né le delibere autorizzative degli atti intercorsi con la
Congregazione, né tanto meno aveva richiesto la retrocessione della zona di terreno
assuntamente non utilizzata;

c.

non era dimostrato che vi fosse stata una effettiva inutilizzazione del terreno per lo
scopo contenuto nel decreto di esproprio, dovendo all’epoca semplicemente detto

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stessa Congregazione e destinazione a verde condominiale ed a Centro Giovanile

terreno essere preservato da destinazioni (ad esempio una edificazione, peraltro
sostenuta in citazione e risultata non afferente la particella in contestazione)
incompatibili con la previsione dell’art. 25 N.T.A. del P.R.G. (cfr. parere della

30/3/2000): dunque alla scadenza del termine diciottermale non vi era spazio per la
retrocessione dell’immobile, peraltro nemmeno richiesta;
d.

la (diversa) destinazione conferita alla zona, da un canto appariva giustificata
nell’ambito complessivo dell’accordo raggiunto con la Congregazione (acquisizione
gratuita da parte del Comune di altra zona destinata a viabilità), dall’altro non era
incompatibile con la destinazione originaria, visto che intatto era rimasto il vincolo di
inedificabilità (destinazione a verde);

e.

l’eventuale illegittimo esercizio della funzione pubblica denunziato dagli appellati
(cessione del bene a privati a prezzo inadeguato dopo la forzosa sottrazione alla sua
proprietaria) non poteva essere causalmente collegato alla omessa retrocessione del
terreno, che costituiva oggetto esclusivo di questa controversia.
– in definitiva la domanda così come proposta appariva infondata.
Avverso questa sentenza gli Zippitelli hanno proposto ricorso per cassazione affidato a
due motivi e notificato 1’11.02.2007 al Comune di Bari, che il 16 -20/23.02.2007 ha
resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso gli Zippitelli denunziano:

1.

“Violazione di legge per falsa applicazione della norma di cui all’art. 2043 c.c.
e omessa applicazione del principio costituzionale di imparzialità e buon andamento
dell’attività della p.a. sancito dall’art. 97 della Costituzione (art. 360 n. 3 C.P.C);
motivazione illogica, comunque insufficiente, con riguardo a questioni decisive,

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Ripartizione Edilizia Privata del 27/4/1999 richiamato nell’atto di cessione del

espressamente prospettate, quali l’omessa espropriazione dell’immobile di proprietà
della Congregazione delle Suore di Ivrea, la variante della zonizzazione approvata dopo
la scadenza del termine di validità del piano di zona, la cessione del relitto in favore del

Censurano la non ravvisata sussistenza del danno ingiusto in riferimento all’intervenuta
cessione alla Congregazione del relitto di terreno espropriato, alla ritenuta identità di
natura tra i vincoli d’inedificabilità ( zona di rispetto stradale/verde privato) impressi al
medesimo relitto prima e dopo l’esproprio nonché compatibilità tra la destinazione
urbanistica anteriore e posteriore alla variante del 1983, illegittimamente approvata con
delibera consiliare adottata ai sensi dell’art. 8 della legge n. 167 del 1962.
2. “Errata motivazione della sentenza impugnata con riguardo a questione
decisiva, espressamente prospettata e comunque rilevabile d’ufficio, quale l’esclusione
della pregiudizialità di impugnazione dei provvedimenti amministrativi ai fini
dell’affermazione della responsabilità risarcitoria della p.a..; illogicità della
motivazione per avere la Corte di merito escluso l’obbligo di retrocessione del relitto
per asserita incompatibilità con la domanda di liquidazione della giusta indennità dì
espropriazione in precedenza proposta (art. 360, n. 5. C.P.C.).”.
Premesso che il Comune ha trasferito il relitto alla congregazione nel 2000 e, quindi, in
corso di causa, sostengono che l’ente ben avrebbe invece potuto revocare la
concessione in uso del medesimo bene e disporne la retrocessione a loro e che, pur
essendo la domanda restitutoria implicita nella domanda risarcitoria, la Corte di appello
non ha compiuto per tale profilo alcuna indagine ed anzi ha erroneamente a loro
addebitato di non avere impugnato in sede amministrativa i provvedimenti emessi dal
medesimo Comune , a fronte anche del fatto che di fatto per le aree adibite a viabilità
era già intervenuta l’occupazione acquisitiva ed ulteriormente che dall’opposizione alla

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detto ente religioso per la realizzazione di una diversa opera (art. 360, n. 5. C.P.C.). .”.

stima ed alla misura delle indennità non avrebbe potuto inferirsi la carenza d’interesse
alla retrocessione del relitto.
I due motivi del ricorso, che essendo connessi consentono esame congiunto, non hanno

Con esegesi rimasta incensurata, la Corte d’appello ha interpretato la domanda
risarcitoria in esame come esclusivamente volta al risarcimento del danno da omessa
retrocessione del relitto, in tesi non utilizzato per l’opera pubblica in funzione della
quale era stata disposta l’espropriazione con decreto del 1°.12.1980 ma destinato a
tutt’altro scopo, previa adozione, con deliberazione n. 736 del 24.05.1983, di variante
al Piano di Zona ex legge n. 167/1962 approvato il 26.04.1965. Rispetto a questa
specifica delimitazione dell’oggetto dell’azionata pretesa risarcitoria le censure svolte
dai ricorrenti si rivelano inammissibili nella parte in cui ai fini riparatori involgono il
diverso e più ampio ambito della responsabilità della pubblica amministrazione per
l’esercizio di attività provvedimentale e negoziale illegittima ed illecita. Per un verso,
infatti, introducono un profilo di indagine correlato ad un utilizzo illecito del relitto,
nuovo ed antitetico rispetto a quello originario come in precedenza inteso; per altro
verso invece, ancorato all’inservibilità del medesimo relitto, si rivelano ultronee
rispetto alla doverosa verifica circa l’esistenza del diritto al risarcimento del dedotto
danno ingiusto da mancata retrocessione del relitto inutilizzato ed inutilizzabile, dalla
quale esorbitano soggettivi interessi e scopi illeciti in tesi sottesi all’adozione ed al
collegamento delle varie iniziative amministrative dei cui estremi oggettivi occorre
invece tenere conto.
Con riguardo, dunque, al valorizzato inquadramento giuridico va ricordato che, allorché
l’espropriazione di uno o più beni rientra, come nella specie, nell’ambito di una più
vasta dichiarazione di pubblica utilità (in tema. cfr anche cass. n. 6622 del 1983), come

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pregio.

accade proprio in quella relativa ad un piano di edilizia economica e popolare,
l’effettiva esecuzione dell’opera pubblica o di interesse pubblico deve essere riferita
all’intero complesso dei beni da quest’ultima interessati e non a singoli beni

immobili appartenenti a diversi proprietari o di più porzioni di immobili appartenenti al
medesimo titolare, e pur se l’opera programmata non abbia poi in concreto interessato
qualcuno di tali fondi o porzioni, ma sia stata comunque eseguita sia pur in termini
ridotti, resta ferma la regola che la mancata utilizzazione di alcune aree o realizzazione
di una o più delle opere previste dal piano, per le quali sia stato emesso il decreto di
esproprio non fa sorgere il diritto alla retrocessione degli immobili a tal fine ablati, ma
solo l’interesse legittimo del proprietario della o delle aree non utilizzate,
all’accertamento della inservibilità dei beni, cui soltanto consegue il diritto alla
restituzione ( cfr, tra le altre, cass. SU n.23823 del 2009; cass. SU n. 10894 del 2001).
Tuttavia, quand’anche non sia intervenuto un formale provvedimento amministrativo
dichiarativo dell’inservibilità di parte dei beni espropriati (artt 60 e 61 della legge n.
2359 del 1865), l’autorità giudiziaria può riconoscere valore equipollente ad un
comportamento dell’amministrazione espropriante che implichi la programmazione di
una utilizzazione del relitto diversa da quella implicata dalla declaratoria di pubblica
utilità sottesa al già disposto esproprio. Alla luce di tali principi l’impugnata
conclusione si rivela ineccepibilmente aderente al dettato normativo ed al relativo
risalente orientamento giurisprudenziale, posto che il suolo non ancora utilizzato era
stato successivamente attinto dal piano di adeguamento della viabilità del PEEP,
adottato con variante n. 756 del 1983, e, dunque, assoggettato a destinazione
conformativa compatibile con il precedente strumento esecutivo e la relativa
dichiarazione di pubblica utilità ( ex art. 37, comma quinto, della legge regionale Puglia

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eventualmente rimasti inutilizzati; per cui anche nel caso di espropriazione di più

n. 56 del 31.05.1980 e successiva sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 2003),
sicché nemmeno altrimenti e pure a prescindere dalla legittimità o meno della variante
in questione, erano per essa configurabili comportamenti del Comune atti a fare inferire

l’esame delle residue doglianze.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna in solido dei
soccombenti Zippitelli al pagamento in favore del Comune di Bari, delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido gli Zippitelli al pagamento, in favore del
Comune di Bari, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 5.000,00 per
compenso ed in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013
Il Presidente

inservibilità e dismissione del bene in questione. Gli esposti rilievi rendono superfluo

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