Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27974 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. I, 14/10/2021, (ud. 17/06/2021, dep. 14/10/2021), n.27974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14933/2016 proposto da:

Comune di Genga, in persona del sindaco pro tempore, domiciliato in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Piersanti Mirco,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Edilcostruzioni Group S.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Scarpantoni Carlo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 1247/2015 della CORTE D’APPELLO di

ANCONA, depositata il 14/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/06/2021 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che chiede

l’accoglimento del motivo 1) di ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il comune di Genga impugnò, avanti la corte d’appello di Ancona, i lodi parziale e definitivo in forza dei quali, infine, erano state accolte le domande di pagamento proposte da Edilcostruzioni Group s.r.l. a seguito dei lavori di urbanizzazione eseguiti all’interno del piano di recupero del suddetto comune, che le erano stati appaltati in data 9 dicembre 2004;

dedusse innanzi tutto la nullità del lodo parziale per non essere stati gli arbitri nominati secondo le forme e nei modi previsti, con conseguente loro difetto di potestas iudicandi;

dedusse poi, per la parte che ancora rileva, la nullità del lodo definitivo per violazione delle norme relative al merito della controversia, in relazione all’art. 2697 c.c., a proposito della non dichiarata tardività dell’iscrizione delle riserve e della consequenziale decadenza del diritto azionato;

nella resistenza della società appaltatrice l’adita corte d’appello ha rigettato il gravame e avverso la relativa sentenza, depositata il 14 dicembre 2015 e non notificata, il comune di Genga ha proposto ricorso in due motivi, illustrati da memoria, ai quali la società ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – il primo motivo, col quale il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., nella parte in cui è stata ritenuta inammissibile la doglianza relativa alla nullità del lodo per error in iudicando sul merito della controversia, è manifestamente fondato;

II. – l’impugnata sentenza, nel riferire il giudizio al disposto ex art. 829 c.p.c., comma 3, nel testo conseguente al D.Lgs. n. 40 del 2006 e nell’affermare la decisività del fatto che nella clausola compromissoria non era stata prevista la possibilità di far valere contro il lodo vizi del genere, non rientranti cioè tra i casi di nullità enunciati direttamente dal legislatore, si rivela in contrasto con l’indirizzo impartito dalle Sezioni unite della Corte;

secondo tale indirizzo, costantemente ribadito da questa sezione, l’art. 829 c.p.c., comma 3, come riformulato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 24, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui al D.Lgs. n. 40 cit., art. 27, a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore della novella, ma, per stabilire se sia ammissibile l’impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge – cui l’art. 829, comma 3, rinvia – va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato; sicché, in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata (come nella specie) anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l’impugnazione del lodo, così disponendo l’art. 829 c.p.c., comma 2, nel testo previgente, salvo che le parti stesse abbiano autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o abbiano dichiarato il lodo non impugnabile (Cass. Sez. U. n. 9284-16, cui adde Cass. n. 17339-17, Cass. n. 14352-18);

III. – il secondo motivo, col quale è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15, nella parte in cui la sentenza ha escluso la nullità della costituzione del collegio arbitrale, non considerando la necessità di applicare la nuova normativa a fronte di un collegio arbitrale non ancora costituito al momento della sua entrata in vigore, è inammissibile;

l’impugnata sentenza – traendo spunto dall’orientamento di questa Corte secondo il quale il vizio afferente l’invalida o irregolare costituzione del collegio arbitrale (anche costituito per obbligo di legge), va ricondotto non già all’art. 158 c.p.c., relativo al vizio di costituzione del giudice, ma alle nullità previste dall’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 2, per la differenza che corre in ogni caso tra il lodo arbitrale, che costituisce una decisione per la soluzione della controversia sul piano privatistico, e la decisione giurisdizionale ordinaria (v. Cass. n. 13246-11) – contiene un’autonoma e concorrente ratio esplicitamente riguardante la tardività dell’eccezione; ciò appunto perché il vizio, non potendo comportare il difetto di potestas iudicandi, avrebbe dovuto esser dedotto nei termini appositamente concessi dal medesimo collegio arbitrale, nella specie non osservati;

e’ essenziale che tale affermazione non sia stata censurata, con conseguente inammissibilità del mezzo per difetto di interesse (ex plurimis Cass. n. 9752-17, Cass. n. 18119-20);

IV. – in conclusione quindi il ricorso va accolto limitatamente al primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;

segue il rinvio alla medesima corte d’appello la quale, in diversa composizione, si atterrà al principio di diritto esposto; la corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte d’appello di Ancona anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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