Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27943 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28472/2018 proposto da:

S.I., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Mario Marcuz del Foro di Bologna, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 937/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 04/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2019 dal Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Bologna, S.I. chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza del 26 agosto 2016, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 937/2018, depositata il 4 aprile 2018. La Corte territoriale escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che lo avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza del richiedente, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso S.I. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, S.I. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. L’istante lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinato a lasciare il Paese di origine, consistiti nell’aggressione da parte del fratellastro e di altri appartenenti alla setta dell'(OMISSIS), per ragioni di eredità e l’impossibilità di ottenere tutela dall’autorità di polizia, nonostante tutti gli sforzi per dettagliare la narrazione, del resto acclarata dagli organi di stampa e dalle più importanti organizzazioni che tutelano i diritti umani, dai quali emergerebbero le quotidiane violenze poste in essere dagli appartenenti alla setta suindicata.

1.2. I motivi sono inammissibili.

1.2.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione. Il vizio di violazione di legge consiste, invece, nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, e come tale è inammissibile in subiecta materia (Cass. 3340/2019).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ampiamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro contraddittorietà ed inverosimiglianza, ed anche alla luce delle informazioni acquisite tramite le COI, dalle quali è emerso che le sette esistenti in Nigeria non intervengono mai su questioni di tipo ereditario. Per contro, le censure in esame sono state inammissibilmente – per le ragioni suindicate – proposte esclusivamente sub specie del vizio di violazione di legge, dovendo considerarsi, invero, inammissibile in radice – poichè non conforme al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’ulteriore censura di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, che peraltro – si traduce, in concreto, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

1.3. I mezzi vanno, di conseguenza, disattesi.

2. Con il terzo motivo di ricorso, S.I. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante censura l’impugnata sentenza, nella parte in cui ha disatteso la domanda di protezione internazionale del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) nonostante l’imperversare su tutto il territorio nigeriano dei cosiddetti cuks, ossia confraternite dedite esclusivamente alla violenza ed alla sopraffazione.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. La proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae, invero, all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

2.2.2. Nel caso concreto, la Corte d’appello ha rilevato che i fatti allegati non attengono a situazioni di violenze indiscriminate, derivanti da un conflitto armato interno o internazionale, avendo accertato che si tratta di presunte minacce provenienti da una setta, per lo più dedita – come da informazioni assunte dalle COI – ad attività criminali comuni, ed anche ben individuate e limitate nel loro genere. In ogni caso, la Corte ha accertato – sulla base del rapporto EASO 2017 – che la zona di provenienza del ricorrente è una delle più sicure del Paese. A fronte di tali accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

2.3. Per tali ragioni, la censura, poichè inammissibile, non può trovare accoglimento.

3. Con il quarto motivo di ricorso, S.I. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Lamenta l’istante che la Corte d’appello non abbia inteso concedere al richiedente neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità, stante la perdita dei genitori dell’istante e le minacce di morte delle quali è stato destinatario.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. La Corte territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la giovane età del richiedente e lo stato di salute soddisfacente, lungi dal concretare una ragione di vulnerabilità, piuttosto la escludono. Del resto l’accertata non credibilità della narrazione dei fatti operata dall’istante, ed il mancato rilievo si una situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza correttamente hanno indotto la Corte di appello a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455). Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

3.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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