Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27949 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29659/2018 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in Pordenone, via Del Maglio

n. 6/B, presso lo studio dell’avvocato Paola Chiandotto, che lo

rappresenta e lo difende, giusta procura in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per Il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Gorizia, Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 311/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 29/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2019 dal Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Trieste, R.S. chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza del 15 marzo 2017, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 311/2018, depositata il 29 giugno 2018. La Corte territoriale escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibile la narrazione dei fatti operata dal richiedente, non risultando nel Pakistan una situazione di violenza indiscriminata, e non essendo state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso R.S. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a tre motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, R.S. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2-12, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. L’istante lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto non credibile la narrazione dei fatti che avrebbero determinato l’immigrato a lasciare il Paese di origine, consistiti nel timore di subire persecuzioni e vessazioni in conseguenza di una relazione omosessuale intrattenuta per un paio di mesi in Pakistan, non tollerata dai familiari (il padre sarebbe morto di infarto per i dispiacere) nè dal contesto sociale pakistano.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.2.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione. Il vizio di violazione di legge consiste, invece, nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, e come tale è inammissibile in subiecta materia (Cass. 3340/2019).

In mancanza di credibilità dell’istante, deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ampiamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro contraddittorietà ed inverosimiglianza, non essendo stato il medesimo – peraltro non dichiaratosi neppure omosessuale – in grado di precisare neanche il nome del ragazzo con il quale avrebbe avuto una relazione, ed essendo stato costretto, al fine di precisare la durata del rapporto, a consultare un foglietto sul quale aveva annotato le date, evidentemente allo scopo di precostituirsi una prova. La Corte ha rilevato, poi, quali ulteriori indici sintomatici dell’inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente, che il medesimo aveva perfino fornito, in diverse occasioni, generalità differenti, dichiarando, inoltre, una volta di essere sciita ed un’altra di essere sunnita, una volta di essere stato aggredito dai familiari, un’altra di essere riuscito a fuggire prima di essere aggredito. Per contro, le censure in esame si traducono sostanzialmente in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, inammissibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

1.3. Il mezzo va, di conseguenza, disatteso.

2. Con il secondo motivo di ricorso, R.S. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,14 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante censura l’impugnata sentenza, nella parte in cui ha disatteso la domanda di protezione internazionale del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), nonostante l’attuale sussistenza, su tutto il territorio pakistano, di una situazione di violenza generalizzata, derivante da conflitti armati interni.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Va osservato al riguardo che, per quanto concerne la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

2.2.2. Nel caso di specie, la Corte ha accertato – sulla base del rapporto EASO 2017 – che la zona di provenienza del ricorrente è una delle più sicure del Paese, essendo sotto il pieno controllo governativo. Il motivo si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

2.3. Per tali ragioni, la censura, poichè inammissibile, non può trovare accoglimento.

3. Con il terzo motivo di ricorso, R.S. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Lamenta l’istante che la Corte d’appello non abbia inteso concedere all’istante neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità, stante la perdita del padre e la non reperibilità della madre, ed i pregiudizi e gli ostacoli che dovrebbe affrontare in patria, anche sotto il profilo lavorativo, per avere avuto una relazione omosessuale.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. La Corte territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del mancato rilievo di una situazione socio-politica negativa nella zona di provenienza del ricorrente – a fronte della quale irrilevante si palesa l’inserimento lavorativo dell’istante nel Paese ospitante (Cass., 23/02/2018) – e della mancanza di legami familiari ed affettivi del medesimo in Italia. Quanto alla relazione omosessuale – come dianzi detto – l’immigrato è stato ritenuto non credibile sul punto. Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

3.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA