Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27930 del 23/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 27930 Anno 2017
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: CURCIO LAURA

SENTENZA
sul ricorso 5276-2012 proposto da:
RUSSOTTFINANCE S.P.A. C.F. 01603100833, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso lo studio
dell’avvocato GIORGIO VASI, rappresentata e difesa
dall’avvocato UMBERTO CAPOLUONGO, giusta delega in
2017

atti;
– ricorrente –

1295

contro
CANNULI GIUSEPPA;
– intimata –

Data pubblicazione: 23/11/2017

avverso la sentenza n. 553/2010 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 26/02/2011 R.G.N. 760/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/03/2017 dal Consigliere Dott. LAURA
CURCIO;

Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto del
ricorso;
udito l’Avvocato VASI GIORGIO per delega Avvocato
CAPOLUONGO UMBERTO.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Rg.n. 5276/2012

Svolgimento del processo
La corte d’appello di Venezia ha parzialmente confermato la sentenza del tribunale di
Venezia che aveva accolto il ricorso di Giuseppina Cannulli diretto ad ottenere la

mansioni adeguate al livello riconosciutole ed al risarcimento del danno, patrimoniale
e biologico, subito per effetto del demansionamento . La Corte ha respinto i motivi di
appello della società , sia con riferimento alla lamentata indeterminatezza della
domanda di primo grado della lavoratrice in relazione al periodo preso in
considerazione per l’accertamento del danno patrimoniale riconosciuto, sia con
riferimento alla sussistenza di tale dequalificazione, che ha ritenuto essere consistita
in un primo periodo nell’attribuzione di un ridotto impegno lavorativo presso l’ufficio
amministrativo, con affidamento di pochissime pratiche di solleciti, sia in un
demansionamento qualitativo, consistiti solo in un mero inserimento di dati al
computer ( nominativi ed indirizzi) verificatosi in un secondo tempo , dopo
l’attribuzione del superiore IV livello , riconosciuto secondo i giudici di merito per
“parare “la pretesa di mobbing. Ha escluso la Corte il danno non patrimoniale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso la società Russottfinance affidato a tre motivi.
E’ rimasta intimata Giuseppina Cannulli.

Motivi della decisione
Con un primo motivo di ricorso la società lamenta, ai sensi dell’art.360 c.1 n.5 c.p.c.,
un insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per
il giudizio, ossia l’asserito demansionamento.
Secondo la ricorrente la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che non
doveva essere effettuata alcuna comparazione con le mansioni svolte in precedenza
presso la sede di Messina , prima del trasferimento a Venezia , disposto a seguito
dell’ordine di reintegrazione della sentenza che aveva dichiarato l’illegittimità del suo
licenziamento. Tale comparazione secondo la società ricorrente avrebbe dovuto
1

condanna della società Russottfinance, odierna ricorrente, alla reimmissione nelle

effettuarsi per accertare l’equivalenza delle mansioni assegnate a Venezia con quelle
precedentemente svolte. Inoltre avrebbe errato la corte di merito omettendo di
valutare un elemento determinante, ossia l’imputabilità del demansionamento alla
società, non potendosi addebitare alla stessa l’ adibizione a poche attività, ove non si
dimostri una responsabilità in tale condotta. Secondo la ricorrente doveva escludersi
ogni responsabilità da inadempimento atteso che la Cannulli era stata trasferita in
ragione della reintegrazione, che aveva costretto la società al trasferirla e quindi ad

vi erano mansioni disponibili, in quanto tutto il lavoro era svolto dall’organico già
completo.
Con un secondo motivo la ricorrente lamenta sempre la violazione dell’art.360 c.1 n.5
c.p.c. , per omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo,
che individua nell’esistenza di un danno risarcibile in assenza di una specifica
allegazione, come statuito dalla sentenza a SSUU di questa Corte n. 6572/2006.
Con il terzo motivo di ricorso poi la ricorrente società lamenta la violazione degli art.
2013 e 1226 c.c., in relazione all’art.360 c.1.n.3 c.p.c. per avere la corte territoriale
effettuato un’errata quantificazione del danno risarcibile, in particolare con
riferimento al secondo periodo successivo al 31.10.2002 e fino al successivo
licenziamento, in cui la Cannulli era inquadrata nella qualifica superiore, quantificando
tale danno nella misura del 40% della retribuzione mensile lorda percepita.
Il primo motivo è infondato . Va premesso che l’obbligo di adibizione del lavoratore a
mansioni corrispondenti a quelle di assunzione o equivalenti a quelle precedentemente
svolte, sancito dall’art.2013 c.c., costituisce adempimento contrattuale del datore di
lavoro che sussiste anche in conseguenza di un trasferimento disposto in ragione di
una reintegrazione eseguita in base ad un ordine giudiziale a seguito di licenziamento
illegittimo , così che il fatto illecito del demansionamento anche in tali casi può essere
suscettibile di tutela risarcitoria, non potendo escludersi comunque in tal caso
l’inadempimento contrattuale derivante dall’obbligo di cui alla norma citata ( cfr
Cass.14637/2016 ). E’ ben vero che ai fini dell’applicabilità dell’art.2103 cod. civ. sul
divieto di dennansionamento, non ogni modificazione quantitativa delle mansioni
affidate al lavoratore è sufficiente ad integrarlo, dovendo invece farsi riferimento
all’incidenza della riduzione delle mansioni sul livello professionale raggiunto dal
2

una ricollocazione “obbligata” con inserimento in una sede di lavoro in cui di fatto non

dipendente, sulla sua collocazione nell’ambito aziendale ( cfr Cass. n..8389/2004.
Cass. 14496/2005) . Tuttavia nel caso in esame la Corte territoriale , riportando
alcune testimonianze raccolte in primo grado, ha motivato sull’avvenuta consistente
sottoutilizzazione della lavoratrice,che si limitava a inviare qualche lettera di sollecito,
sia nel periodo in cui era ancora inquadrata nel V livello, sia successivamente con il
riconoscimento del superiore IV livello , restando adibita addirittura soltanto a poca
attività di inserimento dati. La motivazione della Corte nel riconoscere

questa sede.
Egualmente infondati devono ritenersi il secondo ed il terzo motivo di ricorso che ,
essendo connessi, possono trattarsi congiuntamente. La Corte di merito ha motivato
anche in ordine al danno patrimoniale provocato dal demansionamento, rifacendosi in
particolare alla sostanziale inattività in cui di fatto la Cannulli era stata tenuta,
riportandosi a testimonianze che hanno confermato detta circostanza e rimarcando
come in realtà dopo il riconoscimento della qualifica superiore, le mansioni erano state
ancora meno qualificanti, ciò per un periodo durato ben due anni.
Questa corte ha statuito che in tema di dequalificazione professionale, il giudice del
merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente
motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno, di natura patrimoniale e il cui
onere di allegazione incombe sul lavoratore, determinandone anche l’entità in via
equitativa, con processo logico – giuridico attinente alla formazione della prova, anche
presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della
esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata
del demansionamento ( Cfr tra le tante Cass.n. 19778/2014 ). La sentenza pertanto
non risulta aver violato le norme di legge di cui alli art.1226 c.c. laddove ha
quantificato, peraltro equitativamente, in maniera superiore ( 40% anzichè 30% della
retribuzione lorda per ogni mese di dequalificazione) il danno professionale verificatosi
nel periodo successivo al riconoscimento del superiore IV livello.
Il ricorso deve quindi respingersi. Nessuna statuizione sulle spese segue, essendo
rimasta la Cannulli solo intimata.

3

l’inadempimento, essendo immune da vizi logico giuridici, non è dunque sindacabile in

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Roma, 29.3.2017

Vincenzo Di Cerbo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA