Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2797 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2797 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 17217-2012 proposto da:
ACQUARO CARMINE, ACQUARO NICOLANGELO, ACQUARO
DONATO, ACQUARO ANNA MARIA , ACQUARO LEONARDO,
ACQUARO VITA MARIA, tutti nella qualità di eredi di

Data pubblicazione: 07/02/2014

ACQUARO LEONARDO, nonchè gli ultimi due anche eredi
di CARAGNANO GIOVANNA; PALAGIANO MARIA VITTORIA,
2013
1814

PALAGIANO VITO NICOLA, che agiscono anche per il
proprio genitore PALAGIANO COSIMO, nella qualità di
eredi di INFANTE STEFANINA; AGRUSTI ANTONIA,
AGRUSTI CATALDO, AGRUSTI GIOVANNA, nella qualità di

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eredi di D’AURIA ROSA; LUPOLI LORENZO, SANARICO
MICHELINA; LIPPOLIS GRAZIA; INFANTE DOMENICA;
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARCHIMEDE
44, presso l’avvocato TARTAGLIA ROBERTO,
rappresentati e difesi dagli avvocati CARUCCI

giusta procure a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

COMUNE DI MOTTOLA;
– intimato –

Nonché da:
COMUNE DI MOTTOLA (TA), in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
COSSERIA 2, presso il dott. ALFREDO PLACIDI,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE
MISSERINI, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

DOMENICO, VENTURA COSTANTINO, DE BENEDETTO PIETRO,

contro

ACQUARO CARMINE, ACQUARO NICOLANGELO, ACQUARO
DONATO, ACQUARO ANNA MARIA, ACQUARO LEONARDO,
ACQUARO VITA MARIA, tutti nella qualità di eredi di
ACQUARO LEONARDO, nonchè gli ultimi due anche eredi
di CARAGNANO GIOVANNA; PALAGIANO MARIA VITTORIA,

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PALAGIANO VITO NICOLA, che agiscono anche per il
proprio genitore PALAGIANO COSIMO, nella qualità di
eredi di INFANTE STEFANINA; AGRUSTI ANTONIA,
AGRUSTI CATALDO, AGRUSTI GIOVANNA, nella qualità di
eredi di D’AURIA ROSA; LUPOLI LORENZO, SANARICO

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARCHIMEDE
44, presso l’avvocato TARTAGLIA ROBERTO,
rappresentati e difesi dagli avvocati CARUCCI
DOMENICO, VENTURA COSTANTINO, DE BENEDETTO PIETRO,
giusta procure a margine del ricorso principale;
– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 262/2012 della CORTE
D’APPELLO DI LECCE – SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO,

depositata il 16/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/11/2013 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
uditi, per i ricorrenti, gli Avvocati DE BENEDETTO

MICHELINA; LIPPOLIS GRAZIA; INFANTE DOMENICA;

PIETRO e VENTURA COSTANTINO che si riportano;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso
principale, inammissibilità dell’incidentale.

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Svolgimento del processo
Con sentenza 16 aprile 2012, la Corte di appello di
Lecce, sez. dist. Taranto – giudicando sul gravame del
Comune di Mottola avverso le sentenze, non definitiva e

definitiva, con cui il Tribunale di Taranto aveva accolto
la domanda di risarcimento dei danni per l’irreversibile
trasformazione di terreni privati a seguito di
occupazione e realizzazione di opere pubbliche – ha
dichiarato prescritto il diritto degli attori al
risarcimento del danno, tenuto conto del lungo periodo
intercorso tra l’ultimazione dei lavori in data 30 giugno
1978 e la proposizione della domanda risarcitoria con
atto notificato il 29 febbraio 1988.
Avverso questa sentenza i sig.ri Acquaro e altri
propongono ricorso per cassazione a mezzo di cinque
motivi, illustrati da memoria, cui resiste il Comune di
Mottola che propone ricorso incidentale.
Motivi della decisione
1.- Va esaminato prioritariamente il primo motivo del
ricorso incidentale del Comune di Mottola, il quale,
imputando alla corte del merito violazione di legge per
non avere valutato la vicenda come di acquisizione
legittima di un’area privata avente titolo in un negozio
di cessione, pone una questione logicamente preliminare

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in quanto incompatibile con la prospettata (dalla
controparte) illiceità della fattispecie.
La corte del merito ha condiviso l’affermazione del
tribunale che ha ritenuto non rilevante l’impegno,

assunto dagli interessati con dichiarazioni rilasciate
nell’anno 1977, di cedere gratuitamente al Comune le
superfici da destinare a strade e di perfezionare
successivamente i negozi traslativi, poiché tali cessioni
non si erano concluse nella forma solenne necessaria per
il trasferimento della proprietà degli immobili,
trattandosi di una vicenda di illecita invasione di
diritti di proprietà privata. A questa lineare e logica
valutazione il Comune si è limitato a contrapporre
apoditticamente la propria contraria tesi, senza dedurre
l’erroneità in diritto della decisione impugnata né
indicare i parametri normativi che sarebbero stati
violati. Il motivo è quindi inammissibile.
2.- Al primo motivo dell’incidentale è connesso il terzo
motivo del ricorso principale, il quale investe l’assunto
che la corte del merito abbia giudicato valido l’impegno
dei proprietari di cedere gratuitamente le aree.
Anch’esso è inammissibile, poiché non coglie la

ratio

decisoria della sentenza impugnata, la quale, come detto,
ha escluso l’esistenza di un negozio di cessione.

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3.- Segue, nell’ordine logico, l’esame del primo, secondo
e quarto motivo del ricorso principale. Il primo e il
quarto deducono violazione di legge e della Cedu per la
perdita della proprietà senza indennizzo in una

fattispecie di occupazione usurpativa senza dichiarazione
di pubblica utilità; il secondo motivo deduce vizio di
motivazione a proposito della qualificazione della
vicenda come di occupazione acquisitiva, avendo la corte
del merito omesso di considerare che mancava la
dichiarazione di pubblica utilità, con conseguente
imprescrittibilità del diritto al risarcimento del danno.
Essi sono fondati e vanno esaminati congiuntamente.
Il tribunale ha qualificato la vicenda, in sostanza, come
occupazione usurpativa, avendo ritenuto che si era
trattato di una “mera apprensione sine titulo dei terreni
da parte dell’ente civico”, sicché la prescrizione poteva
iniziare a decorrere “con la cessazione dell’illecita
occupazione, mai verificatasi”. La valutazione della
corte di appello non è stata difforme, non potendosi
attribuire eccessivo rilievo al riferimento alla
“irreversibile trasformazione_ avvenuta attraverso
l’invasione degli altrui diritti di proprietà”, che solo
apparentemente potrebbe evocare l’istituto
dell’occupazione acquisitiva (che, com’è noto, suppone
l’esistenza di una valida ed efficace dichiarazione di
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pubblica utilità, contrariamente a quella usurpativa).
Infatti il concetto di “irreversibile trasformazione”,
riferito a immobili occupati e manipolati
dall’amministrazione pubblica, evoca un evento materiale

che di per sé è neutro e, quindi, non idoneo a far
qualificare giuridicamente la vicenda giuridica in un
senso (occupazione usurpativa) o nell’altro (occupazione
acquisitiva).
La predetta qualificazione operata dai giudici di merito
è stata genericamente contestata dal Comune di Mottola,
il quale impropriamente chiede a questa corte di
legittimità di esaminare fatti (quali l’esistenza di un
piano di lottizzazione) che non risultano essere stati
introdotti e valutati nel giudizio di merito. Ed è vano
il tentativo del Comune di dimostrare la correttezza
della decisione di accoglimento dell’eccezione di
prescrizione, non solo perché la differenza pratica tra
le due forme di illecito si è quasi dissolta (v. Cass. n.
1705/2013, n. 16750/2010), ma soprattutto perché, pur
ipotizzando la natura acquisitiva dell’occupazione, è
solo a partire dalla data di entrata in vigore della
citata legge del 1988 che deve farsi decorrere la
prescrizione del diritto al risarcimento del danno da
occupazione acquisitiva insorto in epoca anteriore,
dovendo la decorrenza della prescrizione essere riferita,
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ai sensi dell’art. 2935 c.c., alla possibilità legale di
esercizio del diritto, requisito che non può ritenersi
soddisfatto in una situazione, come quella anteriore alla
legge citata, caratterizzata dalla mancanza di un

riconoscimento legislativo e giurisprudenziale
dell’istituto dell’occupazione appropriativa, e non
potendo conseguentemente porsi a carico del proprietario
le conseguenze del mancato esercizio del diritto al
risarcimento del danno (v. Cass. n. 7583 e 21333/2013, n.
9620/2010).
Ne consegue l’erroneità della decisione impugnata che,
facendo decorrere la prescrizione dall’anno 1978, non ha
tenuto conto né del principio poc’anzi ricordato né di
quello, maggiormente aderente nella fattispecie, secondo
cui, qualora la P.A. proceda all’occupazione e alla
trasformazione di aree private in mancanza di
dichiarazione di pubblica utilità, la carenza del potere
espropriativo determina l’illegittimità

ab origine

dell’occupazione e l’illiceità permanente dell’opera
pubblica, che impedisce la decorrenza del termine
prescrizionale in relazione all’eventuale azione di
risarcimento del danno da parte del proprietario del
fondo occupato (v., tra le tante, Cass. n. 13023/2010).
4.- Il quinto motivo del ricorso principale è
inammissibile, avendo ad oggetto statuizioni della
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sentenza di primo grado riguardanti la congruità della
somma liquidata a titolo risarcitorio.
5.- E’ inammissibile anche il secondo motivo del ricorso
incidentale nel quale il Comune ha riproposto i motivi di

mancato

rinnovo

deprezzamento

della

subito

c.t.u.,
dalle

valutazione
proprietà

del

residue,

liquidazione degli interessi ecc.
6.- In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con
rinvio alla Corte di appello competente che, in diversa
composizione, dovrà provvedere sulla domanda risarcitoria
proposta dai ricorrenti e liquidare le spese del giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo del
ricorso principale, dichiara inammissibili gli altri
motivi e il ricorso incidentale; cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in
diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle
spese del giudizio di cassazione.
Roma, 26 novembre 2013.
cons. est.
Il Presidente

appello avverso la sentenza di primo grado, in tema di

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