Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2796 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2796 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.ro 18777 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2007, proposto:
DA
COSIMO SALVATORE CARROZZO e ANTONIO AMEDEO CARROZZO,

elettivamente domiciliati in Roma alla Via L. Mantegazza n.
24, presso Luigi Gardin, rappresentati e difesi dall’avv.
Lorenzo Durano di Brindisi, per procura a margine del ricorso
notificato il 29 giugno 2007.
RICORRENTI

Pq/

93)5

Data pubblicazione: 07/02/2014

CONTRO
COMUNE DI ERCHIE (LE),

in persona del sindaco p.t.,

autorizzato a stare in giudizio da delibera della G.M. n. 137

margine del ricorso, dall’avv. Nicola Massai da Brindisi, che
elettivamente domicilia in Roma l al Largo Messico n. 7, nello
studio dell’avv. Giampaolo Cogo.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 142/07
del 30 gennaio – 6 marzo 2007. Udita, all’udienza del 21
novembre 2013, la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte.
Uditi l’avv. Lorenzo Durano per il ricorrente e l’avv. Nicola
Massari, per il controricorrente; sentito il P.M. in persona
del sostituto procuratore generale dr. Luigi Salvato, che
conclude per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 4 aprile 1992, Cosimo Salvatore
Carrozzo e Antonio Amedeo Carrozzo, premesso che il Comune di
Erchie (LE), sottoscritto un verbale di amichevole assenso
dalla loro comune dante causa Chiara Magurano in data 4 giugno
1976, aveva lo stesso giorno occupato un terreno di cui essi
erano comproprietari in territorio comunale, in Catasto, a F.
11, P.la 1072 di are 23,66, per costruire un poliambulatorio,
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del 16 luglio 2007, rappresentato e difeso, per procura a

il cui progetto era stato approvato da delibera della G.R. 22
marzo 1974 n. 677 e opere di viabilità circostanti, conveniva
in giudizio detto ente locale dinanzi al Tribunale di

per tale illecita occupazione.
Deducevano gli attori che il comune non aveva espropriato il
loro suolo entro i termini di durata dell’occupazione
legittima cessata il 4 giugno 1981 r come la dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera da edificare, per cui doveva
essere condannato a risarcire i danni loro derivati dalla
perdita della proprietà trasformata in modo irreversibile, da
determinare in una somma pari al valore venale di essa.
Il Comune di Erchie si costituiva ed eccepiva la prescrizione
del credito degli attori, deducendo comunque l’infondatezza
della domanda perché, nella dichiarazione di pubblica utilità
dell’opera da costruire mancava l’indicazione dei termini
della procedura espropriativa e dei lavori, mentre i Carrozzo
contestavano tale assunto.
Nominato un c.t.u., dopo il deposito della relazione di
questo, l’adito tribunale con sentenza del 2 febbraio 2005
rigettava la domanda per essersi estinto per prescrizione il
diritto degli istanti, essendo decorsi più di cinque anni
dalla data di scadenza dell’occupazione legittima (7 aprile
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Brindisi, chiedendo fosse condannato al risarcimento del danno

1981), nella quale si era consumato l’illecita acquisizione
della proprietà degli attori, per effetto della trasformazione
irreversibile dei luoghi con le opere pubbliche costruite nel

Su gravame dei due Carrozzo e nella resistenza in secondo
grado dell’ente locale, la Corte d’appello di Lecce respingeva
l’impugnazione e confermava il rigetto della domanda degli
appellanti, condannandoli al pagamento delle spese del grado
in favore del Comune di Erchie.
Con l’appello si era dedotto dai Carrozzo che, ai fini della
dichiarazione di pubblica utilità, valevano solo le delibere
del Consiglio comunale n. 66 del 23 ottobre 1973 e della
Giunta regionale n. 677 del 22 marzo 1974, che avevano
approvato il progetto: rilevava la Corte di merito che la
originaria domanda di risarcimento del danno da occupazione
acquisitiva risultava mutata in corso di causa con altra
azione risarcitoria successiva, fondata su una occupazione
usurpativa cioè un illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c., data
la invalidità delle dichiarazione di pubblica utilità
dell’opera da costruire per la mancata indicazione dei termini
della procedura ablatoria e dei lavori di cui all’art. 13
della legge n. 2359 del 1865.
Il tribunale aveva ritenuto accettato il contraddittorio su
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periodo di occupazione autorizzata nei modi di legge.

tale nuova domanda e quindi aveva ‘respinto l’eccezione di
prescrizione dell’azione, per essere in atti la delibera del
Presidente della Giunta regionale n. 2090 del 24 luglio 1974,

espropriazioni e i lavori dovevano essere iniziati entro il 30
luglio 1976 e portati a termine entro il 30 luglio 1978″, per
cui era da escludere l’esistenza di un’occupazione usurpativa,
di per sé ostativa alla rilevata estinzione dei diritti dei
Carrozzo per prescrizione, stante la natura permanente
dell’illecito a base della domanda.
Tale prospettazione della domanda è stata ritenuta nuova dalla
Corte d’appello che ha dichiarato inammissibile quindi la
azione dei Carrozzo, che avevano mutato la domanda
risarcitoria da occupazione acquisitiva in quella da
occupazione usurpativa, con rigetto conseguente del gravame e
condanna degli appellanti alle spese del grado.
Per la cassazione della sentenza che precede del 6 marzo 2007,
mai notificata alle parti, è stato proposto dai Carrozzo
ricorso di due motivi illustrati da memoria ai sensi dell’art.
378 c.p.c., cui resiste il Comune di Erchie con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.11 primo motivo del ricorso dei Carrozzo deduce violazione
dell’art. 2697 c.c., in materia di onere della prova e degli
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che aveva approvato il progetto e stabilito che “le

artt. 115, 62 e 194 c.p.c., oltre che degli artt. 74 e 87
disp. att. dello stesso codice di rito, in rapporto alla
principio di disponibilità delle prove per le parti, tenute

nei propri fascicoli o depositandoli in cancelleria.
La sentenza oggetto di ricorso, pur avendo esattamente
rilevato che il primo giudice non s’era accorto del
cambiamento della domanda originaria di risarcimento del danno
da illecito istantaneo, costituito dall’acquisizione delle
aree occupate senza titolo, in quella da illecito permanente
c~esso alla detenzione dei terreni non autorizzata per la
mancata indicazione, negli atti della

dei termini

iniziali e finali della procedura ablatoria, non ha dichiarato
preclusa la nuova azione dei Carrozzo, ritenendo accettato il
contraddittorio su di essa dal Comune di Erchie.
Ad avviso della Corte di merito, infatti, si versa in una
fattispecie di domanda nuova anteriore al 1995, la cui
preclusione non è rilevabile, quando su di essa sia stato
accettato il contraddittorio.
Pei i giudici di appello,nel caso ilComune di Erchie aveva
preso atto che l’originaria domanda di risarcimento del danno
da illecito istantaneo consumatosi con lo spirare del periodo
di occupazione legittima dopo la trasformazione delle aree
6

ad allegare i documenti per loro rilevanti per la decisione /

occupate, si era convertita in azione risarcitoria da illecito
permanente, estinto per prescrizione per il solo periodo
eccedente il quinquennio anteriore alla domanda.

elaborata in base a prove già acquisite in giudizio, non era
rilevante a dimostrare che i ricorrenti avevano già prodotto
ritualmente il documento comprovante l’apposizione dei termini
di cui all’art. 13 della L. 2359 del 1865, cioè il decreto del
Presidente della Giunta regionale n. 2090 del 1974, che
indicava il termine iniziale e finale dei lavori e della
procedura ablatoria.
Nel periodo tra detti due termini si era consumata la illecita
condotta degli occupanti, anche se si era fatto riferimento,
nella sentenza impugnata che aveva dichiarato illecita la
occupazione delle aree, ai soli documenti che non contenevano
indicazioni sulla data iniziale e finale dei lavori e della
procedura ablatoria.
La Corte d’appello ha rilevato l’esistenza in atti della
delibera del Presidente della Regione n. 2090 del 24 luglio
1974, che approvava il progetto dell’opera pubblica da
costruire e fissava i termini per i lavori e la procedura
espropriativa con inizio entro il 30 luglio 1976 e da finire
entro il 30 luglio 1978.
7

L’acquisizione al processo della relazione del c.t.u.

Detto provvedimento del 1974 di approvazione del progetto e
con i termini di cui sopra, secondo la Corte di merito, non
era stato ritualmente prodotto dai Carrozzo, con adempimento

i ricorrenti chiedono di cassare la sentenza della Corte di
appello per aver rilevato la infondatezza della domanda in
base a* atti non legittimamente prodotti e depositati.
1.2.

In secondo luogo i Carrozzo denunciano omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di
merito, sul fatto decisivo della occupazione di altre aree
oltre quelle occupate per costruire il Poliambulatorio, e cioè
dei terreni adiacenti destinati a viabilità.
Per l’occupazione di tali aree mancava la dichiarazione di
pubblica utilità e quindi la condotta del comune doveva
qualificarsi di occupazione usurpativa; pertanto, per tali
aree nessun fondamento aveva l’eccezione di prescrizione, che
erroneamente non era stata respinta con accoglimento dell’
azione risarcitoria dei Carrozzo.
1.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia poi violazione
dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e dell’art. 1 del primo protocollo
addizionale a tale convenzione, oltre che dell’art. 42 della
Costituzione e dell’art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001, per
8

delle formalità di cui agli artt. 73 e 87 disp. att. c.p.c., e

avere la Corte salentina ritenuto applicabile l’istituto
dell’accessione invertita per la quale, attraverso una
condotta illecita e frutto di atti amministrativi illegittimi,

concorrente in tali comportamenti illeciti, che la Corte
europea dei diritti dell’uomo ha negato possa essere un modo
di acquisizione della proprietà privata, conforme ai principi
della Convenzione citata (si richiama in tal senso la sentenza
della Corte europea 6 marzo 2007 n. 146).
E’ da negare quindi la possibilità di adozione di criteri
riduttivi del risarcimento del danno, che non può che
corrispondere al valore venale all’attualità delle aree
occupate e trasformate, dovendosi ritenere non applicabile
l’art. 43 del D.P.R. n. 327 dell’8 giugno 2001 e i principi
dell’occupazione sanante.
2.1. Il primo motivo del ricorso è infondato, per la parte in
cui non è precluso.
La Corte di merito ha rilevato, alla pag. 8 della sentenza
impugnata, l’esistenza in atti di una delibera del Presidente
della Giunta regionale della Puglia n. 2090 del 24 luglio 1974
di approvazione del progetto dell’opera da costruire sull’area
in contestazione, con indicazione dei termini iniziali e
finali dei lavori e della procedura ablatoria di cui all’art.
9

si giunge all’acquisizione delle aree occupate per l’autore o

13 della legge n. 2359 del 1865.
Tali documenti erano allegati alla relazione del c.t.u. e alla
loro produzione, durante le operazioni dell’ausiliario, non

ricorrenti, per cui la Corte di merito poteva valutarli per la
sua pronuncia, come ha fatto.
Quanto detto esclude la fondatezza del primo motivo di ricorso
che peraltro è anche precluso in relazione alla denunciata
modificazione radicale dell’azione originaria, avendo l’ente
locale accettato il contraddittorio sulla nuova richiesta
risarcitoria, come era possibile in base alla disciplina
all’epoca vigente del codice di rito (art. 183 e 345 c.p.c.),
per cui non poteva poi, in sede di impugnazione, proporre
l’eccezione, cui esso stesso aveva rinunciato in primo grado.
Per tale profilo, il primo motivo di ricorso è da qualificare
inammissibile, perché già precluso dal contraddittorio
accettato dal comune sulla domanda nuova nel merito. ,

&„52,4

2.2 Il secondo motivo del ricorso è invece recluso dalla sua
#444-0

ut

ficienrì in ordine alle ragioni per la quali la

sentenza oggetto di ricorso non debba ritenersi motivata sul
fatto decisivo della assenza della dichiarazione di pubblica
utilità per le aree occupate per opere di viabilità, per le
quali erroneamente si sarebbe rigettata l’azione risarcitoria
10

risulta si fossero proposte eccezioni o obiezioni dai

per occupazione illecita.
Il motivo resta oscuro in relazione alla occupazione di aree
eccedenti quelle necessarie a costruire il Poliambulatorio e

le ragioni per le quali esse non potevano ritenersi comprese
in quelle occupate per realizzare la struttura.
In tale contesto non vi sono elementi sufficienti a ritenere
giustificata la mancata dichiarazione di pubblica utilità per
le aree occupate a servizio del poliambulatorio e il motivo di
ricorso, che neppure descrive tali aree né con la indicazione
della loro conformazione né con la precisazione della loro
misura, è incompatibile con il divieto dell’esame del merito
delle domande per questa Corte, tenuta a pronunciarsi

-s.~

sulle sole violazioni di legge delle sentenze che, in tal
caso, non risultano prospettate se non in rapporto a un
presupposto di fatto, che questa corte non può accertare
direttamente e che comunque non emerge dalla sentenza
impugnata.
2.3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, non
risultando che in sede di merito e con il gravame i Carrozzo
abbiano dedotto l’errore della sentenza di primo grado sulla
qualifica dell’azione risarcitoria come da occupazione
acquisitiva invece che usurpativa, per cui la richiesta di cui
11

destinate invece a viabilità, non indicandone né la misura né

al ricorso che inquadra la domanda nei sensi ora indicati è
preclusa per non essersi proposta in appello e dinanzi al
tribunale, prospettando per la prima volta in Cassazione

2. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e i
ricorrenti, per la soccombenza devono rimborsare al Ministero
controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che si
liquidano nella misura di cui in dispositivo, ai sensi del
D.M. 12 luglio 2012 n. 140, da applicare anche per le
prestazioni professionali eseguite nel vigore delle già
vigenti tariffe non più applicabili, come chiarito da S.U. 12
ottobre 2012 n. 17405).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a
rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio
di cassazione che liquida in C 8.200,00, di cui C 8.000,00 a
titolo di compensi ed e 200,00 per esborsi, oltre alle spese
generali e accessorie come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della l” sezione
civile della Corte suprema di Cassazione il 21 novemb

2013.

questioni nuove non sollevate ne

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