Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27946 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29091/2018 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico n. 38

presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Firenze Sezione Perugia, Ministero dell’interno.

– intimato –

avverso la sentenza n. 558/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 26/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2019 dal Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Perugia, M.S. chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza del 22 agosto 2017, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 558/2018, notificata il 30 luglio 2018. La Corte territoriale escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando del tutto generiche le dichiarazioni del richiedente – e comunque inerenti a questioni meramente economiche – circa le ragioni che lo avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, e rilevando che non erano state allegate dall’istante specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso M.S. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a cinque motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, M.S. denuncia la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. Il ricorrente deduce che la sentenza impugnata sarebbe corredata da una motivazione solo apparente, in violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., non essendo desumibile dall’esame della decisione quali fossero le doglianze proposte dall’appellante nei confronti della decisione di primo grado, quale sia stato il percorso logico seguito dal giudicante, e per quali ragioni le diverse domande di protezione internazionale siano state disattese.

1.2. Il motivo è fondato.

1.2.1. La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere – per vero – interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (art. 111 Cost.), in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – che si converte in violazione anche dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dà luogo a nullità della sentenza – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass., 27/11/2014, n. 25216; Cass., 11/04/2017, n. 9253; Cass. Sez. U., 21/02/2017, n. 17619).

In particolare, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, poichè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; Cass., 23/05/2019, n. 13977).

1.2.2. Nel caso di specie, la decisione impugnata si è limitata, quanto alle ragioni in fatto della decisione, alla mera indicazione nominativa delle tre forme di protezione (status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), dando atto che il richiedente le aveva richieste tutte, ma senza precisare se la protezione sussidiaria era stata domandata in relazione a tutti e tre i profili previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), implicanti presupposti e temi di indagine diversi, e ad un’estrema sintesi della narrazione dei fatti (morte di un amico caduto da un balcone, intervento della polizia con il conseguente l’arresto di sei familiari dell’istante).

Quanto alle ragioni in diritto della decisione, la Corte territoriale ha ristretto la motivazione, relativa alle due forme principali di protezione (status di rifugiato e protezione sussidiaria), alla sola laconica ed incompleta affermazione secondo cui “l’appellante, oltre a non avere fornito alcun elemento idoneo a suffragare i fatti raccontati (la narrazione è generica e indefinita non essendovi indicazioni precise di luoghi, date e soggetti coinvolti)”, e qui si è arrestata, senza concludere il ragionamento, in tal modo iniziato, con una proposizione di senso compiuto che lo completi e lo definisca. Quindi, la Corte ha formulato la conclusione che “l’appellante sia un migrante economico, come peraltro dallo stesso ammesso”, senza ulteriori indicazioni. Per quanto attiene, poi, alla residuale forma di protezione costituita dal permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, il giudice di appello si è limitato all’apodittica affermazione dell’insussistenza di gravi motivi, atti a giustificare l’adozione della misura.

1.2.3. E’ di tutta evidenza, pertanto, che la motivazione della sentenza impugnata è soltanto apparente, non consentendo di desumere dal suo esame, non soltanto quali siano i motivi di gravame e le deduzioni difensive dell’appellante, ma neanche quale sia l’iter logico-giuridico che ha condotto la Corte d’appello alla decisione di rigetto del gravame, in relazione alle diverse forme di protezione internazionale, che la stessa Corte dà atto essere state richieste dallo straniero.

1.3. La censura va, pertanto, accolta.

2. Restano assorbiti gli altri motivi di ricorso, concernenti il merito della vicenda processuale.

3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia, con adeguata motivazione, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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