Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2795 del 02/02/2017
Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 30/11/2016, dep.02/02/2017), n. 2795
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. BIANCHI Antonio – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14403-2013 proposto da:
C.C. (OMISSIS), B.V. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI PALMERI, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
ROMA CAPITALE, già COMUNE di ROMA c.f. (OMISSIS), in persona del
Sindaco pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA TEMPIO DI
GIOVE 21, presso L’AVVOCATURA CAPITOLINA, che lo rappresenta e
difende ope legis giusta procura all’avvocato FEDERICA GRAGLIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1999/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 16/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30/11/2016 dal Consigliere Dott. ORICCHIO ANTONIO;
udito l’Avvocato GIOVANNI PALMERI, difensore dei ricorrenti, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha depositato le conclusioni scritte
allegandole al verbale d’udienza (allegato A), qui di seguito
trascritte:
1. Inammissibilità o manifesta infondatezza del ricorso; condanna
aggravata di parte ricorrente alle spese; statuizione sul contributo
unificato;
2. in subordine, rimessione alle Sezioni Unite affinchè statuiscano
l’ambito di applicazione, anche a ratione temporis, dell’art. 385
c.p.c., comma 4 e art. 96, c.p.c., atteso che:
2.1. a fronte di talune sporadiche decisioni della Suprema Corte
(così Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3376 del 22/02/2016, Rv. 638887, che
ha motivatamente applicato l’art. 385 c.p.c., comma 4), le
argomentate domande di condanna aggravata alle spese proposte da
parecchi anni dalla Procura Generale sono state (implicitamente)
disattese dalla Suprema Corte, omettendo per altro qualunque
motivazione al riguardo (v. ex multis Cass. n. 23865/2015 e
3349/2016);
2.2. da accertamenti eseguiti dall’Ufficio statistico della
Cassazione emerge che, nel periodo 2006 – 2015, si registrano
soltanto sei condanne aggravate alle spese ex art. 385, comma 4, a
fronte delle migliaia dei ricorsi dichiarati inammissibili o
manifestamente infondati soprattutto dalla Sesta Sezione (deputata
per l’appunto al c.d. filtro);
2.3 in sede penale la condanna all’ammenda è adottata normalmente
nei casi previsti (art. 616 c.p.p. e Corte Costituzionale sent. n.
186/2000);
2.4. la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittima
la previsione del novellato art. 96 c.p.c. (sent. n. 152/2016)
sicchè a fortiori deve ritenersi immune da qualunque illegittimità
costituzionale anche il più rigoroso precetto dell’art. 385 c.p.c.,
comma 4;
2.5. la doverosa applicazione della condanna aggravata, potrebbe
indurre molti Avvocati a desistere da un ricorso frettolosamente
proposto (anche per evitare la duplicazione del contributo
unificato), così contribuendo efficacemente alla riduzione del
contenzioso pendente.
Fatto
CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza n. 1999/2012 la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame interposto da C.C. e B.V., nei confronti del Comune di Roma, avverso la sentenza n. 20176/2006 del Tribunale di quella Città.
Va precisato, in estrema sintesi, che con la sentenza del Tribunale di prima istanza era già stata respinta la domanda di declaratoria di acquisto per intervenuta usucapione di un terreno in quanto avente classificazione di demanio ferroviario e come tale allibrato in catasto, nonchè per essere poi lo stesso divenuto fascia di rispetto di una strada comunale e quindi pertinenza di demanio stradale.
Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorrono il C. e la B. con atto affidato ad un motivo e resistito con controricorso dalla P.A. intimata.
Le parti ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
1. – Con il motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 822 c.c., comma 2, artt. 1158 e 1159 c.c., anche in combinato disposto con la L. 20 marzo 1865, n. 2247, art. 22, all. F e del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 3, n. 21, nonchè infine dell’art. 2697, comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il motivo si sostiene, nella sostanza, che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere non usucapibile il terreno in esame perchè appartenente al demanio stradale del Comune di Roma, in ragione della sua destinazione a funzione viaria contenuta nel Prg di Roma ed il quanto costituente fascia di rispetto della prospiciente strada.
In particolare, ad avviso dei ricorrenti, l’area in questione non aveva carattere demaniale, trattandosi di una zona recintata e chiusa sulla quale insisteva da 50 anni una civile abitazione e che, quindi, non era parte integrante della funzione viaria della sede stradale.
Inoltre, la corte territoriale non aveva considerato che gravava sul Comune di Roma l’onere di provare l’effettiva destinazione viaria del bene oggetto di causa e che tale prova non era stata fornita.
Al fine – della corretta decisione della controversia in esame appare opportuno svolgere una chiarificatrice ricognizione complessiva degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte in tema di presunzione di demanialità e di aree comunicanti con pubblica strada (in ipotesi, comunale) o asserita come tale e, quindi, costituenti eventuali relative pertinenze.
Deve, quindi, in primo luogo richiamarsi il noto e condiviso principio che le S.U. di questa Corte ebbero già ad affermare e per cui “la presunzione di demanialità stabilita dalla L. n. 2248 del 1865, art. 22 all. F – la quale non si riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle aree che, per l’immediata accessibilità, appaiono integranti della funzione viaria della rete stradale, in guisa da costituire pertinenza della strada – ha carattere relativo e, come tale, è destinata a cadere di fronte all’esistenza di elementi probatori che, secondo il prudente ed incensurabile apprezzamento del giudice di merito, siano idonei a dimostrare il carattere privato degli spazi medesimi.”. (Cass. civ., SS.UU., Sent. 17 giugno 1996, n. 5522).
Conformemente e sulla scia di tale pronuncia delle S.U. questa – stessa Sezione ha avuto poi modi di riaffermare che “affinchè Un’area privata venga a far parte del demanio, non è sufficiente che essa sia destinata all’uso pubblico, ma è invece necessario che sia intervenuto un atto o un fatto che ne abbia trasferito il dominio alla P.A., e che essa sia destinata all’uso pubblico dalla stessa P.A., a meno che non possa operare, trattandosi di aree adiacenti a una strada pubblica, la presunzione di demanialità stabilita dalla L. n. 2248 del 1865, art. 22, all. F – la quale sancisce una presunzione “iuris tantum” di proprietà pubblica di quegli spazi adiacenti alle strade comunali che, per l’immediata accessibilità, appaiono parte integrante (pertinenza) della strada, salvo prova contraria idonea a dimostrare il carattere privato degli stessi spazi.” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 2 marzo 2007, n. 4975).
Infine, in ordine di tempo, è stato -di seguito- ancora chiarito che “a norma dell’art. 822 c.c., comma 2, e art. 824 c.c., fanno parte del c.d. demanio accidentale quei beni che, oltre ad appartenere allo Stato o alle Province o ai Comuni, presentino caratteristiche rispondenti a quelle indicate nel citato art. 822, comma 2, ne consegue che, in riferimento alle strade comunali, la presunzione di demanialità di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 22, all. F), non si riferisce ad ogni area contigua e/o comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle aree che per l’immediata accessibilità appaiono integranti della Funzione viaria della rete stradale, così da costituire una pertinenza della strada stessa.” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 18 aprile 2011, n. 8876).
Tutti i principi innanzi riportati, nel tempo enunciati e ribaditi – in modo sempre più incalzante- da questa Corte, sono stati sostanzialmente e disinvoltamente elusi dalla impugnata sentenza.
In particolare tale gravata decisione è errata laddove, al fine di stabilire la demanialità dell’area contigua ad una pretesa strada comunale sviluppatasi nel tempo su un. reliquato di demanio ferroviario risalente agli anni quaranta del secolo scorso, ha ritenuto sufficiente il solo riferimento al mero fatto che la medesima area era confinante con quella indicata come strada.
Si è dato, insomma (ed in violazione dei principi innanzi enunciati) rilievo unico e determinante ad un elemento spaziale come quello della confinazione, omettendo ogni pur dovuta valutazione all’altro e decisivo elemento quale quello della effettiva funzionalità.
Insomma si è incentrata erroneamente la decisione, in punto, su un solo dato semplicemente “spaziale” (l’essere a ridosso di una pretesa strada), eludendo ogni considerazione al dato – non certamente di caratura inferiore – della effettiva destinazione a necessaria area pertinenziale di pubblico demanio.
Siè, pertanto, del tutto svalutato, così ignorando il carattere juris tantum, nella fattispecie, della presunzione di proprietà pubblica, il pur rilevante dato di valutazione della effettiva destinazione funzionale dello spazio adiacente alla strada e della sua funzione integratrice della viabilità stradale.
Il tutto con le ovvie conseguenze in tema di natura demaniale accessoria o meno del detto bene e quindi del relativo applicabile regime di usucapione e della possibile usucapibilità o meno dello spazio adiacente a strada.
Per di più non risulta essere stata svolta, con l’impugnata sentenza, alcuna – pur dovuta – indagine o considerazione sulla reale situazione dei luoghi e quanto alla natura effettivamente pertinenziale o meno dell’area, sulla quale gli attori avevano; da tempo, realizzato una costruzione.
La ricostruzione fin qui eseguita in tema di corretto giudizio sulla demanialità delle aree pertinenziali stradali deve essere, poi, integrata da una ulteriore considerazione – anche alla luce della normativa del Codice della strada – in dipendenza di due ulteriori profili rilevanti nella concreta fattispecie in esame.
In relazione a quest’ultima, infatti, si è genericamente discusso in atti – v. sentenza impugnata p. 6 – di una “rete di strade” fra cui quella rispetto alla quale la particella avrebbe funzione pertinenziale per il solo fatto di esserne confinante.
Ed, inoltre, nel valutare la pretesa demanialità della “zona limitrofa alla strada” vi è stata una limitativa mera presa d’atto delle risultanze catastali e di P.R.G..
Per entrambi i profili, innanzi doverosamente accennati per completezza di esame della fattispecie, occorre chiarire e precisare. quanto segue.
L’accertamento della effettiva demanialità sotto il profilo della concreta destinazione funzionale ad area integratrice della viabilità stradale non può basarsi solo sulla previsione di cui alle risultanze catastali (superabili e, a volte, superate nel tempo come per l’ipotesi di vetuste aree demaniali o tratti dismessi di vie minori) o alla mera previsione di destinazione urbanistica riproduttiva di sole risultanze cartografiche, elementi tutti non vincolanti in assoluto.
Inoltre la stessa destinazione della strada, rispetto cui si asserisce la pertinenzialità di una area, deve essere effettiva e rispondere a precisi requisiti di legge, soltanto in dipendenza dei quali si è in presenza effettivamente di una strada comunale e, quindi, del relativo spazio confinante eventualmente classificabile come area pertinenziale una volta acclarata la sua funzione integratrice rispetto al sistema viario.
Infatti, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 13, commi 4 e 5, nuovo C.d.S. “il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti…… emana norme per la classificazione delle strade esistenti in base alle caratteristiche costruttive” ed i Comuni quali “enti proprietari delle strade devono, classificare la loro rete entro un anno dalla emanazione delle norme” avvenute – per inciso – con il D.M. 5 novembre 2001, n. 6792. Il tutto con obbligo di “istituire e tenere aggiornati la cartografia, il catasto delle strade le loro pertinenze” (comma 6 art. cit), con riferimento alle connesse esigenze della circolazione stradale.
Quanto qui per ultimo affermato fornisce ulteriori dovuti elementi chiarificatori a sostegno dei principi innanzi già richiamati.
In conclusione, alla stregua di tutto quanto innanzi affermato con il compiuto excursus della giurisprudenza (e della legislazione) in tema di individuazione di aree contigue pertinenziali (e di strade comunali) e – quindi – all’esatta e concreta configurabilità di una demanialità la L. n. 2248 del 1865, ex art. 22, all. F, il motivo, per le molteplici ragioni esposte, è fondato.
2.- Il ricorso va conseguentemente accolto con cassazione della impugnata sentenza e rimessione degli atti ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, che provvederà anche per le spese della presente fase a decidere la controversia uniformandosi ai principi innanzi enunciati.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017