Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27947 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29092/2018 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico n. 38

presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento,

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 560/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 26/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2019 dal Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Perugia, S.F. chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza del 15 febbraio 2018, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 560/2018, notificata il 30 luglio 2018. La Corte territoriale escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo a dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando del tutto generiche le dichiarazioni del richiedente circa le ragioni che lo avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, rilevando che in Mali non è in atto alcun conflitto armato tale da legittimare la concessione della protezione sussidiaria, e che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso S.F. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo, secondo e terzo, motivo di ricorso, S.F. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, nonchè l’omesso esame di fatti decisivi per la decisione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza effettuare i dovuti accertamenti di ufficio, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e sebbene dalle fonti internazionali risulti che la situazione socio-politica nel Mali sia tutt’altro che stabile e sicura.

1.2. Le censure sono inammissibili.

1.2.1. La proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae, invero, all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

1.2.2. Nel caso concreto, la Corte d’appello ha rilevato che l’istante ha allegato esclusivamente – peraltro con dichiarazioni del tutto generiche – di avere lasciato il proprio Paese per il timore di essere ucciso per un debito non pagato, del quale, tuttavia, non è stato in grado di precisare neppure l’entità, non prospettando in alcun modo, pertanto, nè la sussistenza di persecuzioni per motivi politici o religiosi, o l’appartenenza a determinati gruppi sociali, nè situazioni di violenza generalizzata, derivanti da un conflitto armato interno o internazionale. Il motivo di ricorso si limita, per contro, a generiche deduzioni circa la violazione del suddetto obbligo informativo, ed alla riproposizione di questioni di merito.

1.3. Le doglianze, poichè inammissibili, vanno, pertanto, disattese.

2. Con il quarto motivo di ricorso, S.F. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Si duole l’istante del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso concedere al medesimo neppure la misura del permesso di soggiorno per ragion umanitarie, nonostante “le gravissime condizioni socio-politico-economico sociali attualmente esistenti in Mali ed i rischi per l’incolumità del richiedente in caso di rimpatrio”.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. La Corte territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che il ricorrente ha allegato esclusivamente una vicenda privata, senza fare riferimento alcuno a “situazioni generali di guerriglia interna rispetto alle quali temere la violazione dei diritti fondamentali”. Per contro, il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia – non ha specificamente contestato tale statuizione, nè ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità (Cass., 23/02/20118, n. 4455).

3.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato. Essendo stata la parte ammessa al gratuito patrocinio non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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