Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2798 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2798 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CECCHERINI ALDO

SENTENZA

sul ricorso 32229-2006 proposto da:
OP,\
FALLIMENTO CASA DI SPEDIZIONE COMM. ANGELO CARLOTTO
& C, S.A.S., in persona del Curatore dott. PAOLO
DEL FIANDRA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 07/02/2014

SILVIO PELLICO 42, presso l’avvocato MONTARSOLO
ARMANDO, rappresentato e difeso dall’avvocato
2013
1820

MENCHINI PIETRO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

1

BIPIELLE LEASING S.P.A.

(C.F. 00865870505), già

PROFESSIONAL LEASING S.P.A., ed oggi ITALEASING
S.P.A., in persona dei procuratori pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI
113, presso l’avvocato LOLLINI SUSANNA, che la

MAllONI LIONELLO, giusta procura in calce al
controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n.

619/2006 della CORTE

D’APPELLO di GENOVA, depositata il 08/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 27/11/2013 dal Consigliere
Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per il ricorrente,

l’Avvocato ARMANDO

MONTARSOLO,

che

con

delega,

ha

chiesto

l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso

rappresenta e difende unitamente all’avvocato

per il rigetto del ricorso (inammissibilità del
controricorso).

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza 8 giugno 2006 la corte d’appello di
Genova, in riforma della decisione del tribunale Massa,
giudice di primo grado, respinse la domanda proposta dal

& C. s.a.s. di revoca ex art. 67, comma secondo legge
fall., della vendita di automezzi, conclusa in data 8 settembre 1989 dalla società allora in bonis a favore della
Professionale Leasing s.p.a., poi Bipielle Leasing s.p.a.,
escludendo che fosse stata fornita la prova della conoscenza dello stato d’insolvenza in capo alla società acquirente.
2. In particolare, la corte considerò che: – tutti i
protesti a carico della società venditrice erano successivi alla vendita, mentre i tre protesti a carico di angelo
Carlotto personalmente risalivano ai primi tre mesi del
1985 e non provavano lo stato d’insolvenza alla data della
vendita; – alla stessa data erano pendenti solo una procedura esecutiva mobiliare e un’immobiliare, cui dovevano
aggiungersi tre pignoramenti mobiliari del 1988 e del
1989, due della società e uno del Carlotto, alcuni decreti
ingiuntivi, un precetto del 1989 e sequestri conservativi
ante causam del marzo 1987 eseguiti su beni mobili; – questi atti erano tuttavia irrilevanti perché – con la sola
I..

eccezione del pignoramento immobiliare – privi della pub3

fallimento della Casa di Spedizione Comm. Angelo Carlotto

blicità verso terzi; la richiesta della curatela fallimentare, di esibizione alla parte e al terzo in relazione alle segnalazioni effettuate nel periodo 1/1/1988 – 8/9/1989
presso la centrale rischi ASSILEA o altre centrali, degli
insoluti e dell’appostazione in sofferenza o incagli dei

sari requisiti di ammissibilità (individuazione dei documenti, prova della loro esistenza e del loro possesso in
capo alla parte o al terzo; – gli elementi in questione,
del resto, non erano rilevanti, trattandosi nella fattispecie di vagliare non il merito creditizio della clientela, o del debitore, bensì del fornitore creditore del corrispettivo; – non presentava profili di anomalia la vendita di tutti i veicoli della Canotto, essendo la società
acquirente tenuta a verificare che i veicoli rientrassero
quali strumenti nell’attività del suo utilizzatore, ma non
anche a verificare le motivazioni che avevano indotto la
Canotto a cedere i veicoli; il fatto che il geometra Carlotto fosse amministratore della società poi fallita e anche della Canotto Edilcostruzioni s.r.l. non provava
l’esistenza di un unico centro d’imputazione dei rapporti
e non autorizzava il superamento della distinta soggettività.
3. Per la cassazione della sentenza, notificata il 19
settembre 2006, ricorre il fallimento con atto notificato

4

Il con.Jre1. est.
dr. Ald
cherini

finanziamenti concessi alla fallita erano prive dei neces-

il 17 novembre 2006 per quattro motivi a loro volta articolati, illustrati con memoria.
La BIPIELLE Leasing s.p.a. resiste con controricorso
notificato il 20 dicembre 2006.

4.

E’ stata eccepita l’inammissibilità del controri-

corso per difetto di legittimazione processuale dei procuratori, siccome rappresentanti esclusivamente processuali.
L’eccezione è infondata. Secondo l’insegnamento delle
sezioni unite di questa corte, si può pervenire all’individuazione dei poteri sostanziali delegati – costituenti
il presupposto di legittimità del conferimento di poteri
di rappresentanza processuale – anche per via indiretta
e/o in relazione alla natura controversa dei rapporti de
quibus, ben essendo ipotizzabile un assetto organizzativo
che preveda – come nella fattispecie qui esaminata – la
preposizione institoria di alcuni procuratori speciali a
un coacervo di rapporti costituenti un settore dell’azienda e aventi la caratteristica comune di essere oggetto di
controversia (Cass. Sez. un. 8 maggio 1998 n. 4466). Deve
aggiungersi peraltro che i poteri di conciliare e transigere la vertenza, che figurano nella procura prodotta in
atti, implicano necessariamente una rappresentanza anche
sostanziale.

5

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il primo motivo di ricorso (sub 4.1.) è posto sotto
la rubrica della violazione dell’art. 67, comma 2, l.
fall. in ordine all’affermata insussistenza del presupposto della scientia decoctionís in capo alla società acquirente.

verte sulla prova della conoscenza dello stato d’insolvenza, che può essere fornita anche per presunzioni. Questo
quesito, che non è congruente con la rubrica del motivo, è
inammissibile, perché non è indicato – né del resto comunque reperibile – il passo della motivazione dell’impugnata
sentenza nel quale il giudice di merito avrebbe negato
l’ammissibilità della prova per presunzioni.
6. Il secondo quesito verte sulla necessità di dar rilievo, ai fini della medesima prova, alle qualità soggettive dell’acciplens.
Questo quesito deve essere esaminato insieme al motivo
successivo (4.2.), per violazione degli artt. 2727 (definizione della presunzione) e 2729 (regola di prudenza del
giudice nella valutazione della gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari) c.c. Con il relativo
quesito si sollecita l’affermazione che è necessaria una
valutazione globale e sintetica e non (solo) analitica degli elementi indiziari.

6

Il cc)
dr. Al.

rel. est.
eccherini

Sono proposti due quesiti di diritto. Il primo di essi

Le censure tendono alla rivalutazione del merito della
causa, e sono inammissibili. Secondo l’insegnamento delle
sezioni unite di questa corte, al giudice di legittimità
non è conferito il potere di riesaminare il merito
dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio,

correttezza giuridica e della coerenza logico – formale,
delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare
le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare
le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti a esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. sez. un. 27 dicembre 1997 n. 13045).
I pretesi quesiti di diritto si traducono invece, nel
caso presente, in un inammissibile tentativo di introdurre
nel presente giudizio di legittimità una questione di valutazione degli elementi di prova.
7.

Il terzo motivo (4.3.) mescola sin dalla rubrica

vizi intrinsecamente eterogenei quali violazioni di norme
di diritto e vizi di motivazione. Nel successivo sviluppo
dell’argomentazione, le supposte questioni di motivazione

7

bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della

si traducono in questioni di apprezzamento della prova
presuntiva, sviluppate analiticamente per ciascuno degli
elementi indiziari, che come tali sono inammissibili.
7.1.

Per la parte in cui denuncia la violazione delle

norme in tema di presunzioni semplici, il motivo in esame,

offerte dal fallimento e giudicate dalla corte territoriale invalide, nell’esercizio della “prudenza” a lui “lasciata” dall’art. 2729 c.c.
Ora, è bensì vero che si registrano alcune incertezze
sui limiti della sindacabilità in cassazione delle presunzioni positivamente utilizzate dal giudice di merito, e
cioè dell’intrinseca idoneità del fatto noto a suggerire
l’esistenza del fatto ignoto, e del percorso logico seguito dal giudice a questo riguardo. Deve tuttavia in ogni
caso escludersi la possibilità di censurare la valutazione
di insufficienza dei singoli elementi presuntivi a dimostrare il fatto ignoto, fuori del caso di manifesta illogicità, che qui non ricorre. Il legislatore, affermando
esplicitamente nell’art. 2729 c.c. di lasciare le presunzioni alla prudenza del giudice, si riferisce certamente
al giudice di merito, cui spetta la scelta e
l’apprezzamento degli elementi di fatto nel caso concreto.
La norma invocata, laddove enuncia i requisiti che devono
avere le presunzioni perché possa a esse riconoscersi va-

8

Il
dr.

s. rel. est.
Ceccherini

verte in definitiva sulla consistenza delle presunzioni

lore di prova, non rende con ciò sindacabile sul piano
della legittimità la prudenza esercitata nelle valutazioni
critiche che hanno motivato il rifiuto delle presunzioni
proposte dalla parte, giacché questo giudizio non può essere isolato dalla valutazione complessiva di tutti gli

strettamente riservato al giudice di merito.
Deve in conclusione affermarsi il principio, già altre
volte enunciato dalla corte, per cui, allorché la prova
invocata sia costituita da presunzioni, rientra nella valutazione del giudice di merito il giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi addotti a essere utilizzati
dal giudice per dedurne l’esistenza di un fatto principale
ignoto; mentre la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla
legge per poter valorizzare elementi di fatto come fonti
di presunzione non è sindacabile in sede di legittimità se
sorretto da una motivazione immune da vizi logici o giuridici (Cass. 19 febbraio 2004 n. 3321).
8.

Con l’ultimo motivo si denuncia la violazione

dell’art. 210 c.p.c. si censura il mancato accoglimento
dell’ordine di esibizione della documentazione relativa
alle segnalazioni di sofferenza o incaglio dei finanziamenti concessi alla società fallita o al Carlotto personalmente, quantunque nella fattispecie la società allora

.

9

elementi acquisiti al giudizio, e questo a sua volta è

in bonis fosse la venditrice e non una cliente della società di leasing. In memoria si sostiene che con l’istanza
istruttoria si voleva “dimostrare quanto fosse agevole per
la Professional Leasing s.p.a. consultare la Centrale rischi dell’ASSILEA anche «per i clienti non propri»”.

cisione con l’osservazione che i documenti da esibire non
erano stati individuati, e della loro esistenza non era
stata fornita la prova, si deduce che i documenti erano
stati individuati e che la prova della loro esistenza non
era necessaria, non essendo stata contestata dalla società
convenuta nella prima udienza successiva all’istanza di
esibizione.
Con il quesito di diritto si chiede se, ai fini
dell’istanza di esibizione, sia sufficiente che il documento da esibire sia individuabile in modo da consentirne
la valutazione di rilevanza, e occorra la prova del suo
possesso in capo al destinatario dell’ordine di esibizione
in assenza di contestazione in ordine al possesso medesim o.

9.1.

Il motivo è inammissibile, in applicazione del

principio di diritto (conforme a quello enunciato nel precedente richiamato dallo stesso fallimento ricorrente, per
il quale il rigetto da parte del giudice di merito dell’istanza di disporre l’ordine di esibizione al fine di ac-

10

Il cons
dr. Ald

1. est.
ccherini

8.1. Avendo la corte territoriale motivato la sua de-

quisire al giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non è sindacabile in cassazione, perché, trattandosi di strumento istruttorio residuale utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile “aliunde”, la valutazione della relativa indispensabilità è

non necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione, il mancato esercizio di tale potere non essendo
sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. 16 novembre 2010 n. 23120: principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, c.p.c. e conforme a una giurisprudenza assai risalente: 25/10/1966 n.
2601, 2/02/1967 n. 296, 17/04/1968 n. 1146, 7/04/1972 n.
1065, 19/03/1980 n. 1832, 30 gennaio 1995 n. 1092, 22 febbraio 1995 n. 2019, 8 aprile 1995 n. 4109,

14/09/1995 n.

9715, 16 maggio 1997 n. 4363, 12 settembre 2003 n. 13443,

14/07/2004 n. 12997). Vero è che, accanto a questo indirizzo, se ne registra uno diverso, per il quale il mancato
esercizio del potere di ordinare alla parte e a un terzo
l’esibizione di un documento è censurabile in sede di ricorso per cassazione, alla duplice condizione che il giudice abbia omesso del tutto di motivare sull’istanza avanzata dalla parte e che il mezzo di prova richiesto e non
ammesso risulti funzionale alla dimostrazione di punti decisivi della controversia (v. Cass. nn. 6439/10, 19521/04,

11

rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e

16047/04,

10043/04,

12611/03,

3290/03,

9815/02

e

12507/99). Ma neppure questa giurisprudenza gioverebbe
nella fattispecie al ricorrente, perché la decisione del
giudice di merito è motivata, e – a parte il rilievo che
non è stato formulata una censura per vizio di motivazione

rattere esplorativo della richiesta, è sufficiente e immune da vizi intrinseci.

10. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le
spese del giudizio di legittimità sono a carico della parte soccombente e sono liquidate come in motivazione.
P. q. m.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi C 5.200,00, di cui C 5.000,00 per
compenso, oltre agli accessori di legge.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione della Corte suprema di cassazione, il giorno
27 novembre 2013.

– la motivazione stessa, che denuncia in sostanza il ca-

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