Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27948 del 23/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 27948 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 17714-2012 proposto da:
DALMINE S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
DELLE MILIZIE l, presso lo studio dell’avvocato
EDOARDO GHERA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCESCO JANNONI, giusta
2017

delega in atti;
– ricorrente –

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contro

AMADEO ROBERTO,

ROTA ALFIO,

MASNADA STEFANO,

INVERNICI GIOVANNI, GARCIA HERBAS ESTABAN MARIANO,

Data pubblicazione: 23/11/2017

DIABY DJAKARIDJA,

DAMINELLI

CORTONOVIS

PIERINO,

LUIGI, CAPITANIO TARCISIO, RIGAMONTI FILIPPO, PESENTI
NICOLETTA, PADUANO VINCENZO, MORA ALESSIO, MODESTI
VALENTINO, AZZOLA FRANCO, VAVASSORI ROBERTO, ROSINI
ANDREA, MARTINELLI ADELE, GAMBA DEVIS, TRENTINI

PAGANI ENZO, ZANCHI DANIELE, RINALDI GENNARO, ERBA
ALESSANDRO LUIGI, SERVENTI RENATO GONZALO, LEGRENZI
MARIO, CIVELLO CALOGERO, BENEDETTI ANGELO, ROTA
ELISEO, MORLACCHI GIAMPIETRO, COLLEONI ALESSANDRO,
COLCIAGHI MAURO, CAVALLERI GIOVANNI, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA UGO OJETTI 16, presso lo
studio dell’avvocato GIUSEPPE MACCARRONE, che li
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
LOREDANA BASCHENIS, VALENTINA MATTIOZZI, giusta
delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

ANTONIOLI FABIO, BENIGNI GIANCARLO, RAPPA PIETRO,
BENEDETTI ULISSE, RACK GIUSEPPE, AMATO VINCENZO,
PARIS GIUSEPPE, RADAELLI GIOVANNI, ANDRETTA CIRO,
CARMINATI DANILO, RACHID ANASS;

intimati

avverso la sentenza n. 119/2012 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 15/03/2012 R.G.N. 420/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

STEFANO, SORTE IVAN GIUSEPPE, PAGNONCELLI ANGELO,

udienza del 11/07/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

GHERA EDOARDO.

udito l’Avvocato GHERA FRANCESCO per delega Avvocato

RG 17714/12

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Dalmine p.a. proponeva appello avverso sei sentenze, di
identico contenuto, pronunciate dal Tribunale di Bergamo con le quali
era stata condannata al pagamento, in favore dei lavoratori odierni
controricorrenti, delle somme (comprese tra 66,67 e 159,41 C.)
corrispondenti alla retribuzione giornaliera per le festività dell’8

l’emolumento fosse dovuto ex art. 7, comma 2, del c.c.n.l. industria
metalmeccanica, a prescindere dalla legittimità del rifiuto dei lavoratori
di prestare, come loro richiesto, attività lavorativa in dette giornate.
Resistevano i lavoratori.
Con sentenza depositata il 15.3.12, la Corte d’appello di Brescia
respingeva il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Dalmine s.p.a.,
affidato a due motivi, poi illustrati con memoria.
Resistono i lavoratori con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente
sentenza.
1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e\o falsa
applicazione degli artt. 2 e 5 L. n. 260\49; 2 e 3 L. n.90\54; 1362,
1363, 1368 e 1371 c.c., con riferimento agli artt. 5, parte speciale,
sez.III, 8, comma 14, parte speciale, del c.c.nl. 7.5.03 per l’industria
metalmeccanica privata.
Lamenta che al lavoratore è riconosciuto il diritto soggettivo di
astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali
celebrative di ricorrenze civili o religiose, e tuttavia, allorquando la
contrattazione collettiva applicabile preveda, come eccezione alla
regola legale, che l’attività lavorativa possa essere svolta anche nei
giorni festivi, subordinando la fruizione della festività alle esigenze
aziendali, la sussistenza di tali esigenze costituisce l’unico presupposto
per l’applicazione del regime di eccezione (contrattuale) in luogo della
regola (legale), sicché il datore di lavoro, che invochi l’applicazione
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dicembre e\o del 6 gennaio, avendo il primo giudice ritenuto che

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della norma contrattuale, deve solo provare la sussistenza del
presupposto di fatto, e cioè delle esigenze aziendali.
Si doleva pertanto che la sentenza impugnata aveva configurato il
trattamento economico della festività come un diritto soggettivo
incondizionato, inderogabile anche ad opera della contrattazione
collettiva.
Il motivo è infondato, come già ritenuto da questa Corte in identica

Qui basti evidenziare che gli artt. 5 e 8 citati prevedono la possibilità di
lavorare anche durante le festività, ma non un obbligo. Soprattutto
l’art.8, co.14, secondo cui “nessun lavoratore può rifiutarsi, salvo
giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e
festivo” non può incidere, stante la genericità della dizione ‘festivo’
sulla disciplina, sovraordinata, di cui all’art.5, co.3, L. n. 260\49. Né la
norma può ritenersi comunque derogabile se non dall’accordo
individuale col datore di lavoro o da accordi sindacali stipulati da oo.ss.
cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato (Cass. n.22482\16,
Cass. n.16634\05).
2.- Con il secondo motivo la società denuncia la violazione, omessa e
falsa applicazione degli artt. 2 e 5 della L. n. 260\49; degli artt. 2 e 3
della L. n.90\54, oltre che dell’art. 12 preleggi.
Lamenta che dal combinato disposto delle lett. a) e c) del’art. 2 L.
n.90\54 deriverebbe la non estensibilità del trattamento di festività per
il lavoratore assente ingiustificato o che sospenda il lavoro per sua
volontà.
Il motivo è infondato: la questione è che l’art. 2 prevede la spettanza
del trattamento di festività anche se la prestazione lavorativa non è
affatto resa in taluni casi di assenza in generale dal lavoro, ritenuti
degni di maggior tutela (malattia, gravidanza, etc.), mentre ritenere
assente ingiustificato il lavoratore che non presti attività lavorativa
durante le festività di legge non è consentito dalla norma.
Questa Corte ha anzi ritenuto che (Cass. n. 16592\15) il
provvedimento con cui il datore di lavoro impone al dipendente di
prestare l’attività lavorativa nelle festività infrasettimanali in violazione
della legge n. 260 del 1949 (nella specie, nelle giornate dell’8

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fattispecie (Cass. n.22482\16), alle cui argomentazioni si rinvia.

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dicembre, 25 aprile, 1° maggio e 6 gennaio, con la maggiorazione dei
compensi prevista per il lavoro straordinario), è nullo ed integra un
inadempimento parziale del contratto di lavoro, sicché l’inottemperanza
del lavoratore è giustificata in base al principio “inadimplenti non est
adimplendum” ex art. 1460 c.c. e sul rilievo che gli atti nulli non
producono effetti, dovendosi escludere che i provvedimenti aziendali
siano assistiti da una presunzione di legittimità che ne imponga

La società, pur prendendo atto del contrario orientamento di questa
Corte (Cass. n. 4039\80, n. 9176\97, n. 5712\86) deduce che la
rinunciabilità alla festività infrasettimanale comporterebbe la perdita
del diritto del lavoratore al relativo trattamento qualora sia rimasto
assente senza giustificato motivo o per causa dipendente dalla sua
volontà.
Anche tale critica non è fondata per le ragioni sopra evidenziate: l’art.
2 L. n. 90\54 estende il diritto al trattamento di festività anche ad
alcuni casi, di totale assenza dal lavoro, ritenuti meritevoli di
particolare tutela (malattia, gravidanza, etc.). Rovesciare tale norma
nel senso di ritenere che il trattamento non spetti in ipotesi in cui il
lavoratore semplicemente rifiuti di prestare, come suo diritto, la sua
opera durante le festività previste dalla legge non è operazione
consentita, né desumibile dalla norma.
D’altro canto questa Corte ha già osservato che, atteso che la legge n.
260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954, relativa alle
festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose,
riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in
occasione di tali festività, regolando compiutamente la materia, non è
consentita – ai sensi dell’art. 12 delle preleggi – l’applicazione analogica
delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il
suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro,
essendo rimessa la rinunciabilità al riposo nelle festività
infrasettimanali solo all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore (Cass.
n. 16634\05).
Deve infine considerarsi che le questioni inerenti le trattative con le
r.s.u. (di cui a pag. 29 ricorso) non risultano devolute al giudice del
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l’ottemperanza fino a contrario accertamento in giudizio.

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gravame, che nulla dice al riguardo, sicché sarebbe stato onere della
ricorrente dimostrare dove, come e quando la questione sarebbe stata
devoluta al giudice di appello, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, non consentendo alla Corte di
controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione (cfr. Cass.
n.7149\2015, Cass.n. 23675\2013).
3.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per
esborsi, €.8.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali
nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.

Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’Il luglio 2017

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da

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