Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27933 del 23/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 27933 Anno 2017
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 1622-2012 proposto da:
INTESA SANPAOLO S.P.A. C.F. 00799960158, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G. VITELLESCHI 26, presso lo
studio dell’avvocato SALVATORE SPADARO, rappresentata e
difesa dall’avvocato FRANCESCO PAOLO RAGOZINI, giusta
2017

delega in zitti;
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2492
contro
TREMANTE NICOLA,

DEL VAGILIO GIULIO,

DEL VECCHIO

PASQUALE;
– Intimati –

Data pubblicazione: 23/11/2017

nonché contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo
studio dell’avvocato ANTONINO SGROI, che lo rappresenta

D’ALOISIO, giusta delega in calce al ricorso notificato;

resistente con mandato

Nonché da:
DEL VAGLIO GIULIO, DEL VECCHIO PASQUALE, elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo
studio dell’avvocato PAOLO BOER, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ALBERTO BOER, giusta
delega in atti;
-controrícorrente e ricorrente incidentale contro
INTESA SANPAOLO SPA C.F. 00799960158, TREMANTE NICOLA
C.F. TRMNCL46H14A064G;
intimati
nonché contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo
studio dell’avvocato ANTONINO SGROI, che lo rappresenta
e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, CARLA
D’ALOISIO, giusta delega in calce al controricorso
incidentale notificate;

e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, CARLA

- resistente con mandatoe sul RICORSO SUCCESSIVO, senza numero di R.G. proposto
da:
NICOLA TREMANTE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 96, presso lo studio dell’Avvocato LUCA DI

CASTIGLIONE, giusta delega in atti;
– ricorrente successivo
contro
INTESA SANPAOLO SPA C.E. 007999601581, INPS – ISTITUTO
NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE„ DEL VAGLIO GIULIO, DEL
VECCHIO PASQUALE;

intimati

avverso la sentenza n. 3874/2011 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 09/06/2011 R.G.N. 9673/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/06/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto di tutti i ricorsi;
udito l’Avvocato RAGOZINI FRANCESCO PAOLO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;
udito l’Avvocato BOER PAOLO;
udito l’Avvocato CASTIGLIONE FRANCESCO.

PAOLO, rappresentato e difeso dall’Avvocato FRANCESCO

Fatti di causa
Si controverte del diritto di tre legali, ex dipendenti della società bancaria
Sanpaolo Imi s.p.a (avvocati Del Vaglio Giulio, Tremante Nicola e Del Vecchio
Pasquale), a vedersi accreditati dall’Inps i contributi inerenti alle somme dai
medesimi percepite in sede di conciliazione con la datrice di lavoro all’esito di

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 9.6.2011,
nell’accogliere l’impugnazione dell’Inps avverso la decisione del giudice del
lavoro del Tribunale della stessa sede – che aveva sancito l’assoggettabilità di
tali somme all’imposizione contributiva – ha spiegato che le stesse non erano
da considerarsi collegate ad una funzione di corrispettivo e non sussisteva,
pertanto, il diritto dei predetti ex dipendenti a vedersi accreditati i rispettivi
contributi ai sensi dell’art. 6 del d.lgs n. 314/1997, modificativo delle
statuizioni di cui all’art. 12 della legge n. 153/1969.
Per la cassazione della sentenza ricorre Intesa Sanpaolo s.p.a. con quattro
motivi. Ricorre, altresì, Nicola Tremante con cinque motivi.

Resistono con controricorso ILDel Vecchio ed il Del Vaglio, i quali propongono,
a loro volta, ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Per l’Inps c’è solo delega ai propri difensori in calce al ricorso notificato.
Le parti, ad eccezione dell’Inps, depositano memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo del ricorso principale la società Intesa Sanpaolo s.p.a. (già
Sanpaolo Imi s.p.a.) si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 112
c.p.c. (ex art. 360 n. 4) per non avere la Corte di merito delibato sul
riconoscimento dell’interesse ad agire dell’istituto bancario. Secondo la
ricorrente l’interesse all’accertamento della assoggettabilità a contribuzione
delle somme versate dalla parte datoriale nasceva dal fatto che in caso di
ritenuta insussistenza dell’obbligazione contributiva sorgeva il diritto della
stessa alla restituzione dei contributi versati all’Inps, senza contare che gli ex
dipendenti avrebbero potuto chiederle il risarcimento dei danni, avendo i
medesimi formulato la più ampia riserva di ogni diritto a qualunque titolo
vantato nei confronti del Banco di Napoli (successivamente incorporato dalla

un pregresso contenzioso.

società Sanpaolo Imi s.p.a., a sua volta confluita per fusione nella Intesa
Sanpaolo s.p.a.).
2.

Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt.

1965 e 1372 c.c., dell’art. 47 del R.D.L. 4.10.1935 n. 1827, conv. in I.
6.4.1936 n. 1155, e dell’art. 2115 cod. civ., la società bancaria contesta

versata a ciascuno dei predetti dipendenti in sede transattiva non era
suscettibile di imposizione contributiva. Al contrario, secondo l’odierna
ricorrente principale, non era stata contestata l’esistenza del rapporto di
lavoro, in quanto la controversia conciliata tra il Banco di Napoli ed i legali ex
dipendenti di cui sopra aveva avuto ad oggetto la rivendicazione di differenze
retributive connesse ad un diverso livello retributivo reclamato dai lavoratori,
per cui il predetto importo era stato versato in via forfettaria ad ognuno di loro
al solo fine di evitare l’alea di una lite, con la conseguenza che la rinuncia dei
medesimi ad una parte della retribuzione non pregiudicava il diritto dell’ente di
previdenza ad esigere la contribuzione commisurata all’obbligazione
contrattuale, stante l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello
retributivo.
3. Col terzo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 240
e segg. c.p.c., nonché per insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per
il giudizio, la banca ricorrente assume che la Corte territoriale non ha
correttamente valutato il contenuto della transazione, nonché le motivazioni
poste a base dell’impegno da parte del Banco di Napoli a versare i contributi
sulla somma corrisposta a titolo transattivo delle pretese dei lavoratori (nella
misura di lire 500.000.000 ciascuno), quale corrispettivo delle rinunce alle
spettanze di lavoro inizialmente reclamate.
4. Col quarto motivo, formulato per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360
c. 5 c.p.c., la ricorrente società contesta la decisione della Corte di merito di
ritenere che le somme versate in sede transattiva fossero svincolate dal
pregresso rapporto di lavoro.
5. Nel passare all’esame del ricorso di Tremante Nicola si osserva che col
primo motivo il medesimo denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione al contenuto dell’atto di transazione

2

l’accoglimento della tesi dell’Inps secondo cui la somma di lire 500.000.000

intervenuto in data 18.12.2001 col Banco di Napoli s.p.a., dell’art. 12 L.
30.4.1969 n. 153, dell’art. 6 D.Lgs 2.9.1997 n. 314 e degli artt. 2727 e 2729
cod. civ., dolendosi del mancato riconoscimento, da parte della Corte di
merito, della assoggettabilità ad imposizione contributiva delle somme
percepite in virtù del predetto accordo conciliativo, ad onta del suo chiaro

transazione, avendo le stesse portato avanti un contenzioso giudiziario con
l’Inps proprio al fine di veder valorizzata la volontà espressa nell’atto
transattivo, volta all’accreditamento dei contributi relativi alle somme erogate
in quella sede.
6. Col secondo motivo il Tremante deduce l’omessa o insufficiente motivazione
circa la mancata applicazione al caso in esame, in via primaria, del criterio di
cui all’art. 1362 c.c., con relativo, conseguente ricorso ai criteri sussidiari di
ermeneutica contrattuale, nonché l’omessa motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla contemporanea
sottoscrizione, inter partes, di altro atto transattivo.
In pratica si imputa alla Corte territoriale di essersi discostata
dall’interpretazione letterale del contratto, che faceva chiaro riferimento al
versamento dei contributi che la parte datoriale si era impegnata ad eseguire,
e di aver ignorato la circostanza per la quale le parti avevano stipulato un altro
atto transattivo, che prevedeva il diritto del dipendente, a fronte di altre
rinunce, a percepire un incentivo economico per l’anticipata risoluzione del
rapporto.
7. Col terzo motivo, formulato per omessa o insufficiente motivazione circa la
mancata valutazione di documenti decisivi ai fini della soluzione della
controversia, il ricorrente contesta la decisione della Corte di merito nella
parte in cui la stessa ha rilevato l’insussistenza di elementi interni alla
transazione atti a far ritenere, anche in via presuntiva, l’esistenza effettiva di
crediti di lavoro assoggettabili ad obblighi contributivi. Al riguardo si fa
osservare che erano stati prodotti due documenti di parte (due lettere inviate
rispettivamente al Banco di Napoli ed al Capo del Servizio Personale) dai quali
sarebbe stato possibile evincere la sussistenza del credito retributivo oggetto
della successiva transazione.

tenore letterale e del comportamento delle parti contraenti successivo alla

8.

Col quarto motivo il ricorrente si lamenta della violazione e falsa

applicazione degli artt. 244 e segg. c.p.c., 420 e segg. c.p.c., 437 c.p.c. e
2697 cod. civ., nonché dell’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio, assumendo che immotivatamente la Corte d’appello ha
ritenuto insufficiente la documentazione prodotta ai fini della vantata pretesa,

delle mansioni superiori e la imponibilità contributiva della somma di lire 500
milioni riconosciuta a ciascun lavoratore con la predetta transazione.
9. Col quinto motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa
pronuncia in relazione alla domanda subordinata relativa alla richiesta di
accoglimento in misura ridotta della domanda formulata in primo grado e
reiterata in appello, volta alla dichiarazione di sottoposizione della somma di
lire 500 milioni, versata in sede di transazione, alla imposizione contributiva
nella misura ridotta da accertarsi in giudizio, in conformità al combinato
disposto degli artt. 46 e 48 TUIR e dell’art. 6 d.lgs. n. 314/1997, nei limiti
della prescrizione decennale.
10. Col primo motivo del ricorso incidentale i ricorrenti Del Vaglio e Del
Vecchio lamentano la violazione dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969, nel
testo risultante dalla legge n. 314 del 1997, contestando la decisione della
Corte di merito nella parte in cui ha affermato che potesse ritenersi soggetta a
contribuzione solo la retribuzione dovuta per legge o per contratto e non
anche quella di fatto corrisposta, in quanto in tal modo il collegio giudicante
avrebbe omesso di dare rilievo a tutto ciò che il lavoratore aveva ricevuto in
dipendenza di rapporto di lavoro.
11. Col secondo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione dei
principi che regolano la ripartizione dell’onere della prova (art. 2697 c.c.),
nonchè la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., facendosi
rilevare che il collegamento della corresponsione della predetta somma di
denaro col rapporto di lavoro faceva sorgere la presunzione della sua
assoggettabilità a contribuzione, stante la eccezionalità dei casi di esclusione
dall’imposizione contributiva, per cui l’onere di dimostrare l’insussistenza di
quest’ultima avrebbe dovuto gravare sulla parte che l’aveva eccepita.
12. Col terzo motivo del ricorso incidentale, formulato per violazione dell’art.

vale a dire la produzione documentale riflettente la prova dello svolgimento

420 c.p.c. e per insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito ha ignorato gli
elementi e le istanze istruttorie che avrebbero consentito di appurare
l’assoggettamento a contribuzione delle somme riconosciute in sede di accordo
transattivo.

violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla domanda subordinata relativa
alla richiesta di accoglimento in misura ridotta della domanda formulata in
primo grado e reiterata in appello, volta alla dichiarazione di sottoposizione
della somma di lire 500 milioni,versata in sede di transazione, alla imposizione
contributiva nella misura ridotta da accertarsi in giudizio, in conformità al
combinato disposto di cui agli artt. 46 e 48 TUIR e all’art. 6 d.lgs. n.
314/1997, nei limiti della prescrizione decennale.
14. Osserva la Corte che il primo motivo del ricorso principale della società
Intesa Sanpaolo s.p.a. è infondato.
Invero, la Corte d’appello di Napoli ha ben chiarito che per motivi di priorità
logica rispetto alle doglianze formulate dall’istituto di credito occorreva
procedere, anzitutto, alla disamina delle ragioni di gravame espresse dall’Inps,
attenendo queste ultime all’esistenza in radice del diritto all’accertamento della
sussistenza di un obbligo contributivo in relazione agli importi versati agli ex
dipendenti del Banco di Napoli. Pertanto, l’avvenuto accertamento, da parte
della Corte territoriale, della non assoggettabilità delle predette somme
all’imposizione contributiva ha logicamente comportato il superamento della
questione dedotta dalla società bancaria, vale a dire la verifica della
sussistenza del suo interesse a sentir dichiarare che su quelle somme
avrebbero dovuto essere versati i contributi. Non sussiste, perciò, a tal
riguardo il lamentato vizio di omessa pronunzia.
15.

I restanti motivi del ricorso principale vanno, invece, trattati

congiuntamente a quelli del ricorso del Tremante, del Del Vaglio e del Del
Vecchio per ragioni di connessione dovute al fatto che oggetto delle rispettive
censure è l’identico tema, seppur affrontato sotto diverse angolazioni, della
imponibilità o meno ai fini contributivi delle somme erogate a ciascuno dei tre
ex dipendenti in sede di transazione.

13. Oggetto del quarto motivo del ricorso incidentale è la denunzia di

16. Rileva la Corte che tali motivi sono infondati.
Va, infatti, premesso che questa Corte (Cass. sez. lav. n. 20146 del
23.9.2010) ha già avuto modo di affermare in caso analogo che “in tema di
obblighi previdenziali, qualora sia intervenuta una conciliazione giudiziale
relativa alla definizione delle pendenze riconducibili alla cessazione ed

stipulato tra le parti ha natura novativa in quanto costituisce l’unica ed
originaria fonte dei diritti e degli obblighi successivi alla risoluzione. Ne
consegue che le somme dovute al lavoratore, ancorché aventi natura
retributiva sono disancorate dal preesistente rapporto, con l’ulteriore
conseguenza che, nella vigenza dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969,
applicabile “ratione temporis”, tale importo non può essere computato per la
determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza
ed assistenza sociale.” (in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 13717 del
14.6.2006)
Si è, altresì, statuito (Cass. sez. lav. n. 17495 del 28.7.2009) che “le somme
corrisposte dal datore di lavoro al dipendente in esecuzione di un contratto di
transazione non sono, ai sensi e per gli effetti dell’art. 12 della legge n. 153
del 1969 – nel testo anteriore alla sostituzione operata dall’art. 6 del d.lgs. n.
314 del 1997 – dovute in dipendenza del contratto, appunto, di lavoro, ma del
contratto di transazione. Ne consegue che, rimanendo l’obbligazione
contributiva insensibile agli effetti della transazione, l’INPS può azionare il
credito contributivo provando – con qualsiasi mezzo ed anche in via
presuntiva, dallo stesso contratto di transazione e dal contesto dei fatti in cui è
inserito – quali siano le somme assoggettabili a contribuzione spettanti al
lavoratore. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito sul
presupposto che il giudice avesse erroneamente ritenuto che le somme
erogate in esecuzione di un contratto di transazione fossero comunque
soggette a contribuzione ed avesse, perciò, omesso di verificare eventuali
rinunce da parte dei dipendenti a crediti realmente sussistenti).”
In sostanza, anche in presenza di una transazione intervenuta a seguito di lite
giudiziaria l’indagine del giudice sulla natura retributiva o meno di determinate
somme erogate al lavoratore non trova alcun limite nel titolo formale di tali

estinzione del rapporto di lavoro subordinato sottostante, il negozio transattivo

erogazioni, anche perché le stesse potrebbero trovarsi in nesso non di
dipendenza ma di occasionalità con il rapporto di lavoro e quindi non
assoggettabili a contribuzione.
17. In effetti, la estraneità della transazione intervenuta tra datore di lavoro e
lavoratore nei riguardi del rapporto contributivo discende dal principio che, alla

dovuta per legge o per contratto individuale o collettivo e non quella di fatto
corrisposta, in quanto, come correttamente evidenziato anche nell’impugnata
sentenza, l’espressione usata dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, per indicare la
retribuzione imponibile (“tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di
lavoro…”) va intesa nel senso di “tutto ciò che ha diritto di ricevere”, ove si
consideri che il rapporto assicurativo e l’obbligo contributivo ad esso connesso
sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e
distinti, nel senso che l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso l’istituto
previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi
nei confronti del prestatore d’opera siano stati in tutto o in parte soddisfatti,
ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti (cfr. tra le
numerose decisioni, Cass. 15 maggio 1993, n. 5547; 13 aprile 1999, n. 3630).
Dal complesso di questi principi discende che le somme pagate a titolo di
transazione “dipendono” da questo contratto e non dal (diverso) contratto di
lavoro, posto che la funzione del contratto di transazione, ai sensi dell’art.
1965 c.c., è, in ogni caso, di precludere alle parti stipulanti l’accertamento
giudiziale del rapporto o delle sue regole, cosicché la sua esecuzione non è
esecuzione delle obbligazioni derivanti dal rapporto oggetto della controversia
(v. in tal senso C. sez. lav. n. 17495/2009 sopra citata).
18. Tra l’altro, il decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, in vigore
dall’1.1.1998, all’art. 6 (Determinazione del reddito da lavoro dipendente ai
fini contributivi), nel novellare il citato art. 12 della legge n. 153/1969,
prevede al punto 4 l’esclusione dalla base imponibile di numerosi emolumenti,
tra i quali, ad esempio, le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine
rapporto, quelle corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di
lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, quelle la cui erogazione trae
origine dalla predetta cessazione, i proventi e le indennita’ conseguite, anche

7
/5, 1\

base del calcolo dei contributi previdenziali, deve essere posta la retribuzione

in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni, i proventi derivanti da
polizze assicurative, i compensi erogati per conto di terzi non aventi attinenza
con la prestazione lavorativa, le erogazioni previste dai contratti collettivi
aziendali, ovvero di secondo livello, i contributi e le somme a carico del datore
di lavoro, versate o accantonate, sotto qualsiasi forma, a finanziamento delle

Alla luce di tale nuova disposizione risulta, quindi, rafforzata la necessità di
dover provare e distinguere all’interno di un accordo transattivo quelle che
sono le poste di sicura natura retributiva e di collegamento intrinseco al
sottostante rapporto di lavoro al fine del loro assoggettamento ad imposizione
contributiva.
19. Orbene, la Corte d’appello di Napoli si è attenuta a tali principi e con
motivazione adeguata ed esente da rilevi di ordine logico-giuridico ha
spiegato, all’esito di un accertamento di fatto congruamente svolto, che nella
fattispecie erano molti gli elementi che inducevano a ritenere che le somme
erogate in esecuzione dell’intervenuta transazione erano svincolate dal
pregresso rapporto di lavoro stipulato tra le parti, desumibili dalle seguenti
circostanze: a) tutti i lavoratori avevano formulato in via stragiudiziale nel
corso degli anni ed in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro
analoghe rivendicazioni concernenti il riconoscimento ai fini pensionistici del
biennio per l’abilitazione professionale e dell’anno di pratica previsti per i
dipendenti delle categorie tecniche e segnatamente della categoria dei legali
dal Regolamento all’epoca vigente; b) il riconoscimento per ciascuno di essi
del diritto all’inquadramento nel grado 3° di avvocato capo; c) il
riconoscimento dall’anno 1996 degli incentivi di merito per anzianità aboliti con
l’accordo sindacale del 22.7.1996; d) il riconoscimento dei diritti al
risarcimento dei danni alla professionalità ed alla immagine per essere stati
pretermessi nella designazione del futuro capo del servizio legale; e) la
rinuncia ad una serie indefinita di emolumenti indicati a titolo esemplificativo
e non esaustivo; f) identità della somma erogata a ciascuno di loro (lire 500
milioni) a fronte di analoghe rinunce formulate da personale avente diverse
vicende professionali; g) corresponsione una tantum del cospicuo importo di
lire 500.000.000 in relazione al solo anno 2000 e, quindi, non con riferimento

forme pensionistiche complementari.

ai presunti diritti azionati a far tempo dagli anni ’80, come indicato nella
premessa degli atti; h) le parti avevano definito esplicitamente l’accordo
concluso come novativo.
Da tutto ciò la Corte di merito ha tratto la logica conseguenza della
insussistenza dell’obbligo contributivo in relazione alle somme versate ai legali

20. Pertanto il ricorso principale di Intesa Sanpaolo s.p.a., il ricorso di
Tremante Nicola e quello incidentale di Del Vecchio Pasquale e di Del Vaglio
Giulio vanno rigettati.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dei predetti ricorrenti
e, liquidate come da dispositivo in favore dell’Inps, vanno poste a carico di
ognuno dei ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi della società Intesa San Paolo s.p.a. e di Tremante
Nicola, nonché il ricorso incidentale; condanna ognuna delle parti costituite al
pagamento in favore dell’Inps delle spese del presente giudizio nella misura di
€ 5200,00, di cui € 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al
15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2017
Il Consigliere estensore
Dr. Umberto Berrino

Il Presidente
Dr. Giovanni Mammone
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CORTE SUPREMA DI cASEAZOtid
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Del Vaglio, Del Vecchio e Tremante in sede di transazione.

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