Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27931 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. I, 30/10/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 30/10/2019), n.27931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17708/2018 proposto da:

F.V., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Luigi Migliaccio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1709/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal cons. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

F.V., nato in Costa d’Avorio, con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 impugnava dinanzi il Tribunale di Brescia, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il richiedente proponeva gravame, insistendo per il riconoscimento della protezione in tutte le sue forme, dinanzi alla Corte di appello di Brescia, che lo respingeva.

Egli aveva riferito di essere mussulmano di etnia djoula e di avere collaborato, unitamente al padre, alla campagna elettore svoltasi nel 2011 a favore del candidato G.; che nel corso della campagna elettorale, caratterizzata da molti scontri, il proprio padre veniva ucciso dai sostenitori del candidato O.; che, dopo l’arresto di G. avvenuto nell’aprile del 2011, aveva lasciato il Paese.

La Corte, nel respingere l’appello, pur rivedendo la valutazione circa la credibilità del narrato in termini favorevoli al richiedente – con conclusioni sul punto difformi da quelle raggiunte dal Tribunale – ha tuttavia escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, ed ha ritenuto dirimenti, le informazioni acquisite dalle fonti internazionali consultate (Rapporto Internazionale Amnesty International 2016/2017, World Report 2017 Human Rights Watch) in merito alla Costa d’Avorio, dalle quali ha desunto che la situazione politico sociale, dopo i gravi disordini del 2011, si era normalizzata e gli scontri ed i conflitti di un tempo erano oramai superati.

Ha, infine, escluso anche la ricorrenza di condizioni di particolare vulnerabilità idonee a giustificare il riconoscimento del permesso umanitario, in assenza di motivi individualizzanti tali da sostanziare le oggettive e gravi situazioni richieste dalla legge.

Il ricorso è articolato in cinque mezzi, corroborati da memoria depositata fuori termine; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso è articolato nei seguenti cinque motivi:

1) violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria: il ricorrente si duole che la Corte di appello, dando conto del miglioramento delle condizioni politico sociale del Paese di origine, abbia dato per scontato che il richiedente non avrebbe corso rischi una volta ivi rientrato, senza approfondire la reale situazione ivi riscontrabile;

2) nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato;

3) nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. b) nonostante fosse stato dedotto, nella prospettazione del richiedente, il rischio di subire un danno grave anche sotto forma di rischio di tortura di trattamenti disumani;

4) omesso esame dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria;

5) violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5, comma 6 e art. 32, comma 3, relativi ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Il ricorso, il cui esame non tiene conto della memoria depositata fuori termine, va dichiarato inammissibile.

3. Il primo motivo è inammissibile perchè il ricorrente non illustra, violando l’onere di specificità, che cosa avrebbe dedotto e non sarebbe stato oggetto di approfondimento istruttorio da parte del giudice del merito. Il motivo è astratto e generico, giacchè non indica nemmeno le fonti che, ove adeguatamente valorizzate, avrebbero potuto condurre ad una diversa conclusione.

4. I motivi secondo e terzo sono inammissibili perchè la pronuncia vi è stata, anche se sinteticamente formulata, e le ragioni ivi esposte non sono state adeguatamente censurate, mediante la puntuale deduzione dei fatti che avrebbero dovuto essere approfonditi, atteso che il ricorrente si limita a riprodurre norme e/o precedenti giurisprudenziali senza evidenziare il diretto collegamento con le statuizioni impugnate.

5. I motivi quarto e quinto, concernenti la protezione umanitaria sono ugualmente inammissibili. Premesso che la valutazione in concreto spetta al giudice di merito, va osservato che nessun elemento di vulnerabilità individuale è stato dedotto con puntualità (fol.20 del ricorso); non viene, inoltre, precisato quando sarebbe stato dedotto dinanzi al giudice di merito il percorso di integrazione in Italia, a cui la sentenza non fa cenno, nè in cosa sarebbe consistito, e ciò in disparte dal fatto che tale circostanza, anche ove provata, sarebbe stata insufficiente ad ottenere il riconoscimento della protezione richiesta (Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

6. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva della controparte.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater stante l’ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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