Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27953 del 07/12/2020

Cassazione civile sez. III, 07/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 07/12/2020), n.27953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30920/2018 proposto da:

C.E., T.D., T.A., T.M.,

T.G., M.F.P., M.G.,

M.D., tutti in proprio e in qualità di congiunti di

T.T., e di T.F., rappresentati e difesi dagli Avv.ti

SALVATORE STAIANO, MASSIMILIANO CARNOVALE, elettivamente domiciliati

in Roma presso lo Studio dell’Avv. ANTONELLA CARUSO, via Bellini, n.

10;

– ricorrenti –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del rappresentante legale

p.t., CE.MA., rappresentata e difesa dagli AVV.TI STEFANO

TAURINI, e MAURIZIO HAZAN, con domicilio eletto in Roma presso lo

Studio di questi ultimi, via Santa Teresa, n. 23;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante p.t.,

R.M., rappresentata e difesa dall’Avv. ANTONELLA R. PALAJA DI

TOCCO, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo Studio di

quest’ultima, via San Nicola da Tolentino, n. 53/a Interno 4;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 528/2018 del 28 febbraio 2018

della Corte d’Appello di Catanzaro, pubblicata il 20 marzo 2018;

Udita la relazione del Consigliere Dott. MARILENA GORGONI, nella

Camera di Consiglio del 24 settembre 2020.

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.E., T.D., A., G. e M., M.F.P., G. e D., in qualità di congiunti ed eredi di T.T. e di T.G., ricorrono per la cassazione della sentenza n. 528/2018 emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro, resa pubblica il 20 marzo 2018, articolando tre motivi.

Resiste e promuove ricorso incidentale condizionato, basato su un solo motivo, Groupama Assicurazioni SPA.

Resiste con controricorso, illustrato pure con memoria, anche Axa Assicurazioni.

M.F.P., in proprio e nella qualità di genitore titolare della responsabilità genitoriale nei confronti dei minori M.G. e D., tutti in proprio e quali eredi di T.T., C.E., M.D., A., M., F.P., in proprio e quale genitore titolare della responsabilità genitoriale nei confronti di M.G. e D., eredi di T.F. (in proprio e nella qualità di congiunto di T.T.), C.E., T.D., T.A. e T.M., tutti in proprio e quali congiunti di T.T.; T.A. e Ma.Mi., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti di T.F. e T.G.; T.D. e A.T., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti di T.E.; Mu.Fr., in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di T.A. e Tr.Gi.; L.L., T.M. e L.G., in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di L.F., tutti in proprio e in qualità di congiunti di T.T.; C.E., T.D., T.A. e T.M., tutti in proprio o in qualità di eredi di T.F.; M.P.F., in proprio e in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di M.G. e M.D., tutti in proprio e in qualità di eredi di T.F.; T.A. e Ma.Mi., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti di T.F. e G.; T.D. e A.T., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti di T.E.; Mu.Fr., in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di T.A. e Tr.Gi.; L.L., T.M. e L.G., in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di L.F.; T.G., in proprio e nella qualità di congiunto di T.T., e T.F. citavano in giudizio, innanzi al Tribunale di Lamezia Terme, la società Groupama assicurazioni spa, Ta.Gi., Ta.Fr. e la società Axa assicurazioni spa, al fine di tutelare le proprie ragioni derivanti dal gravissimo sinistro stradale, nel quale perdevano la vita T.F. e T.T., avvenuto il (OMISSIS). Chiedevano che il tribunale adito accertasse e dichiarasse la responsabilità di Ta.Fr., conducente della Fiat Punto, nella produzione del sinistro per cui è causa e delle conseguenze dannose derivatene, condannasse in solido Ta.Fr. e Ta.Gi., proprietario dell’auto, e la Groupama assicurazioni, impresa assicuratrice per la r.c.a., al pagamento a loro favore, in proprio o in qualità di eredi e congiunti di T.T., al risarcimento di tutti i danni morali, materiali, biologici, esistenziali, psichici, patrimoniali e non patrimoniali subiti e subendi, quantificati nella somma complessiva di Euro 2.030.000,00 o in quella maggiore o minore ritenuta equa, al netto di interessi e di rivalutazione monetaria; accertasse e dichiarasse la Axa assicurazioni, garante di T.F., tenuta, ai sensi dell’art. 141 Codice delle Assicurazioni private, e la condannasse al pagamento di tutti i danni morali, materiali, biologici, esistenziali, psichici, patrimoniali e non subiti, dagli attori, quantificati nella somma di Euro 835.000,00 o in quella maggiore o minore ritenuta equa; che in caso di incapienza del massimale della compagnia di assicurazioni, ai sensi dell’art. 141 codice delle assicurazioni private, condannasse solidalmente Ta.Fr. e Ta.Gi. e la società Groupama assicurazioni al pagamento dell’eventuale maggior danno a loro favore.

Con sentenza n. 795 del 2015, il Tribunale di Lamezia Terme accoglieva la domanda attorea e riconosceva Euro 1.204.833,00, a titolo di danno da perdita della vita di T.T., ed Euro 948.845 a titolo di danno da parte della vita di T.F., da suddividersi pro quota tra gli eredi secondo lo schema dell’art. 565 c.c., oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria, Euro 65.125,00, a titolo di risarcimento del danno iure proprio per il decesso di T.T. a favore di Co.Em., Euro 106.670,00 a favore di T.D. e T.G., Euro 119.765,00 a favore di T.A. e M., Euro 43.340,00 a favore di M.F.P., Euro 13.340,00 a favore di ciascuno dei figli; Euro 64.530,00 per il decesso di T.F. a beneficio di C.E., Euro 75.720,00 a favore di T.D. e G., Euro 66.315,00 a favore di T.A. e M.; rigettava la domanda di risarcimento del danno avanzata dai nipoti T.T. e F.; accoglieva la domanda di rimborso delle spese funerarie e di trasporto della salma, per l’importo complessivo di Euro 10.000,00; accoglieva la domanda di risarcimento del danno patrimoniale per la distruzione del veicolo da quantificarsi in Euro 8.000,00, da dividersi pro quota tra gli eredi e da porre in solido a carico della Groupama assicurazioni, di Ta.Fr. e di Ta.Gi.; poneva a carico di Axa assicurazioni il pagamento degli importi relativi al decesso di T.F. entro il massimale minimo di legge; metteva la parte residua in solido a carico della Groupama assicurazioni, di Ta.Fr. e di G.; poneva a carico della Groupama assicurazioni il pagamento degli importi relativi al decesso di T.T., entro il massimale e oltre il massimale per il pagamento degli interessi e della svalutazione monetaria dalla data di messa in mora fino all’effettivo soddisfo; condannava i convenuti in solido alla rifusione delle spese processuali nei confronti dei procuratori di parte attrice antistatari.

La società Groupama assicurazioni SPA proponeva gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, lamentando l’abnorme applicazione delle regole concernenti il massimale di polizza in presenza di un solo responsabile del sinistro e di una sola compagnia tenuta al risarcimento dei danni, la ritenuta risarcibilità del danno da morte, la erronea quantificazione del danno da perdita del rapporto parentale in favore dei fratelli di T.T.; contestava la condanna per mala gestio impropria.

Gli odierni ricorrenti chiedevano, in via incidentale, che la Corte d’Appello rigettasse l’appello principale, in quanto inammissibile, improponibile e infondato in fatto e in diritto,e che, in parziale riforma della sentenza impugnata, la Groupama assicurazioni fosse condannata al pagamento delle competenze professionali per il primo grado di giudizio in solido con Ta.Gi. e Fr. e, ove ritenuto, anche Axa assicurazioni SPA; in subordine, chiedevano che le competenze legali venissero liquidate oltre il massimale, unitamente agli interessi e alla rivalutazione, attesa la palese mala gestio impropria delle compagnie Groupama e Axa.

Con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, la Corte di Appello di Catanzaro, dichiarata la contumacia di Ta.Fr. e di Ta.Gi., riformava parzialmente la sentenza impugnata, revocava la statuizione relativa al riconoscimento del danno da perdita della vita di T.T. e di T.F., riconosceva, a titolo di risarcimento del danno iure proprio per il decesso di T.T., a favore di T.D. Euro 15.000,00, di T.M. Euro 5.000,00 (somma già scomputata di quanto percepito); poneva la parte residua dell’importo relativo al decesso di T.F., superiore al massimale minimo di legge dell’Axa assicurazioni, a carico solidale della Groupama assicurazioni, di Ta.Fr. e di Gi., poneva a carico della Groupama assicurazioni il pagamento degli importi relativi al decesso di T.T. entro il massimale; confermava nel resto la sentenza impugnata, compensava per metà tra le parti le spese e i compensi del procedimento, condannava la Groupama assicurazioni, la Axa assicurazioni e Ta.Fr. e Gi., in solido tra di loro, al pagamento, a favore della controparte, della restante metà di dette spese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la “Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione di legge ex artt. 2043, 2054,2056 e 2059 c.c., con riferimento alla liquidazione del danno iure proprio ai fratelli derivanti dalla morte della sorella”.

Oggetto di censura è la statuizione con cui la Corte d’Appello aveva ridotto la misura del danno riconosciuto ai fratelli di T.T..

Il ragionamento del giudice a quo era stato il seguente:

– il Tribunale aveva riconosciuto a T.D. e G. la somma di Euro 131.670,00 ciascuno e ad T.A. e M. l’importo di Euro 122.265,00 ciascuno; facendo ricorso alle tabelle del Tribunale di Roma, tenendo conto del rapporto di parentela, dell’età della vittima oltre che dell’eventuale rapporto di convivenza, si era attestato sui valori massimi senza specifica motivazione anche relativamente alla scelta di utilizzare le tabelle di Roma, in luogo di quelle di Milano, limitandosi a considerare che le tabelle di Roma avrebbero consentito una quantificazione equa e non meramente equitativa;

– se fossero state usate le tabelle di Milano applicabili ratione temporis)che per la perdita di un fratello prevedevano un importo compreso tra Euro 23.74,00 e 142.420,00, non vi sarebbe stato uno scostamento significativo rispetto a quanto liquidato dal Tribunale di Lamezia Terme;

– ciononostante le somme liquidate erano parse eccessive, considerando: a) che la frequentazione tra la vittima ed i tre fratelli non conviventi, ma abitanti vicini, era da considerare rientrante nei comuni rapporti esistenti tra componenti dello stesso nucleo familiare; b) che ciascuno di essi aveva un proprio nucleo familiare; c) che T.M. viveva a (OMISSIS) e si riuniva alla famiglia solo in occasione delle festività e delle vacanze estive;

– rideterminava, seguendo lo stesso criterio applicato dal giudice di primo grado e tenendo in conto che ciascuno dei fratelli aveva già percepito Euro 25.000,00, dette somme in Euro 35.000,00 a favore di T.D. e G., in Euro 15.000,00 a favore di T.A. e in Euro 5.000,00 a favore di T.M..

I ricorrenti deducono che la sentenza gravata si era discostarata dalle valutazioni del giudice di prime cure senza adeguata motivazione, che il danno conseguente alla perdita del rapporto affettivo familiare doveva presumersi, essendo connaturato alla sussistenza di un rapporto di parentela, con la conseguenza che l’onere di provare la insussistenza di tale pregiudizio nonostante il legame familiare era a carico dei convenuti e che, dalle prove acquisite, relativamente alla consistenza del legame familiare il giudice a quo avrebbe dovuto liquidare una somma maggiore.

Il motivo è inammissibile sotto alcuni profili, infondato sotto talaltri.

A rendere specificamente inammissibile il motivo è in primo luogo la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: essa non è in alcun modo supportata da un apparato argomentativo idoneo nè rispetta i limiti entro cui può essere fatto valere il difetto motivazionale.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo vigente ed applicabile ratione temporis, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (sent. 07/04/2014, n. 8053; sent. 22/09/2014, n. 19881), consente di denunciare in cassazione il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Al di fuori di tale omissione, il controllo del vizio rimane, pertanto, circoscritto alla sola verifica dell’esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità.

Ora, i ricorrenti non hanno rispettato le previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che fanno carico, a chi denuncia il vizio in oggetto, dell’onere di indicare non una mera “questione” o un semplice “punto” della sentenza, ma il “fatto storico”, principale (e cioè il fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) ovvero secondario (cioè dedotto in funzione di prova di un fatto principale), vale a dire un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, il cui esame sia stato omesso, nonchè il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti ed, infine, la sua “decisività” (ex multis cfr. Cass. 09/12/2019, n. 32024); nè hanno colto nel segno denunciando un vizio motivazionale, perchè la motivazione, al contrario di quanto assertivamente affermato, c’è ed è perfettamente intellegibile; di conseguenza, non è sindacabile, non risultando meramente apparente o totalmente illogica, e comunque non collocandosi al di sotto del minimo costituzionale.

In tema di contenuto della sentenza, infatti, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (in questo senso, da ultimo, Cass. 21/10/2020, n. 22980).

Nel merito, il costrutto argomentativo di parte ricorrente si basa su premesse che risultano errate in iure, perchè, se è vero che il legame affettivo tra componenti della stessa famiglia può presumersi, rispondendo ad un criterio di normalità sociale (ossia ciò che solitamente accade) che genitori e fratelli soffrano per la perdita del congiunto prossimo (ex plurimis cfr. di recente Cass. 08/04/2020, n. 7748), la personalizzazione delle conseguenze pregiudizievoli determinate dal venir meno di esso per mano di un terzo responsabile postula, invece, da parte del richiedente l’allegazione di circostanze di fatto peculiari al caso sottoposto ad esame (tenuto conto che il danno in oggetto si concretizza nel non potere più godere della presenza o comunque del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità deì rapporti, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonchè nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti”: cfr. Cass. 9/05/2011, 10107) che valgano a superare le conseguenze “ordinarie” già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari, da queste ultime distinguendosi siccome legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata, meritevoli in quanto tali di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (Cass. 21/09/2017, n. 21939), non potendo il giudice sopperire al mancato adempimento dell’onere di allegazione, concernente sia l’oggetto della domanda che le circostanze in fatto su cui la stessa si fonda (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 6/03/2009, n. 6454), non bastando evidentemente l’allegazione della circostanza che la dimensione familiare in territori come quelli calabresi e del sud in generale è caratterizzata da rapporti intensi e di frequentazione assidua, nè le divagazioni su questioni di policy e di sostenibilità del sistema.

Ebbene, nel caso di specie, la Corte d’Appello, con una motivazione che non presta il fianco a critiche di sorta, ha provveduto, con valutazione necessariamente equitativa, alla determinazione di detto danno, tenuto conto delle circostanze allegate. La censura dei ricorrenti si traduce nella sostanza in una inammissibile richiesta di diversa maggiore liquidazione che non è supportata in fatto, essendo, come si è detto, peraltro, rimasto del tutto o5insoddisfatto l’onere di allegazione di fatti non esaminati dal giudice a quo decisivi al fine di determinare una diversa liquidazione se solo non fossero stati pretermessi dalla Corte territoriale.

Tantomeno può ravvisarsi una violazione di legge nella decisione di liquidare il danno servendosi delle Tabelle di Milano, giudicando non adeguatamente motivata la scelta del giudice di prime cure di applicare le Tabelle di Roma.

– Questa Corte ha già statuito che la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale può avvenire sulla scorta delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano legittimamente adottabili a parametro di riferimento, perchè ad essere bandita è solo la liquidazione equitativa pura (Cass. 09/06/2020, n. 10924). E’ vero che per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale – diversamente da quanto statuito per il pregiudizio arrecato all’integrità psico-fisica – le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano non costituiscono concretizzazione paritaria dell’equità su tutto il territorio nazionale; tuttavia, è ferma convinzione di questa Corte che le tabelle milanesi, le quali offrono, a forbice tra un minimo e un massimo, pure una quantificazione del danno subito dai congiunti per lesione o perdita del rapporto parentale, tenendo conto altresì del tipo di legame familiare su cui il rapporto si fonda, rappresentino un valido strumento risarcitorio di cui il giudice può avvalersi per determinare l’entità del danno da lesione del rapporto parentale (Cass. 14/11/2019, n. 29495).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti rimproverano alla Corte d’Appello la “Violazione falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione di legge sub specie degli artt. 145 e 148 Codice delle assicurazioni private, dell’art. 1224 c.c., la violazione degli obblighi di correttezza e diligenza sanciti dagli artt. 1175,1176 e 1375 c.c.”.

La tesi propugnata è che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto non ricorrente un’ipotesi di mala gestio impropria, avendo avuto le imprese di assicurazione la possibilità di utilizzare le Tabelle Milanesi per determinare il quantum del risarcimento, il fatto che la liquidazione degli importi loro spettanti avvenuta decorsi 90 giorni dalla costituzione in mora integrando gli estremi della mala gestio con addebito degli interessi e della rivalutazione monetaria.

Occorre prima ricostruire i fatti e la motivazione della sentenza impugnata:

– innanzitutto, la Corte d’Appello ha premesso la distinzione tra mala gestio propria ed impropria, ha chiarito che la mala gestio impropria trova fondamento nella violazione dell’obbligo dell’assicuratore di comportarsi secondo buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto e che essa ricorre quando l’assicuratore, avvalendosi del patto di gestione della lite, la gestisca in modo da arrecare pregiudizio all’assicurato e/o senza un apprezzabile motivo rifiuti di gestire la lite e se ne disinteressi, con la conseguenza, in questo ultimo caso, di poter aggiungere a suo carico l’obbligazione di ristorare il danno cagionato dal colpevole ritardo a condizione – rispettata nel caso di specie – che l’assicurato danneggiato chieda il pagamento degli interessi legali e della rivalutazione sugli importi domandati a titolo di risarcimento di tutti i danni cagionati dal sinistro;

– in concreto, la decisione ha escluso che ricorresse un caso di mala gestio impropria, perchè la compagnia di assicurazioni aveva adempiuto alle prescrizioni dell’art. 148 Codice delle Assicurazioni private che imponevano di proporre una congrua offerta di risarcimento entro 90 giorni dal ricevimento della documentazione ivi indicata; a tale scopo ha tenuto in conto: a) che il sinistro si era verificato il (OMISSIS); b) che i danneggiati avevano formulato richiesta di risarcimento danni ad entrambe le società assicurative con missiva del 17 giugno 2010, ricevuta da Groupama il 9 luglio 2010 e da Axa il 12 luglio 2010; c) che Axa con lettera del 18 ottobre 2010 aveva comunicato ai congiunti del proprio assicurato, T.F., che avrebbero ricevuto presso lo studio del loro avvocato assegni circolari a titolo di offerta reale di Euro 150.000,00 per ciascuno dei quattro figli e di Euro 180.000,00 per la moglie; d) che dette somme erano state corrisposte tra novembre e dicembre 2010; e) che con comunicazione scritta del 16 febbraio 2011, indirizzata alla Groupama e da questa ricevuta il 7 marzo 2011, i ricorrenti avevano integrato la precedente richiesta con i dati di cui all’art. 148 Codice delle Assicurazioni private; e) che in data 20 maggio 2001 Groupama aveva comunicato le offerte reali nei confronti dei congiunti di T.T., chiedendo il codice Iban dei percipienti e l’autorizzazione del giudice tutelare per i minori, M.G. e D., precisando che le somme offerte potevano essere accettate a titolo di acconto; f) che in data 15 giugno 2011 era stato dato riscontro alla missiva, comunicando che si sarebbe provveduto a chiedere l’autorizzazione per riscuotere le somme dovute ai minori; g) che il 17 giugno 2011 la Groupama aveva corrisposto mediante bonifico Euro 230.000,00 al marito, Euro 170.000,00 alla madre, Euro 25.000,00 ai fratelli della vittima, che in data 26 luglio 2011 era stato trasmesso alla Groupama il provvedimento del giudice tutelare, che in data 28 luglio 2011 Groupama aveva provveduto a versare la somma di Euro 250.000,00 a favore di ciascuno dei due figli minori; h) che Groupama aveva corrisposto importi superiori ai valori minimi previsti dalle Tabelle di Milano.

Tanto premesso, deve ritenersi che la Corte d’Appello abbia fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la domanda, proposta dalla vittima di un sinistro stradale, di condanna dell’assicuratore del responsabile al risarcimento del danno per mala gestio deve ritenersi implicitamente formulata tutte le volte che la vittima, anche senza fare riferimento alla condotta renitente dell’assicuratore od al superamento del massimale, ne abbia comunque domandato la condanna al pagamento di

interessi e rivalutazione (Cass. 19/07/2008, n. 20058, cui adde Cass.

28/06/2010, n. 15397; Cass. 13/10/2009, n. 21688 e successiva giurisprudenza conforme). La responsabilità da c.d. mala gestio impropria, che attiene al rapporto diretto tra assicuratore e danneggiato, trova fondamento nel comportamento ingiustificatamente dilatorio mantenuto dall’assicuratore in ordine alla prestazione risarcitoria in favore del danneggiato, quando l’assicuratore ometta di pagare o di mettere a disposizione del danneggiato il massimale nonostante che i dati obiettivi conosciuti consentano di desumere l’esistenza della responsabilità dell’assicurato e la ragionevolezza delle pretese del danneggiato nei limiti del massimale di polizza; nel caso di specie, il giudice dell’appello ha ritenuto che i presupposti affinchè l’assicurazione Groupama effettuasse concretamente un’offerta non si erano verificati prima del 7 marzo 2011.

Si tratta di una conclusione, a giudizio di questo Collegio, che parte ricorrente non ha efficacemente censurato.

La Corte d’Appello, nella sua minuziosa ricostruzione della interlocuzione intercorsa tra i richiedenti e le imprese assicuratrici, dà atto che ad entrambe era stata inviata una missiva di analogo contenuto e che solo AXA aveva provveduto a formulare l’offerta nei termini, mentre Groupama, nei confronti della quale si profila infatti la mala gestio impropria, avrebbe ricevuto i dati previsti dall’art. 148 Codice delle assicurazioni private solo il 7 marzo 2011 e provveduto a formulare l’offerta reale il 20 maggio 2011, giustificando la differente cronologia con il fatto che il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro.

Al Collegio pare evidente il ruolo determinante del contenuto della missiva del 7 marzo 2011, la cui conoscenza si dimostra indispensabile, allo scopo di verificare se fossero presenti elementi volti a meglio definire il ruolo dell’assicurato nella causazione del sinistro ovvero se essa contenesse informazioni “superflue” rispetto alla formulazione dell’offerta. Il contenuto di tale missiva, a differenza di quella del 17 giugno 2010, non è stato riprodotto nel ricorso, e neppure ne è stato indicato sommariamente il contenuto. Si rileva, infatti, che parte ricorrente riferisce in negativo del contenuto della comunicazione del 16 giugno 2011, cui la Corte d’Appello non fa mai cenno, ma omette qualsivoglia riferimento al contenuto della comunicazione del 7 marzo 2011)che è invece quella da cui la Corte territoriale ha fatto derivare il termine di 90 giorni di cui all’art. 148 Codice delle assicurazioni private.

Tale omissione, oltre ad essere contraria al contenuto prescrittivo dell’art. 366 c.p.c., n. 6, che richiede l’indicazione della sede e del contenuto, anche inteso in senso lato, cioè non nei termini di riproduzione integrale e testuale, del documento, non soddisfa l’esigenza di imprescindibile specificità del motivo di impugnazione, essendo evidente che la parte non può limitarsi a formulare censure apodittiche di erroneità prendendo in considerazione emergenze istruttorie suscettibili di diversa valutazione e traendone conclusioni difformi da quelle alle quali è pervenuto il giudice a quo, senza riportare il contenuto del documento, in questo caso, della lettera del 7 marzo 2011, e senza svolgere concrete e puntuali critiche alla contestata valutazione

Per tutte le surriferite ragioni il motivo è inammissibile.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la “Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.M. n. 55 del 2014 e degli articoli di detto decreto, la violazione dell’art. 111 c.p.c., l’omessa pronuncia, la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la mancata contestazione”.

Oggetto di censura sono, innanzitutto, la statuizione relativa alla quantificazione delle spese di lite e la decisione di compensarle: rispetto a quest’ultima il motivo manca di qualsivoglia argomentazione a supporto. Parimenti manca ogni argomentazione a supporto della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

I ricorrenti assumono, in aggiunta, di avere, con appello incidentale, impugnato la sentenza di prime cure che, a fronte di una condanna risarcitoria per oltre 4.000.000,00 di Euro, aveva liquidato per compensi professionali l’incongrua somma di Euro 19.031,12; censurano la decisione di appello per avere ritenuto assorbito il gravame incidentale, per avere rideterminato in Euro 19.000,00 le competenze professionali relative al primo grado e fissato in Euro 18.000,00 quelle di secondo grado, per non avere applicato gli aumenti percentuali previsti dal D.M. n. 55 del 2014, art. 6.

Va in primo luogo rilevato che correttamente il giudice d’appello ha ritenuto assorbito il motivo di appello incidentale relativo alla liquidazione delle spese del primo grado di giudizio, spettando al giudice d’appello modificare la determinazione delle spese di lite del primo grado di giudizio a seguito di riforma, totale o parziale, della sentenza impugnata. E’ quindi corretta la pronuncia del giudice del gravame che ha provveduto d’ufficio a una nuova regolamentazione del regime dei costi del primo grado, dopo aver modificato, in senso peggiorativo, la sentenza impugnata (Cass. 29/10/2019, n. 27606).

Il motivo è inammissibile, per la parte in cui lamenta l’esiguità e l’inadeguatezza della liquidazione delle spese. La liquidazione delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, sicchè possono essere denunziate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali, con obbligo in tal caso del deducente di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini (Cass. 4/07/2011, n. 14542): sussiste, in altri termini, un onere – per il ricorrente in cassazione – di specificare analiticamente in ricorso le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore (Cass. 26/10/2012, n. 18400), con la precisazione in quella stessa sede testuale delle voci di tabella degli onorati e dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonchè le singole spese contestate o dedotte come omesse (Cass. 21/10/2009, n. 22287).

E, nella specie, non è riprodotta nel testo del ricorso la nota spese, nè è indicato, voce per voce, l’importo reclamato e malamente trascurato dal giudice di merito, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6: tanto che della censura proposta è impossibile evitare decidere nel senso della inammissibilità.

Il motivo risulta incomprensibile nella parte in cui deduce che la liquidazione delle spese di lite avrebbe dovuto avvenire non sulla scorta di quanto domandato, bensì in ragione del quantum riconosciuto, posto che i ricorrenti sono risultati in appello parzialmente soccombenti e proprio tale parziale soccombenza aveva determinato la diversa, inferiore, liquidazione delle spese di lite di primo grado.

Il motivo risulta infondato quanto alla pretesa mancata applicazione degli incrementi tariffari, essendo demandato al potere discrezionale e, quindi, non obbligatorio del giudice di merito stabilire, di volta in volta, l’aumento dell’unico onorario dovuto per la presenza di più parti (Cass. 26/03/2019, n. 8399). Nè può rimproverarsi al giudice a quo di non aver motivato la ragione per cui non ha provveduto ad aumentare percentualmente l’onorario del professionista, posto che tale obbligo grava sul giudicante solo nell’ipotesi in cui gli venga rivolta una specifica richiesta; il che non risulta sia avvenuto nel caso di specie (Cass. 08/07/2010, n. 16153).

Ricorso incidentale condizionato di Groupama Assicurazioni per violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 141Codice delle assicurazioni private.

4. Il ricorso è assorbito.

5. Ne consegue che il ricorso principale deve essere rigettato,e il ricorso incidentale condizionato deve dichiararsi assorbito.

6. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dovendosi verificare la sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale condizionato.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese:

a) in favore di Groupama, liquidandole in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;

b) in favore di Axa Assicurazioni, liquidandole in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensì del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2020

 

 

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