Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27979 del 07/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 07/12/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 07/12/2020), n.27979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1976-2014 proposto da:

MARMI LODI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, V. MARIO SAVINI 7,

presso lo studio dell’avvocato VALENTINA ROMAGNA, rappresentato e

difeso dall’avvocato DONATELLA DI LEO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE LODI, MINISTERO ECONOMIA

FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 48/2013 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 22/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa D’ANGIOLELLA ROSITA;

 

Fatto

RILEVATO

che:

La società Marmi Lodi s.r.l., esercente attività di “lavorazione del marmo ed altri materiali lapidei”, propose ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato, per l’anno 2004, maggiori ricavi non contabilizzati per complessivi Euro, recuperando a tassazione maggiore Ires, Irap e Iva, oltre sanzioni ed interessi.

La Commissione tributaria provinciale di Lodi, con sentenza n. 44/2/2011, accoglieva il ricorso, ritenendo illegittimo l’accertamento fondato sul mero scostamento dei ricavi con lo studio di settore, annullava l’avviso e compensava le spese di lite. L’Agenzia delle entrate proponeva appello avverso tale sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che, con la sentenza n. 48/14/13, depositata il 22 maggio 2013, non notificata, accoglieva l’appello, rideterminava la pretesa impositiva sulla base del ricavo puntuale di Euro 1.608.932,00, risultante dallo studio di settore evoluto, modello UDO4B, con compensazione delle spese di lite.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “violazione della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 2, in quanto non si è in presenza di almeno due periodi di imposta su tre con ricavi non congrui unitamente ad omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia”, la ricorrente assume l’illegittimità della sentenza impugnata sia sotto il profilo della violazione della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, per errata individuazione del triennio dei due esercizi non consecutivi la CTR avrebbe considerato anche gli anni successivi al periodo d’imposta oggetto di accertamento, cioè il 2003, 2004 e 2005, anzichè solo quelli precedenti – sia sotto il profilo della carente, insufficiente e contraddittoria motivazione su tale questione.

Il profilo riguardante il vizio motivazionale è inammissibile, solo a voler considerare che si tratta di sentenza pubblicata nel maggio 2014 e, quindi, in epoca successiva al 12 settembre 2012, data dalla quale è entrato in vigore il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che consente l’impugnazione per la diversa ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

L’ulteriore profilo di ricorso riguardante l’errata individuazione del triennio nel quale individuare i due esercizi non consecutivi per l’applicabilità degli studi di settori alle imprese in contabilità ordinaria, è infondato.

La L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 2, come modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, comma 409, così dispone: “Nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando in almeno due periodi d’imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi di imposta. La disposizione del comma 1 trova applicazione in ogni caso nei confronti degli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7”.

Il testo previgente, invece, statuiva la possibilità del ricorso allo strumento standardizzato nei confronti dei soli “esercenti attività

d’impresa in regime di contabilità ordinaria per effetto di opzione e non in regime di contabilità ordinaria”.

Sia la previsione previgente che quella successiva sull’accertamento standardizzato, presuppongono, dunque, che in almeno due periodi d’imposta su tre consecutivi compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi, determinabili sulla base degli studi di settore, risulti superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi d’imposta.

Tutto ciò riguarda anche l’anno di accertamento in contestazione posto che la L. 30 dicembre 2004, n. 311, comma 411, ha individuato l’ambito di efficacia del nuovo testo a partire “dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004”.

In altri termini, poichè nella fattispecie in esame l’accertamento ha riguardato l’anno d’imposta del 2004, legittimamente – come ritenuto dai secondi giudici – l’Amministrazione finanziaria, con riferimento al regime dell’impresa, ha fatto ricorso allo studio di settore ed ha fatto ciò secondo le immutate modalità procedurali stabilite dalla norma in esame, considerando un triennio d’imposta che includesse anche l’anno da accertare (cfr. Sez. 5, Sentenza, n. 6742 del 15/03/2017, Rv. 643468-01, che ha ritenuto potersi considerare – ai fini del triennio nel quale individuare i due esercizi consecutivi non congrui e ferma la necessaria inclusione di quello da accertare – anche le annualità precedenti al 2004, atteso che la non retroattività della modifica riguarda il periodo d’imposta a cui applicare gli studi di settore, ma non le modalità procedurali).

2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “violazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4 – periodo di non normale svolgimento dell’attività – mancata considerazione della specificità del contribuente – omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia”, la ricorrente assume l’illegittimità della sentenza impugnata per non aver considerato che la società contribuente si trovava in un periodo di svolgimento anomalo dell’attività d’impresa, a causa del decesso, nel periodo riguardante i risultati economici relativi all’anno d’imposta 2004, del consigliere della società che dieci anni si occupava del settore commerciale delle vendite e la cui scomparsa determinò un calo precipitoso dei ricavi.

Tale motivo è inammissibile non solo perchè non è censurato secondo l’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ma anche perchè introduce una richiesta di valutazione di elementi di fatto peraltro già presi in considerazione dal giudice di merito determinando così “una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (così, Sez. 6 -3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 64369001).

3. Con il terzo motivo di ricorso – così rubricato: “violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, dell’art. 2697, per mancata dimostrazione dell’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e le risultanze degli studi di settore, unitamente ad omessa insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ap unti decisivi della controversia” – la ricorrente deduce che la motivazione della CTR non convince in ordine alla ritenuta “grave incongruenza”, in quanto lo scostamento rilevato dall’Ufficio non realizzerebbe tale gravità, in quanto ammonterebbe solo al 16% dei ricavi dichiarati nonchè, se riferito all’ammontare dei ricavi minimi ammissibili, ammonterebbe soltanto al 13%.

Tale motivo è fondato.

Va innanzitutto definito l’ambito di applicabilità della normativa invocata, ovvero l’applicabilità al caso in esame della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 23, che ha modificato la L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, a decorrere dall’1 gennaio 2007.

Questa sezione ha avuto modo di chiarire che “In tema di accertamento basato sugli studi di settore, anche alla luce della giurisprudenza Eurounitaria, il presupposto della “grave incongruenza” di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3 (conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993) è necessario anche per gli avvisi di accertamento notificati dopo il 1 gennaio 2007, in quanto la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, pur dopo le modifiche apportate dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23 (in vigore dal 1 gennaio 2007), continua a fare riferimento al detto art. 62 sexies, che, pertanto, non può ritenersi implicitamente abrogato” (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 8854, del 29/03/2019, Rv. 653533-01).

Poichè, nella specie, l’avviso è stato notificato il 03/11/2009, anche se riferito all’anno 2004, deve applicarsi la L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 23.

4. Ciò posto, il D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62, comma 3 sexies, tuttora vigente, contiene ancora il riferimento alle “gravi incongruenze”, menzionando espressamente, tra l’altro, non solo la disciplina sull’accertamento delle imposte dirette di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma anche quella relativa all’Iva, di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54.

5. Nella specie, che lo scostamento rilevato dall’Ufficio ammonti ad Euro 235.506,00, e che tale importo sia di poco superiore al 16% dei ricavi dichiarati, è fatto incontestato, considerato che, nel controricorso, l’Agenzia dell’entrate non contesta affatto tale percentuale di scostamento, limitandosi ad affermare che il legislatore non ha quantificato “in maniera rigida” la percentuale dello scostamento, essendo l’accertamento induttivo legittimato dal divario in sè tra il dichiarato e le risultanze dello studio in questione, e dovendosi apprezzare in concreto l’esistenza di uno scostamento apprezzabile (v. controricorso pag. 9).

6. In precedenza questa Corte ha ritenuto come scostamenti solo lievi e, quindi, inidonei alla rettifica dei redditi quelli del 4,23 % (Sez. 5, Sentenza, n. 1748 del 14/07/2017) del 7 % (Sez. 5, Sentenza n. 20414 del 26/09/2014, Rv. 632679-01), del 10 % (Sez. 5, Ordinanza, n. 2637 del 30/01/2019), del 21 % (Sez. 6-5, Ordinanza, n. 22946 del 10/11/2015), con la precisazione che la nozione di “grave incongruenza” non può essere ricavata avendo riguardo in via assoluta a precise soglie quantitative fisse di scostamento, essendo, invece, la nozione di indici di natura relativa da adattare a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività.

7. Nella specie, occorre appurare se la percentuale di scostamento del 16%, sia grave e rilevante, tenuto conto non solo della circostanza che l’ammontare dei ricavi dichiarati risulta pari ad Euro 1.411.868,00 a fronte della somma di Euro 1.647.374,00 risultante dall’accertamento induttivo, ma anche in considerazione dei concreti fattori caratterizzanti la singola realtà economica oggetto di accertamento, come nella specie dedotti dalla società contribuente.

8. Il ricorso va, dunque, accolto in relazione al terzo motivo di ricorso, assorbiti gli ulteriori, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Lombardia, affinchè proceda ad un nuovo esame del merito della controversia per verificare, nei termini appena riferiti, la sussistenza di uno scostamento grave e rilevante tra l’ammontare dei ricavi dichiarati e quelli oggetto di accertamento.

9. La CTR, in sede di rinvio, è tenuta a provvedere sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso per quanto in motivazione; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2020

 

 

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