Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27941 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 115/2018 proposto da:

B.B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Fattori del Foro di

Udine, come da procura rilasciata con separato atto allegato al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 869/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 17/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2019 dal Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Trieste, B.B.A. chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza del 17 gennaio 2017, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 869/2017, depositata il 17 novembre 2017. La Corte territoriale escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento a B.B.A. dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibile la narrazione dei fatti operata dal richiedente, che, peraltro, non aveva neppure dimostrato la propria identità, non essendo state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, e non risultando comprovata neppure l’integrazione dell’istante nel tessuto sociale italiano.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso B.B.A. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. Il resistente ha replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, B.B.A. denuncia la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello non abbia tenuto in alcun conto la documentazione da lui allegata, per il fatto che non sarebbe stata comprovata la sua stessa identità personale, sicchè le prove documentali prodotte dal medesimo, pur essendo formalmente riferibili ad un certo B.B.A., non sarebbero con certezza attribuibili al richiedente, la cui identità sarebbe stata soltanto dichiarata, ma non dimostrata. Rileva, per contro, l’istante che la sua identità non sarebbe stata mai contestata dall’Amministrazione, talchè essa avrebbe dovuto essere considerata dalla Corte d’appello come un dato acquisito, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., ed avrebbe, pertanto, dovuto essere posta dal Collegio a fondamento della decisine emessa, unitamente alle prove allegate.

1.2. Il motivo è infondato.

1.2.1. La violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere, invero, dedotta come vizio di legittimità, non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (Cass., 28/02/2018, n. 4699; Cass., 11/10/2016, n. 20382).

Nel caso concreto è del tutto evidente che non si versa in nessuna delle due ipotesi suindicate, essendosi la Corte d’appello limitata a dedurre di non poter tenere conto della documentazione versata in atti, non essendo la stessa riferibile con certezza al richiedente, per non avere il medesimo prodotto in giudizio un qualsiasi documento che ne consentisse l’identificazione.

1.2.2. Quanto alla pretesa non contestazione dell’identità dello straniero, va osservato che, nell’individuare gli effetti della non contestazione, questa Corte ha da tempo distinto l’ipotesi in cui la stessa riguardi i fatti posti dall’attore a fondamento della domanda – ossia i fatti costitutivi della pretesa azionata, la cui contestazione deve avvenire in limine litis, ossia fin dall’atto di costituzione in giudizio del convenuto (art. 167 c.p.c.) – da quella in cui cada su circostanze dedotte al solo fine di dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi (Cass., 11/06/2014, n. 13217). Nel primo caso, la non contestazione, avendo ad oggetto un fatto costitutivo della pretesa azionata in giudizio, dà vita ad un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del processo, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti. Nella seconda ipotesi, invece, la non contestazione ha il valore di un semplice argomento di prova, liberamente valutabile (art. 116 c.p.c.), senza alcuna efficacia preclusiva e vincolante per il giudice di merito (Cass. Sez. U., 23/01/2002, n. 761; Cass., 05/03/2009, n. 5356; Cass., 09/03/2012, n. 3727; Cass., 17/06/2016, n. 12517; Cass., 19/10/2016, n. 21075; Cass.,) 10/05/2018, n. 11252).

1.2.3. Nel caso di specie, è del tutto evidente che la pretesa “non contestazione” non ha avuto in alcun modo oggetto i fatti costitutivi della domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero – che sono quelli previsti dalla legge, in relazione alle diverse forme di protezione – ma unicamente un fatto, ossia l’identità dello straniero, dalla cui mancata dimostrazione la Corte territoriale ha desunto la non riferibilità dei documenti prodotti in giudizio al richiedente. La dedotta efficacia preclusiva e vincolante della non contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., non può, pertanto, trovare applicazione.

1.3. Per tali ragioni, il motivo va, pertanto, rigettato.

2. Con il terzo motivo di ricorso, B.B.A. denuncia la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa dell’appellante, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.1. Rileva l’istante che, nel corso dell’intero procedimento, nè l’Amministrazione nè il giudice di primo grado avevano posto in dubbio la sua identità personale, e neppure la Corte d’appello aveva manifestato dubbi in proposito nel corso del giudizio di secondo grado, avendo invitato “il difensore a precisare le conclusioni subito dopo l’acquisizione dell’informativa ministeriale”. Soltanto nella sentenza impugnata la Corte ha, inopinatamente, affermato – circostanza, questa, non contestata dalla difesa erariale – che l’appellante avrebbe dovuto “farsi rilasciare dal suo consolato un documento di riconoscimento”, in tal modo operando un rilievo officioso, senza instaurare un contraddittorio sul punto, con evidente lesione del diritto di difesa dell’istante.

2.2. Il motivo è fondato.

2.2.1. Va osservato che la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa – a presidio del quale è posta la previsione del novellato art. 101 c.p.c., comma 2 il cui fine è quello di evitare la cd. “terza via” (non si verifica) nel solo caso in cui il giudice rilevi d’ufficio una questione di puro diritto pregiudicante l’accoglimento della domanda, potendo in tal caso farsi valere esclusivamente l’eventuale error in iudicando o error in iudicando de iure procedendi, nel quale sia – in ipotesi – incorso il giudicante (Cass. Sez. U., 30/09/2009, n. 20935; Cass., 16/02/2016, n. 2984; Cass., 18/06/2018, n. 16049).

2.2.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha, per contro, operato un giudizio di mero fatto – non di diritto – avente ad oggetto la mancanza agli atti della prova dell’identità dello straniero, rilevando che il medesimo non era in possesso del documento di identità ritenuto necessario, ed ha indicato quale dovesse essere il documento da esibire, statuendo che il richiedente avrebbe dovuto “farsi rilasciare dal suo consolato un documento di riconoscimento”. Da tale mancata allegazione, la Corte ha tratto, peraltro, la conseguenza dell’inutilizzabilità della documentazione posta dall’istante a fondamento della domanda di protezione internazionale, senza che su tale questione di fatto fosse stato instaurato un contraddittorio con lo straniero appellante, con evidente vulnus del diritto di difesa del medesimo(art. 24 Cost.).

2.3. La doglianza va, di conseguenza, accolta.

3. Restano assorbiti il secondo e quarto motivo, aventi ad oggetto il merito della domanda di protezione internazionale, nelle forme della protezione sussidiaria e del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

4. L’accoglimento del terzo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo e quarto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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