Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27980 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 21/12/2011), n.27980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Tecnorem s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Bocca di Leone 78, presso

l’avv. Cicala Curzio, che la rappresenta e difende, giusta delega in

calce ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia del Territorio, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia (Milano), Sez. 34, n. 69/34/06, del 10 maggio 2006,

depositata l’8 giugno 2006, non notificata;

Vista la relazione ex art. 380-bis c.p.c. della causa svolta nella

Camera di Consiglio del 16 novembre 2011 dal Relatore Cons. Raffaele

Botta;

Udito l’avv. Curzio Cicala per la parte ricorrente;

Preso atto che il P.G. non ha presentato proprie osservazioni sulla

relazione ex art. 380-bis c.p.c. notificatagli.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il ricorso che concerne una controversia relativa a ricorsi riuniti riguardanti l’impugnazione di due notifiche di classamento per fabbricati in categoria D/1 con modifica oltre il termine della proposta DOCFA e con l’applicazione del tasso di fruttuosità del 3% – poggia su quattro motivi con i quali si lamenta l’illegittima determinazione da parte del giudice di merito della rendita con l’applicazione di un tasso di fruttuosità del 2,5% (primo motivo); la decadenza dell’amministrazione per il mancato rispetto del termine previsto per la rettifica della proposta DOCFA (secondo motivo); la carenza di motivazione in ordine alla rettifica del valore venale unitario dell’area e alla applicazione di un tasso di fruttuosità del 3% (terzo motivo); l’illegittima determinazione di un tasso diverso dal 2% previsto dalla legge (quarto motivo).

Ritenuto che il ricorso:

a) è manifestamente infondato, in relazione al primo motivo, avendo questa Corte stabilito che Il processo tributario non è annoverabile tra quelli di impugnazione – annullamento, bensì tra quelli di impugnazione – merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria (Cass. n. 25376 del 2008);

b) è manifestamente infondato, in relazione al secondo motivo avendo questa Corte stabilito: In tema di catasto dei fabbricati, con il D.M. 19 aprile 1994, n. 701, regolamento emanato ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 3, è stata introdotta una procedura – c.d. DOCFA – per l’accertamento delle unità immobiliari, che consente al dichiarante, titolare di diritti reali sui beni, di proporre la rendita degli immobili stessi; la procedura ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto ed il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 56 la funzione di “rendita proposta”, fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla determinazione della rendita definitiva, sicchè il termine massimo (“entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni”) di un anno assegnato all’ufficio dal D.M., art. 1, comma 3, per la “determinazione della rendita catastale definitiva” non ha natura perentoria, con conseguente decadenza dell’amministrazione dall’esercizio del potere di rettifica – costituente una modalità di esercizio dei poteri per la formazione ed aggiornamento del catasto – ma meramente ordinatoria. La natura perentoria del termine, infatti, oltre a non essere attribuita dalla norma regolamentare, neppure può ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con la quale è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento delle rendite catastali. Pertanto, ove l’amministrazione non provveda a definire la rendita del bene oggetto di classamento, saranno le dichiarazioni presentate dai contribuenti ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 56 a valere come “rendita proposta” fino a che l’ufficio non provvedere alla determinazione della rendita definitiva (Cass. n. 16824 del 2006; v.

anche Cass. nn. 22230 del 2008, 21139 del 2009, 14818 del 2010, 7380 del 2011); C) è inammissibile in relazione al terzo motivo che censura l’atto impositivo e non la sentenza impugnata;

d) è manifestamente fondato, relativamente al quarto motivo di ricorso, avendo questa Corte stabilito che: In tema di reddito dei fabbricati a fini fiscali, l’ordinamento tributario attribuisce alla rendita catastale funzione strumentale immediata nell’individuazione della capacità contributiva, mentre la proprietà di un’unità immobiliare è direttamente assunta dal giudice ad indice di capacità contributiva. Invece, quando la capacità contributiva è correlata al valore o all’incremento di valore dell’immobile – come si verifica in materia di imposte indirette – la rendita non esplica effetti immediati, ma serve solo per delimitare il potere accertativo dell’Amministrazione, essendo la base imponibile costituita dal valore venale in comune commercio. In entrambe le ipotesi, il valore degli immobili, ove l’esplicazione della funzione della rendita lo presupponga, è determinato applicando all’ammontare delle rendite catastali risultanti in catasto, periodicamente rivalutate, i moltiplicatori previsti dal primo periodo del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 56, u.c. che sono stabiliti dal D.M. 14 dicembre 1991 nella misura di cento volte per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali A, B e C e di cinquanta e trentaquattro volte, rispettivamente, per quelle classificate nei gruppi D ed E. Dall’entità di tali moltiplicatori si ricava, in senso inverso, che il saggio di capitalizzazione delle rendite catastali, al quale fa riferimento il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 29 per la determinazione del capitale fondiario, è rappresentato, a seconda dei diversi gruppi, dall’1 per cento, dal 2 per cento e dal 3 per cento e, essendo lo stesso determinato uniformemente ed autoritativamente per ciascun gruppo, nessu na discrezionalità può essere riconosciuta all’U.T.E. nella sua individuazione (Cass. n. 9056 del 2005; v. anche Cass. n. 10361 del 2006). Ritenuto, pertanto, che deve essere accolto il quarto motivo di ricorso assorbiti i restanti, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA