Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27978 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 21/12/2011), n.27978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AUTOMOBILE CLUB ROMA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Largo L. Antonelli n. 27,

presso l’avv. d’Amario Rodolfo, che lo rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE di ROMA, in persona del Commissario Straordinario,

elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove n. 21,

presso l’avv. Angela Raimondo dell’Avvocatura comunale, che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 11/32/07, depositata il 26 marzo 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15 novembre 2011 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. L’Automobile Club Roma propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 11/32/07, depositata il 26 marzo 2007, con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello – notificato a mezzo posta – del contribuente, in quanto non risultava effettuato il deposito dell’appello presso la segreteria della commissione tributaria provinciale che aveva pronunciato la sentenza impugnata, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, come modificato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis, comma 7, (convertito nella L. n. 248 del 2005).

Il Comune di Roma resiste con controricorso.

2. Il ricorso, con il quale si censura l’anzidetto ratio decidendi, è manifestamente infondato, avendo questa Corte già avuto occasione di affermare il principio secondo il quale l’omissione – che il ricorrente non contesta – del deposito di copia dell’appello presso la segreteria del giudice a quo comporta l’inammissibilità dell’appello stesso e la mancata indicazione del termine entro cui detto adempimento va eseguito non può che essere colmata mediante l’applicazione del termine di trenta giorni stabilito dal medesimo art. 53 – attraverso il rinvio all’art. 22 – per il deposito dell’appello presso la segreteria del giudice ad quem (Cass. nn. 8388 e 21047 del 2010).

Alle stesse conclusioni è, d’altronde, pervenuta anche la Corte costituzionale (sentenza n. 321 del 2009 e ordinanza n. 43 del 2010), la quale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della norma de qua in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost..

3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide 1 motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato;

che sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la giurisprudenza sopra citata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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