Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27950 del 07/12/2020

Cassazione civile sez. III, 07/12/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 07/12/2020), n.27950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30240/2018 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORTI

DELLA FARNESINA 116, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO COLICA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO FUSCO;

– ricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), RAPPRESENTATA E

DIFESA DALL’AVV.TO GENERALE DELLO STATO;

– intimati –

nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti incidentali –

e contro

R.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1280/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso notificato a mezzo pec il 16/10/2018, il sig. R.F. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1280/2018, depositata in data 20/3/2018 e non notificata. Con controricorso e ricorso incidentale, notificato via pec il 26/11/2018, resiste ADER – Agenzia delle Entrate -Riscossione.

2. Per quanto qui d’interesse, il sig. R. conveniva in giudizio l’allora Equitalia Sud s.p.a dinanzi al Tribunale di Napoli; chiedendo di accertare la responsabilità dell’Ente riscossore per la tardiva cancellazione della iscrizione ipotecaria sui beni di sua proprietà e, per l’effetto, di condannarla a manlevarlo dalle conseguenze pregiudizievoli del giudizio R.G. n. 21050/2010, pendente dinanzi al medesimo Tribunale tra il sig. R. e l’acquirente dell’immobile risultato ipotecato, nonchè al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale patito a causa del comportamento omissivo della convenuta. L’attore assumeva di aver estinto il debito erariale sotteso all’iscrizione ipotecaria il 2/3/2007 e, in pari data, di aver chiesto con apposita istanza l’immediata cancellazione dell’ipoteca. Deduceva, inoltre, che il 7/3/2007 aveva concluso un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto l’immobile gravato dalla predetta ipoteca esattoriale, con previsione di stipula del contratto definitivo al 10/4/2007 e che, a fronte del preliminare, aveva ricevuto la somma di Euro 40.000,00 a titolo di caparra confirmatoria. Tuttavia, Equitalia aveva provveduto alla cancellazione dell’ipoteca solamente in data 12/4/2007, ossia oltre due giorni dopo rispetto al termine pattuito per la stipula del contratto definitivo. Pertanto, a seguito dell’inadempimento del preliminare, il promissario acquirente aveva convenuto il sig. R., dinanzi al Tribunale di Napoli (R.G. 21050/2010), al fine di ottenere la risoluzione del contratto preliminare e la condanna del promittente venditore alla restituzione del doppio della caparra versata, pari a Euro 80.000,00. Tanto premesso, l’attore chiedeva, oltre al risarcimento del danno per mancata tempestiva cancellazione dell’ipoteca, di essere tenuto indenne dalle conseguenze patrimoniali derivate dalla mancata esecuzione del contratto preliminare.

3. Con sentenza n. 7219/2013 il Tribunale di Napoli accertava la sussistenza del danno non patrimoniale imputabile alla convenuta Equitalia, che veniva quantificato in via equitativa in Euro 20.000,00, ma rigettava le restanti domande dell’attore in ordine alla presunta responsabilità di Equitalia per la mancata conclusione del contratto di compravendita, ritenendo che fossero preclusi al giudicante, in quanto oggetto di autonomo giudizio pendente dinanzi al medesimo Tribunale, gli accertamenti relativi all’inadempimento contrattuale e, dunque, alle cause della mancata stipula del contratto definitivo.

4. Equitalia adiva la Corte d’Appello di Napoli per la riforma della decisione di prime cure, adducendo che il contribuente non aveva fornito la prova dei danni cagionati dalla asserita tardiva cancellazione, contestando sia l’an debeatur che i criteri di liquidazione del quantum. Il sig. R. si costituiva spiegando appello incidentale, con il quale reiterava la domanda di manleva e produceva la sentenza di primo grado n. 9117/2014, relativa al giudizio R.G. n. 21050/2010, all’esito della quale il Tribunale di Napoli lo aveva condannato al pagamento di Euro 80.000,00 in favore del promissario acquirente ritenendolo responsabile della mancata stipula del contratto definitivo, stante la persistenza dell’iscrizione ipotecaria. Con sentenza n. 1280/2018, in questa sede impugnata, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva parzialmente il gravame del concessionario della riscossione, riducendo il danno nella misura di Euro 10.000,00, mentre rigettava l’appello incidentale del sig. R.. In particolare, confermava la sussistenza di un danno non patrimoniale imputabile all’Ente della Riscossione, sul presupposto che alla mancata cancellazione dell’ipoteca consegua il diritto del debitore al risarcimento del danno) il quale è “in re ipsa” ove sia intervenuta l’estinzione del debito. Tuttavia, riduceva l’ammontare del quantum debeatur, ritenendo di dover fare riferimento, quale parametro normativo, al D.L. n. 7 del 2007, art. 13, comma 8-septies, che prevede un termine di 30 giorni entro il quale l’ente impositore deve dare comunicazione al debitore dell’estinzione del debito. Nel caso concreto, dunque, il ritardo sarebbe stato di soli 10 giorni, per cui riteneva congrua, a titolo di risarcimento, la somma di Euro 10.000,00 anzichè quella di Euro 20.000,00 stabilita in prime cure. Rigettava, invece, l’appello incidentale, ritenendo gravasse sull’appellato la responsabilità di aver stipulato un preliminare di vendita pur consapevole dell’iscrizione ipotecaria.

5. Avverso la predetta sentenza, il sig. R.F. propone ricorso per cassazione, deducendo sei motivi illustrati da memoria con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. Il ricorrente principale ha prodotto memoria. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte instando per la declaratoria di inammissibilità del primo, del secondo, del terzo, del quinto e del sesto motivo e per il rigetto del quarto motivo del ricorso principale; quanto al ricorso incidentale, ha concluso per il suo rigetto.

6. La controversia è stata discussa in adunanza camerale ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nel procedere all’esame dei due ricorsi, per ragioni di ordine logico-giuridico, occorre trattare in via prioritaria il ricorso incidentale.

1.1. ADER ha affidato il ricorso incidentale ad un unico motivo, con il quale lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., D.P.R. n. 602 del 1973, art. 53 e del D.L. n. 7 del 2007, art. 13, comma 8-septies (cd. Decreto Bersani bis). Deduce che la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che “alla mancata cancellazione dell’ipoteca consegue il diritto del debitore al risarcimento del danno il quale è in re ipsa”, con ciò condannando l’ente riscossore al risarcimento del danno. Diversamente, l’Agenzia assume che l’attore-danneggiato, su cui incombeva l’onere probatorio ex art. 2043 c.c., non ha fornito alcuna prova in ordine all’attività contra ius colposamente posta in essere dall’Ente della riscossione, ovvero al nesso di causalità tra l’iscrizione ipotecaria e gli eventuali danni derivanti al contribuente o, ancora, in relazione all’esatta entità del danno causato. In particolare, la prova della condotta lesiva non potrebbe essere data dal superamento del termine previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 53, non applicabile alla fattispecie in esame, siccome riferibile esclusivamente alla trascrizione del pignoramento e non estensibile all’iscrizione ipotecaria; e, neppure, dal superamento del termine di cui alle norme del Decreto Bersani, atteso che tali disposizioni legislative non incidono nei rapporti tra i cittadini e l’Agente della Riscossione. Pertanto, nel caso concreto, a fronte di una cancellazione effettuata entro il quarantesimo giorno dall’intervenuto pagamento dei debiti garantiti, dunque entro un ragionevole lasso di tempo, e dell’insussistenza di un preciso termine per l’effettuazione della formalità, la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere la sussistenza di una condotta contra ius e, comunque, rigettare ogni domanda risarcitoria per mancata dimostrazione di una condotta foriera di danno.

1.2. Il motivo è fondato, con le precisazioni che seguono.

1.3. Preliminarmente, è utile evidenziare che la Corte d’Appello ha

accolto parzialmente il gravame proposto dall’Agente della Riscossione in ordine al secondo motivo di appello, con cui Equitalia contestava i criteri adottati dal giudice di prime cure per la liquidazione del danno, mentre ha rigettato il primo motivo dell’Ente relativo all’an debeatur, nonchè ha respinto la domanda di “manleva” riproposta con appello incidentale dal sig. R..

1.4. Il ragionamento del giudice di secondo grado nell’accogliere in parte la domanda risarcitoria dell’attore appellato muove dall’orientamento di questa Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9039 del 3/11/1994) secondo cui alla mancata cancellazione dell’ipoteca consegue il diritto del debitore al risarcimento del danno, il quale è in re ipsa, e trova la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dal creditore a seguito della mancata o ritardata cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, in presenza dell’intervenuta estinzione del debito, mentre in relazione alla quantificazione del danno la Corte territoriale ha ritenuto di dover ridurre l’ammontare della somma liquidata dal primo giudicante “in assenza di riferimenti a criteri obiettivi di liquidazione onde consentire la verifica della correttezza del decisum (cd. personalizzazione del danno)” (pag. 3 della sentenza impugnata). Tanto premesso, la Corte di merito ha ritenuto di dovere colmare la lacuna motivazionale della sentenza di primo grado facendo riferimento, quale parametro oggettivo, a quello normativo involgente una eadem ratio, ovvero al cd. Decreto Bersani bis, che al suo art. 13, comma 8-septies prevede espressamente un termine di trenta giorni entro il quale l’ente impositore deve comunicare al debitore l’adempimento della comunicazione dell’estinzione del debito. Per l’effetto, ha assunto un colpevole ritardo nella cancellazione di soli dieci giorni, ossia dal 2/3/2007 (data in cui era stato estinto per pagamento del debitore il debito erariale) al 12/4/2007 (data della effettiva cancellazione dell’ipoteca), escludendo – dunque – dal computo dei giorni di ritardo i 30 giorni previsti dal Decreto Bersani come sopra individuato. In ragione di ciò ha ritenuto che la somma liquidata in primo grado in via equitativa, pari a Euro 20.000,00, fosse eccessiva rispetto all’entità del ritardo avuto riguardo al valore contrattuale dell’immobile (Euro 500.000,00) e al valore del debito ipotecario (Euro 9.004,17) e ha stimato congrua la somma di Euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno. Ha rigettato, poi, la domanda di “manleva” per l’importo pari al doppio della caparra ricevuta, ritenendo che la responsabilità dell’inadempimento del preliminare dovesse gravare in capo al promittente venditore R., essendosi lo stesso assunto il rischio di una solo eventuale cancellazione dell’iscrizione nei termini fissati dal preliminare.

1.5. Invero, tale argomentare si pone in contrasto con un consolidato orientamento di questa Corte, nonchè con lo stesso precedente indicato da Cass., Sez. 3, n. 9039/1994) che il giudice di secondo grado ha erroneamente assunto a fondamento della propria decisione senza avvedersi che il caso in questione non riguarda propriamente un rifiuto del creditore a prestare il proprio consenso alla cancellazione, ma un ritardo a provvedere alla cancellazione dell’ipoteca, una volta estinto il debito tributario. In particolare, nel precedente richiamato si è sancito che, a fronte del rifiuto del creditore a prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca “Il principio secondo cui alla mancata cancellazione dell’ipoteca consegue il diritto del debitore al risarcimento del danno – il quale è “in re ipsa” e trova la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dal creditore – si riferisce esclusivamente all'”an debeatur”, che presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza, mentre la prova di un concreto pregiudizio economico è riservata alla fase successiva di determinazione e liquidazione, che non preclude al giudice di negare la sussistenza del danno” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9039 del 3/11/1994).

1.6. Ed invero, sul piano dell’obbligo di cancellazione dell’ipoteca gravante sul creditore, questa Corte ha ritenuto che il creditore soddisfatto è tenuto, ai sensi dell’art. 1200 c.c., a prestare il proprio consenso, nelle forme prescritte dalla legge (art. 2882 c.c., comma 2, artt. 2821 e 2835 c.c.), alla cancellazione dell’iscrizione (dovendo, in caso contrario, rispondere dei danni subiti dal proprietario del bene); e deve altresì attivarsi, nei modi più adeguati alle circostanze, affinchè il consenso così prestato pervenga al debitore (onde questi possa allegarlo all’istanza di cancellazione da rivolgere al conservatore), ma non è anche obbligato a chiedere, di sua iniziativa, detta cancellazione (gravando, per converso, tale onere su chiunque vi abbia interesse e pertanto, in primo luogo, sul proprietario dell’immobile assoggettato al vincolo reale) (Cfr. Sez. 3, Sentenza n. 10893 dell’1/10/1999). Inoltre, nel precedente di cui Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/6/2013 si è ritenuto che l’obbligazione del creditore di prestare il proprio consenso, una volta che il debito sia estinto, riveste natura contrattuale ed è rinunciabile; per di più, il creditore non è anche obbligato a chiedere, di sua iniziativa, detta cancellazione, mentre grava su chiunque vi abbia interesse l’onere di chiederla.

1.7. Ne consegue che, nel giudizio promosso dal debitore per il risarcimento del danno conseguente all’omessa o ritardata cancellazione di un’ipoteca, spetta al debitore medesimo dare la prova dell’inadempimento del creditore alla prestazione del proprio consenso alla cancellazione o del colpevole ritardo nella prestazione del consenso, non potendosi presumere un inadempimento o un illecito solo dall’inerzia del creditore a provvedere su di una richiesta di cancellazione. Tanto è desumibile dallo stesso principio di diritto posto dalla Corte di merito a fondamento della decisione impugnata; e ciò in quanto, nel precedente n. 9039/1994, il giudice di legittimità ha chiaramente affermato che alla mancata cancellazione dell’ipoteca consegue il diritto del debitore al risarcimento del danno, il quale è “in re ipsa” esclusivamente in ordine all’an debeatur e, comunque, presuppone che sia accertato un fatto di inadempimento portatore di danno, seppure in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza, mentre la prova di un concreto pregiudizio economico è riservata alla successiva fase di determinazione e liquidazione, che – in ogni caso – non preclude al giudice di negare la sussistenza del danno in concreto.

1.8. Sicchè, nel caso di specie, non può validarsi l’argomentazione addotta per cui l’an debeatur discenda tout court dal semplice ritardo nella cancellazione poichè, diversamente opinando, l’attore-danneggiato verrebbe indebitamente esentato dagli ordinari oneri di allegazione e prova su di esso incombenti.

1.9. Tale principio, peraltro, deve integrarsi con altro in materia di quantificazione del danno, affermato di recente, là dove questa Corte ha escluso la configurabilità di un danno “in re ipsa” derivante al contribuente dalla illegittimità dell’iscrizione ipotecaria: “In caso di accertamento dell’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria ricorre un evento di danno costituito dall’apparenza di una situazione idonea a determinare difficoltà alla commerciabilità del bene; tuttavia, ai fini del risarcimento, occorre accertare se in concreto si è verificato un danno-conseguenza, che non può essere configurato “in re ipsa”, ma può consistere nel pregiudizio economico derivante dalla perdita di occasioni di alienare il cespite oppure di venderlo a condizioni più favorevoli” (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 12123 del 22/6/2020).

1.10. Si aggiunga che, di contro, la Corte d’Appello presume sia l’an che il quantum debeatur sulla base di un parametro normativo relativo ad una diversa fattispecie, per quanto richiamato ai soli fini di una valutazione equitativa della misura del risarcimento del danno “non patrimoniale”. Invero, le disposizioni del Decreto Bersani bis, richiamate ai fini dell’accertamento dell’inadempimento del creditore e della quantificazione del presunto danno hanno carattere eccezionale e, in quanto tali, non sono estensibili in via analogica ex art. 14 preleggi, poichè con la normativa del 2007 il legislatore ha inteso introdurre una disciplina semplificata del procedimento di cancellazione delle ipoteche, destinata a trovare applicazione solo per le ipoteche iscritte dalle banche a garanzia di mutui fondiari e non fondiari stipulati con i privati.

1.11. Sennonchè, anche leggendo l’applicazione del D.L. n. 7 del 2007, art. 13, comma 8-septies, operata dal giudice di merito quale esito di un giudizio equitativo sul quantum debeatur (in ipotesi, non diversamente determinabile nel suo ammontare ex art. 1226 c.c.), la disposizione menzionata prevede un termine di 30 giorni entro il quale l’ente impositore deve dare comunicazione al debitore dell’estinzione del debito. Diversamente, rilevare – come fa la Corte d’Appello – che, nel caso concreto, in applicazione del predetto termine, la cancellazione sia avvenuta con un ritardo di soli 10 giorni (40 giorni effettivi meno 30 giorni di “tolleranza” ex Decreto Bersani) rende evidente che il parametro eletto (30 giorni) non sia stato comunque de facto applicato.

2. Per quanto attiene al ricorso principale, con il primo motivo si censura la nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione agli artt. 167 e 112 c.p.c., per non avere la Corte territoriale dichiarato

l’inammissibilità del gravame proposto da Equitalia, sebbene nell’atto di appello l’Agente della riscossione non avesse indicato con chiarezza le questioni e i punti contestati della sentenza di prime cure.

2.1. Il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Difatti, nel ricorso non viene adeguatamente trascritto, o quantomeno indicato nei suoi contenuti, l’atto di appello di Equitalia, nè ove sia stato prodotto o in quale fascicolo esso si trovi, nè – ancora – quando ed in che termini la censura in ordine alla sua genericità sia stata sollevata dinanzi al giudice dell’appello (ex plurimis, v. Cass., Sez. U., Sentenza n. 34469 del 27/12/2019; Sez. 5 -, Sentenza n. 29093 del 13/11/2018; Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 9/4/2013).

3. Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per lesione dell’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte territoriale valutato la sentenza n. 9117/2014 resa nel processo pregiudicante (R.G. n. 21050/2010) ed attestante il danno sofferto dal R.. Il ricorrente assume che l’odierno giudizio sia stato instaurato al fine di ottenere la dichiarazione di responsabilità di Equitalia per la ritardata cancellazione dell’ipoteca e, in virtù di essa, la manleva dagli esiti pregiudizievoli a lui derivati dalla tardiva cancellazione per effetto della sentenza n. 9117/2014, la quale, pertanto, avrebbe dovuto costituire necessario elemento di prova dell’odierno giudizio. Di contro, la Corte territoriale non ne avrebbe tenuto conto e neanche avrebbe esaminato tale prova documentale così incorrendo nella violazione dell’art. 115 c.p.c..

3.1. Anche il secondo motivo è inammissibile per violazione del principio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 6. Secondo il costante orientamento di questa Corte, infatti, qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, egli ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito (cfr. Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 13625 del 21/5/2019; Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007; Sez. 3, Sentenza n. 18506 del 25/8/2006). Di contro, per come formulato, il motivo difetta di qualsiasi indicazione relativa ai contenuti della pronuncia che la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare quale prova documentale, nonchè ai fatti sostanziali e processuali alla base della stessa e al locus di produzione, talchè non è possibile valutarne la decisività e rilevanza ai fini dell’odierno giudizio.

3.2. Ancora, deve rammentarsi che è consolidato il principio secondo il quale, allorquando si lamenti l’omessa sospensione necessaria del processo per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. (come argomenta a più riprese il ricorrente principale, v. sotto p.7), sia onere di chi adduce quest’ultima la prova della persistente pendenza della causa reputata pregiudicante (Cass. 10/11/2015, n. 22878; Cass. ord. 21/10/2019, n. 26716; Cass. ord. 24/8/2020, n. 17615): cosa che, nella specie, con ogni evidenza non è stata fatta dal ricorrente.

4. Con il terzo motivo si lamenta la nullità della sentenza per errata e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., anzichè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 53, per avere la Corte territoriale affermato che “ricade sull’appellato la responsabilità di aver stipulato un preliminare di vendita immobiliare pur consapevole dell’iscrizione ipotecaria essendosi il predetto assunto il “rischio” di una sua solo eventuale cancellazione (nei termini fissati dal preliminare) senza che alcuna garanzia in tal senso egli avesse, ricadendo, pertanto, su di lui l’alea della mancata cancellazione in difetto di un’espressa pattuizione in senso contrario”. Il ricorrente assume che, pur non avendo espressamente richiamato l’art. 1227 c.c., il giudice di secondo grado avrebbe malamente applicato la norma de qua poichè, nel caso concreto, non poteva ravvisarsi un comportamento colposo del ricorrente-creditore, che aveva previsto per la stipula dell’atto definitivo un tempo tre volte maggiore rispetto a quello disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 53, n. 2, per cui il concessionario deve richiedere la cancellazione entro dieci giorni dall’evento estintivo del procedimento.

4.1. Il motivo è inammissibile, poichè, per giurisprudenza di legittimità costante, i giudizi discendenti dall’art. 1227 c.c., integrano giudizi di fatto e, come tali sono sottratti al sindacato di questa Corte (in relazione al giudizio ex art. 1227 c.c., comma 1, si v. Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 842 del 17/1/2020; Cass. 3, Sentenza n. 24204 del 13/11/2014; in relazione alla diversa fattispecie prevista dall’art. 1227 c.c., comma 2, si v. Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 3319 dell’11/2/2020).

4.2. Peraltro, in tesi del ricorrente, in luogo dell’art. 1227 c.c., la Corte d’Appello avrebbe dovuto fare applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 53. Tuttavia, nella fattispecie concreta – afferente alla mancata cancellazione di una iscrizione ipotecaria – il richiamo a detta normativa specifica risulta del tutto inconferente, inerendo alla diversa disciplina della cancellazione della trascrizione del pignoramento nel corso di un procedimento di esecuzione esattoriale.

5. Con il quarto motivo si prospetta la nullità della sentenza per avere la Corte territoriale applicato del D.L. n. 7 del 2007, art. 13, comma 8-septies, che prevede un termine di 30 giorni entro il quale l’Ente impositore deve comunicare al debitore l’adempimento della comunicazione dell’estinzione del debito. Il ricorrente assume che le norme previste dal D.L. n. 7 del 2007 non possono trovare applicazione nella fattispecie concreta, poichè disciplinanti i rapporti tra i cittadini e gli istituti bancari e non quelli tra i cittadini e gli enti di riscossione. Difatti, nel caso di specie trattasi di ipoteca esattoriale che avrebbe dovuto condurre il giudice ad applicare del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 47,53 e 61 e, dunque, il termine di dieci giorni ex art. 53, entro i quali procedere alla cancellazione.

6. Con il quinto motivo si censura la nullità della sentenza per errata valutazione del danno alla luce del disposto dell’art. 1223 c.c., ed in considerazione della previsione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 53, per avere la Corte territoriale affermato che il ritardo della cancellazione dell’ipoteca è da considerare di soli dieci giorni anzichè di trenta giorni. Il ricorrente adduce che ciò avrebbe condotto il giudice di secondo grado, da un lato a non manlevare il ricorrente dagli esiti pregiudizievoli a lui derivanti dalla sentenza n. 9117/2014 e, dall’altro, a quantificare in modo incongruo il danno ulteriore relativo alla mancata conclusione dell’affare, al buon nome ed all’immagine, nonchè il danno discendente dal mancato reimpiego delle somme.

6.1. Il quarto e il quinto motivo del ricorso principale sono assorbiti dall’accoglimento del ricorso incidentale, trattandosi di doglianze afferenti all’erroneità del parametro di valutazione adottato dalla Corte territoriale per la quantificazione del danno da ritardo nella cancellazione dell’ipoteca. Difatti, nel caso di specie, in accoglimento del ricorso incidentale, il giudice del rinvio dovrà preliminarmente valutare la sussistenza dell’an debeatur – sulla scorta delle allegazioni e delle prove fornite dalla parte attrice – quale imprescindibile presupposto logico-giuridico della eventuale determinazione e liquidazione del quantum. Inoltre, con riguardo alla fattispecie in esame, riguardo all’an debeatur e al quantum debeatur certamente non risulta applicabile la disciplina speciale dettata per la cancellazione del pignoramento nel corso di un procedimento esecutivo, come non risulta applicabile quella relativa al decreto Bersani bis sopra citato, per quanto sopra detto in relazione al ricorso incidentale.

7. Con il sesto ed ultimo motivo si denuncia la nullità della sentenza per mancata lettura orientata dell’art. 295 c.p.c., alla luce dell’art. 111 Cost.. Il ricorrente assume che quand’anche questa Corte abbia evidenziato come l’art. 295 c.p.c., debba leggersi in senso restrittivo, visto il prevalente interesse alla sollecita definizione dei giudizi ex art. 111 Cost., sarebbe comunque possibile per il giudice della causa pregiudicata fare ricorso alla previsione dell’art. 34 c.p.c., che gli attribuisce il potere di conoscere in via incidentale le questioni pregiudiziali, consentendogli di decidere sulla controversia dipendente senza dover ricorrere alla sospensione necessaria del processo, oppure, come nel caso di specie, ove il giudizio pregiudicato penda in grado di appello e la causa pregiudicante sia stata medio tempore decisa in primo grado, alla luce della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, il giudice dell’appello dovrà adeguare la sua sentenza alla decisione presa nel giudizio pregiudicante. Pertanto, la Corte d’Appello sarebbe incorsa nella violazione delle norme de quibus per non aver tenuto conto degli esiti della sentenza n. 9117/2014 resa dal Tribunale di Napoli nel processo pregiudicante e versata in atti nel giudizio di appello.

7.1. Il sesto motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), in assenza di qualsiasi utile riferimento ai contenuti della sentenza n. 9117/2014 e dei fatti sostanziali e processuali alla base dello stesso procedimento R.G. n. 21050/2010, come sopra già rilevato in merito all’inammissibilità del secondo motivo di ricorso, in specie, nella parte in cui si è rilevato il difetto di prova in ordine alla persistenza della pendenza del preteso processo pregiudicante, sulla scorta del seguente principio di diritto “La sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicchè, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perchè nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso. (Nella specie, la S.C. – in ragione della mancanza di prova della pendenza della causa pregiudiziale – ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto inaccoglibile l’istanza di sospensione fino alla definizione di altro giudizio promosso innanzi al TAR)” (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26716 del 21/10/2019; Sez. 3, Sentenza n. 22878 del 10/11/2015; Sez. L, Sentenza n. 18026 del 19/10/2012).

7.2. In conclusione, il primo, il secondo, il terzo ed il sesto motivo del ricorso principale sono dichiarati inammissibili, con assorbimento del quarto e quinto motivo.

7.3. Per le ragioni esposte, in accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli affinchè, in diversa composizione, valuti la fondatezza della pretesa dell’attuale ricorrente principale sulla base delle domande, allegazioni e prove svolte dalla parte attrice secondo i principi sopra affermati in tema di valutazione dell’an debeatur e del quantum debeatur in rapporto agli obblighi cui è tenuto il creditore ipotecario ex art. 1200 c.c.. Raddoppio del c.u. solo per l’impugnante soccombente, cioè il principale.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale per quanto di ragione; dichiara inammissibile il primo, il secondo, il terzo e il sesto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri. Cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2020

 

 

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