Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27954 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28552/2018 proposto da:

H.E., elettivamente domiciliato in Roma presso l’avvocato

Cristina Laura Cecchini, rappresentato e difeso dall’avvocato

Consuelo Feroci;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza 1652/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA

depositata il 7/8/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. H.E., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Ancona, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria decretato nei suo confronti dal giudice di primo grado e ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra, della direttiva 2004/83/CE e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,7,8 e 14, avendo il decidente escluso la ravvisabilità nella specie di un pericolo persecutorio, legittimante il riconoscimento dello status di rifugiato e di un rischio grave per l’incolumità del ricorrente, legittimante il riconoscimento della protezione sussidiaria in ragione della ritenuta inattendibilità del racconto reso dal medesimo e della natura privata della vicenda narrata, sebbene, da un lato non gli fosse stata rivolta in sede di comparizione “alcuna domanda” da parte dei decidenti di merito onde valutarne la credibilità, e, dall’altro che “se fosse (stato) costretto a tornare nel proprio paese di origine sarebbe (stato) esposto a sicuri attacchi da parte dei propri persecutori”; 2) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria in difetto di una situazione di pericolo in capo al ricorrente e non giudicandosi sufficiente il radicamento dal medesimo raggiunto nel nostro paese, quantunque andasse evidenziata, circa il primo elemento, “l’assoluta incoerenza ed illegittimità della ricerca di tale presupposto ai fini del rilascio del permesso umanitario” e, quanto al secondo, che in altri casi decisi dal Tribunale di Ancona la positiva valutazione in ordine ad altri elementi (grado di integrazione raggiunto, conoscenza della lingua, sussistenza di un contratto di lavoro) “aveva dato diritto al permesso per motivi umanitari”.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo è inammissibile.

Quanto alle lagnanze declinate con riferimento al mancato riconoscimento dello status di rifugiato, alla cognizione di esse si oppone la preclusione pro iudicato discendente dalla constatazione che il capo della decisione di primo grado che si era pronunciata in tal senso non è stato fatto oggetto di gravame, in tal modo generando per effetto del combinato disposto degli artt. 324 e 329 c.p.c., un giudicato interno che non ammette più discussioni riguardo alla questione sollevata.

Quanto alle altre lagnanze rassegnate con riferimento al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, il giudizio di inattendibilità formulato dal decidente di merito (“il riesame delle dichiarazioni rese dall’appellante consente di ritenere che i fatti narrati, peraltro sprovvisti di qualsiasi riscontro oggettivo non costituiscano la vera ragione per la quale il richiedente non vuole fare ritorno in Albania, atteso che è scarsamente credibile che una persona si determini a lasciare il proprio paese per un episodio violento, rimasto praticamente isolato, che il richiedente ha contribuito a determinare; in ogni caso, i fatti attengono ad una vicenda privata, insuscettibile di tutela mediante il ricorso alle competenti autorità nazionali”) integra, coma ancora di recente ricordato (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340) un accertamento di fatto insuscettibile di revisione in questa sede sotto il denunciato profilo.

3. Il secondo motivo non sfugge ad analoga declaratoria.

La doglianza che vi viene esposta, come significativamente si evince dal richiamo ai difformi precedenti del medesimo organo giudicante che avrebbe giudicato favorevolmente ai fini della concessione della misura richiesta la sussistenza dei presupposti attinenti ad altri fattori di valutazione, sollecita invero una rinnovato apprezzamento delle circostanze di fatto che ha indotto il decidente del grado ad escludere che fossero “dimostrate specifiche situazioni soggettive” tali da giustificare la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e come tale si sottrae al sindacato di parte di questa Corte che non è giudice del fatto sostanziale.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria.

Non ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, godendo il ricorrente del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera ci consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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