Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27974 del 31/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 31/10/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 31/10/2018), n.27974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14569-2014 proposto da:

BANCA REGIONALE EUROPEA S.P.A. (BRE Banca S.p.A) C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA, 70, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati FABRIZIO DAVERIO, SALVATORE FLORIO, MAURIZIO BERTOLA;

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato PIER LUIGI PANICI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO MARTINO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1135/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/12/2013 R.G.N. 1576/2012.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

La Corte di appello di Torino con la sentenza n. 1135/2013 aveva parzialmente accolto l’appello proposto da B.E. avverso la decisione con la quale il tribunale locale aveva rigettato la domanda dallo stesso svolta nei confronti della Banca Regionale Europea spa, diretta all’accertamento del termine apposto ai contratti a tempo determinato stipulati dalle parti ed al riconoscimento della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato con decorrenza dal primo contratto.

La Corte territoriale aveva rilevato che il B. non era incorso in alcuna decadenza dall’impugnazione dei contratti in questione, in quanto il termine di impugnazione di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 (comma 1), esteso dalla stessa disposizione (commi 3 e 4) ai contratti a termine anche in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della citata L. n. 183, era divenuto efficace dal 31.12.2011, in ragione dello slittamento disposto dalla L. n. 10 del 2011, art. 2, comma 54. A tale data non era dunque intervenuta alcuna decadenza per la impugnazione proposta.

Il Giudice d’appello rilevava inoltre che risultava infondata la doglianza del lavoratore relativa alla genericità delle causali apposte ai contratti in questione a giustificazione della apposizione del termine di durata limitata, in quanto legittimo il richiamo per relationem alle ragioni giustificatrici contenute nell’Accordo sindacale del 2007. Accoglieva invece il terzo profilo di censura relativo alla sottoscrizione del secondo contratto successivamente all’inizio della prestazione lavorativa. A riguardo la corte evidenziava che l’apposizione del termine al contratto è valida solo se risultante da patto scritto, e che nel secondo contratto tale sottoscrizione era intervenuta a distanza di due giorni dall’inizio della prestazione di lavoro.

Dichiarava quindi nullo il termine apposto al secondo contratto intercorso tra le parti, convertendo il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condannando il datore di lavoro a corrispondere l’indennità pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto ed accessori.

Avverso detta decisione la Banca Regionale Europea spa proponeva ricorso affidandolo ad un unico motivo cui resisteva con controricorso il lavoratore anche con successiva memoria.

Considerato che:

1) Con unico motivo di censura la Banca ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, e del D.Lgs. n. 152 del 1997, artt. 1 e 2 (ex art. 360 c.p.c., n. 3).

Parte ricorrente ha rilevato la confusione effettuata dai giudici di merito tra la forma scritta ad substantiam necessaria per la valida apposizione del termine con il tema, del tutto distinto, a dire della banca, del momento di sottoscrizione del contratto. In particolare si duole della errata valutazione circa la carenza di forma scritta, contraddetta dalla stessa esistenza del contratto contenente il termine di scadenza dello stesso.

Deve a riguardo chiarirsi che la corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione la circostanza che la prestazione lavorativa fosse risultata antecedente di due giorni alla sottoscrizione del contratto (era iniziata il 7.1.2009 ed il contratto con il termine era stato sottoscritto il 9.1.2009). A tale premessa, non contraddetta in alcun modo dalla banca datrice di lavoro, ha fatto conseguire la corretta valutazione sulla inesistenza di un termine scritto apposto a quel rapporto di lavoro iniziato il 7.1.2009, a nulla rilevando la circostanza ulteriore della successiva sottoscrizione del contratto tra le parti.

Il tema di indagine si incentra quindi sulla differenza temporale tra inizio della prestazione lavorativa e sottoscrizione del contratto.

Questa Corte ha avuto occasione di chiarire che “in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, l’atto scritto contenente, a norma della L. n. 230 del 1962, art. 1, l’indicazione del termine iniziale del rapporto lavorativo, deve essere precedente o almeno contestuale all’inizio della prestazione lavorativa e deve intervenire direttamente tra datore di lavoro e lavoratore, con la conseguenza che esso non può essere sostituito da singoli atti della procedura di avviamento al lavoro e da un contratto che, intervenendo solo successivamente all’inizio della prestazione lavorativa, si richiami a detti atti”(Cass. n. 2211/1998; conf. Cass.n. 15494/2011).

La necessaria antecedenza o contestualità tra sottoscrizione del contratto e del termine ivi apposto e inizio della prestazione di lavoro porta ad escludere ogni validità di successive pattuizioni, con rilievo assoluto al tempo dell’inizio della prestazione che, priva in quel momento di limitazioni temporali, non può che intendersi voluta tra le parti nella forma ordinaria a tempo indeterminato.

Il motivo deve essere quindi disatteso ed il ricorso rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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